La Fed rispetta le aspettative più nere del mercato e alza i tassi d’interesse dello 0,75%. Da parecchi giorni gli investitori avevano percepito che la Banca Centrale americana avrebbe impresso una sterzata in senso estremamente aggressivo alla politica monetaria. Da quando, cioè, venerdì scorso il Bureau of Labour Statistics statunitense ha riportato un’inflazione shock dell’8,6%. Adesso il tasso di riferimento è dell’1,5% e questo è il terzo aumento consecutivo dell’anno, dopo la stretta di 0,25 punti percentuali di marzo e di 50 punti base di maggio. Si tratta anche della prima volta dal 1994 e della ventinovesima volta negli ultimi 50 anni che la Federal Reserve decide per un incremento di questa portata .
Durante la conferenza stampa alla fine del meeting dei due giorni, Jerome Powell ha riferito che il prossimo incontro vedrà probabilmente un altro rialzo di 75 basis point, precisando che non si aspettava che questo tipo di aumenti diventassero così comuni e che l’obiettivo è sempre quello di frenare l’inflazione senza impattare troppo sulla crescita. Dei membri del FOMC, solo il Presidente della Fed di Kansas City, Esther George, si è mostrato dissenziente alla decisione della Fed, mentre tutti gli altri hanno votato a favore senza indugio.
La reazione dei mercati americani è stata positiva, con l’indice S&P 500 che ha chiuso con un rialzo dell’1,46% e il NASDAQ del 2,5%. C’è da dire che il mercato aveva abbondantemente scontato un aumento del costo del denaro dello 0,75% e ieri ha effettuato il classico rimbalzo tecnico, aiutato anche dal fatto che la Fed abbia espresso il potenziale di contenere l’inflazione tenendo sotto controllo l’economia. Le Borse europee stamattina però sono colpite da vendite generalizzate e scendono in media di circa il 2%. Anche i future a Wall Street riportano la stessa perdita, segno tangibile del fatto che una politica molto aggressiva dell’istituto centrale non è affatto gradita ai mercati.
Fed: ecco tutte le proiezioni
L’inflazione dunque fa paura. La Fed ha segnalato come il Comitato sia molto attento ai rischi sui prezzi, osservando che la guerra Russia-Ucraina ha creato ulteriori pressioni rialziste e i blocchi prolungati dalla Cina per effetto del Covid-19 hanno aggravato la situazione sulla catena di approvvigionamento. Adesso le proiezioni da parte dei funzionari della Banca Centrale USA si basano su un’inflazione che nel 2022 dovrebbe scendere fino al 4,3%, per arrivare al 2,7% nel 2023.
Ciò come conseguenza di una serie di rialzi dei tassi che porteranno il costo del denaro al 3,4% entro quest’anno, per salire fino al 3,8% nel 2023 e scendere al 3,4% nel 2024. Tali previsioni sono nettamente più austere rispetto alla griglia tracciata dal dot-plot nel mese di marzo, quando il disegno era per un tasso sui fondi federali dell’1,9% per fine 2022 e del 2,8% nel 2023.
In questo contesto, le stime non molto esaltanti per quanto riguarda il livello di occupazione. Secondo la Fed, l’inasprimento della politica monetaria porterà il tasso di disoccupazione al 3,9% l’anno prossimo, in salita rispetto al 3,5% precedentemente previsto, e al 4,1% nel 2024. In questo momento il tasso risulta essere del 3,6%. Per quel che riguarda il PIL americano, l’istituto guidato da Jerome Powell prevede un rallentamento all’1,7% quest’anno, livello che verrà mantenuto anche l’anno prossimo. Mentre 3 mesi fa era stata stimata una crescita del 2% ogni anno, fino al 2024.
Fed: è davvero possibile l’atterraggio morbido?
La cosa interessante che è emersa dalla riunione del 14 e 15 giugno della Fed è l’affermazione di Powell secondo cui la traiettoria economica delineata nelle nuove proiezioni riflette un atterraggio morbido. Ma è davvero così? Per Tony Rodriguez, responsabile della strategia a reddito fisso di Nuveen, tale probabilità non è zero ma neanche alta. “E comunque sarà molto più difficile da raggiungere quest’anno”, osserva l’esperto.
Invece, Stephen Kane, co-chief investment officer del reddito fisso presso TCW, sostiene che le probabilità di un atterraggio morbido siano “dannatamente vicino allo zero” per il semplice fatto che l’ambiente economico che si sta vivendo è senza precedenti e la Fed darà priorità assoluta all’inflazione. Kane si aspetta un inasprimento eccessivo che causerà una recessione.
A giudizio di Tom Porcelli, capo economista di RBC Capital Markets, il problema di fondo è che le future letture dell’inflazione potrebbero essere anche peggiori, con un tasso che potrebbe accelerare oltre il 9%. A quel punto “a luglio ci sarà solo da aspettarsi una Fed ancora più aggressiva”.