Il 6 luglio del 2022 è stata una data importante che può segnare il corso della storia delle rete di TIM. Il Consiglio di Amministrazione della compagnia di telecomunicazioni italiana ha dato all’amministratore delegato Pietro Labriola il mandato per il superamento dell’integrazione verticale della rete e la riduzione del livello di indebitamento della società. Ne è nato un piano in cui si è dato atto a una separazione tra gli asset infrastrutturali di rete fissa dell’azienda e i servizi. Quindi da un lato troviamo NetCo, che comprende i cavi sottomarini gestiti da Sparkle, la rete primaria in mano interamente a TIM e quella secondaria fornita da FiberCop; dall’altro vi è ServiceCo, che include TIM Consumer, TIM Entrerprise e TIM Brasile. In questo articolo ci occupiamo di NetCo, da diverso tempo nelle cronache della carta stampata in merito a una possibile acquisizione da parte del fondo americano KKR e della società italiana di infrastrutture di rete all’ingrosso Open Fiber.
NetCo: cos’è e come funziona
Netco è un’unità che comprende la rete primaria, la rete secondaria e le attività wholesale domestiche e internazionali. La rete primaria è quella in rame e in fibra ottica che serve i cabinet, ovvero gli armadietti ai bordi delle strade nelle città, nonché i collegamenti ultra-broadband, cioè di accesso a internet con velocità superiori a 30 Mbps dei clienti finali. Essa viene gestita interamente da TIM. La rete secondaria è quella in rame che collega l’armadietto di strada alla casa del cliente ed è fornita da FiberCop consentendo l’accesso ai vari operatori. FiberCop è una società controllata da TIM per il 58%, con KKR che ha una quota del 37,5% e Fastweb che detiene una partecipazione del 4,5%.
Il mercato wholesale permette di accelerare ulteriormente il deployment della rete in fibra, prendendo vantaggio dagli investimenti e dai ritorni del mercato delle infrastrutture. L’attività è gestita da Sparkle, società specializzata nei cavi sottomarini, con una rete di 560 mila chilometri in fibra ottica estesa dal Mar Mediterraneo, all’Oceano Atlantico e Indiano. NetCo quindi rappresenta il primo caso in Europa di un polo di infrastrutture e tecnologie di rete in fibra per tutto il mercato e che manifesta una presenza su tutto il territorio nazionale.
La cessione della rete
L’obiettivo di TIM è quello di cedere le infrastrutture di rete, mettendo in vendita NetCo. I motivi sono essenzialmente due. Il primo è quello di dedicarsi ai servizi core di telefonia e internet base oltre a quelli più evoluti come il cloud e i data center. Il secondo è quello di abbattere un debito che alla fine del 2022 aveva raggiunto un livello di 20 miliardi di euro. Durante la presentazione del Piano Industriale del 15 febbraio 2023, il CEO Labriola aveva affermato che è necessario “cercare di ridurre l’indebitamento in maniera sostanziale” se si vuole “operare in modo eccellente”. Quindi, per riuscirsi “occorrono operazioni straordinarie”.
Da quando è stato elaborato il piano nel luglio dello scorso anno, l’opzione primaria era quella di un’acquisizione da parte Open Fiber (la cui rete è in fibra ottica e non in rame), con successiva fusione con FiberCop. In questo modo si garantiva il controllo della rete da parte dello Stato, dal momento che Open Fiber è partecipata per il 60% da Cassa Depositi e Prestiti (in mano al Ministero dell’Economia e delle Finanze con una quota dell’82,77%) e per il 40% dalla società d’investimento australiana Macquarie. Il piano B invece prevede l’ingresso di KKR per rilevare tutta la quota di TIM in Open Fiber.
Tra i due gruppi si è determinata una guerra di offerte che sono sul tavolo della compagnia guidata da Pietro Labriola, che dovrà decidere nelle prossime settimane. Sulla base degli ultimi aggiornamenti, la posta in gioco è la seguente. Open Fiber ha effettuato una proposta vincolante per l’acquisizione del 100% di Sparkle, da parte della sola CDP, con una valutazione di 700 milioni, più 200 milioni di earn out; l’acquisto della rete primaria per 9 miliardi e di Fibercop per 9,5 miliardi. L’offerta è migliorativa rispetto a quella di marzo, che arrivava a 18 miliardi di euro complessivi, ripartiti tra 10 miliardi cash e 8 miliardi di debiti. A questi andavano aggiunti 2 miliardi in caso di fusione tra Open Fiber e FiberCop. Il problema però riguarda l’Antitrust europeo, che potrebbe mettere limiti in considerazione dell’unione di due asset in concorrenza: Open Fiber e FiberCop. La deadline di TIM per decidere se accettare o meno la proposta è del 31 maggio.
KKR invece ha offerto 21 miliardi di euro, così suddivisi: 11 miliardi in azioni, 8 miliardi di debito e 2 miliardi di earn out. Anche il fondo newyorchese ha migliorato l’offerta rispetto a marzo, esattamente di 1 miliardo di euro. Tuttavia, la scadenza per la proposta vincolante sarà più breve rispetto a quella di Open Fiber, ossia a metà maggio. In tutto questo vi è ancora un ostacolo da considerare: il socio di maggioranza di TIM, Vivendi, che ha il 23,75% delle quote. La società francese ha da sempre valutato la rete 30 miliardi di euro e bisogna vedere se e quanto sarà disposta a scendere a compromessi.