Il TFR (trattamento di fine rapporto) è assoggettato alla disciplina della tassazione separata, così come gli arretrati di lavoro dipendente. Destinato a lavoratrici e lavoratori subordinati sia del settore privato che pubblico, sia part-time o full-time che a contratto determinato o indeterminato, questo elemento aggiuntivo e differito della retribuzione legato al momento della cessazione del rapporto di lavoro è disciplinato dall’articolo 2120 del Codice civile. Ma la sua tassazione, oltre che dal CC, è regolata dall’articolo 19 del TUIR (il Testo unico delle imposte sui redditi) ed è una delle questioni più delicate e difficili da chiarire in vista della ricezione dell’ultima busta paga.
TFR: a quanto ammonta la tassazione
La liquidazione, in linea con quanto stabilito dall’articolo 2120 del Codice civile, viene pagata al termine del rapporto lavorativo, ma è pure possibile richiederne l’anticipo in caso di necessità. Chi decide di riceverla quando smette di lavorare per l’azienda o per l’ente pubblico che l’ha assunto perché licenziato o dimissionario o perché ha maturato l’età per la pensione, può farla aggiungere all’ultima busta paga.
L’articolo 19 del TUIR stabilisce che il TFR è soggetto a tassazione separata: per calcolare quanto è tassato, bisogna conoscere l’importo della liquidazione, prendere in considerazione l’aliquota media durante gli anni del periodo di prestazione lavorativa e le scelte che la lavoratrice o il lavoratore ha fatto nel corso del suo percorso professionale. I tre elementi decisivi da considerare, oltre alla decisione presa dal dipendente, sono quindi l’anzianità di servizio, le aliquote IRPEF del periodo lavorativo svolto e l’ammontare della buonuscita.
Il calcolo del TFR si effettua dividendo la RAL (retribuzione annua lorda) per 13,5 e aggiungendo al risultato il tasso fisso dell’1,5% e il coefficiente di rivalutazione complessivo che corrisponde al 75% dell’indice di inflazione calcolato dall’ISTAT prendendo come riferimento l’indice dei prezzi al consumo dell’anno precedente. Per fare un esempio: un dipendente privato con una RAL di 30.000 euro al primo anno confermata nell’anno successivo e con un indice di inflazione del 3%, avrà un TFR lordo maturato in due anni di 4.527,32 euro, ovvero 2.222 euro (30.000 euro : 13,5) + 2.222 euro + 83,32 euro, la rivalutazione data da 2.222 × 3,75% [1,5% di tasso fisso + 2,25% (3% × 75%)].
TFR, le differenze di tassazione
Il TFR che il dipendente ha deciso di lasciare in azienda (in tutto o in parte) ha una tassazione del 17%, che può arrivare al 23% nelle società con oltre 50 dipendenti. Dal 1° gennaio 2007, infatti, i datori di lavoro privati con più di 50 lavoratori hanno l’obbligo di versare al Fondo di Tesoreria dell’INPS le quote maturate da ciascun dipendente e non destinate a forme pensionistiche complementari.
Viceversa, se la lavoratrice o il lavoratore ha optato per dirottare il TFR su un fondo pensionistico complementare, la tassazione va da un minimo del 9% ad un massimo del 15%, in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa. In questa circostanza, il lavoratore deve tenere a mente che dovrà pagare anche la tassazione derivante dai rendimenti del fondo, al 12,5% per gli investimenti in titoli di Stato e dal 20 al 26% per tutte le altre forme d’investimento.
Il discorso è ancora diverso per chi richiede l’anticipo del TFR, concesso soltanto a determinate condizioni. In questo caso, la tassazione si basa su tre parametri diversi:
- 23% se l’anticipo (fino a 15.000 euro) è stato richiesto per l’acquisto della prima casa;
- 15% se è stato richiesto per spese mediche, meno lo 0,30% ogni anno dopo il 15° anno di servizio fino a un massimo del 6%;
- 15% se è stato richiesto per motivi personali (ad esempio la nascita di un figlio), meno lo 0,30% ogni anno dopo il 15° anno di servizio fino a un massimo del 9%.
La richiesta di un anticipo sulla liquidazione superiore ai 28.000 euro comporta una tassazione al 35%, che aumenta fino al 43% per un anticipo del TFR superiore a 50.000 euro.
Il datore di lavoro opera da sostituto d’imposta ed elabora il TFR lordo calcolando la base imponibile (la somma dei TFR accantonati nel corso degli anni e rivalutati), il reddito di riferimento e le aliquote medie di tassazione. La base imponibile è su quattro scaglioni: 23% fino a 15.000 euro, 25% da 15.000 a 28.000 euro, 35% da 28.000 a 50.000 euro e 43% a salire oltre i 50.000 euro. Il calcolo del TFR netto parte dall’importo lordo risultante e viene effettuato dall’Agenzia delle Entrate, che prende come riferimento l’aliquota media degli ultimi cinque anni di attività lavorativa, desunta dalle dichiarazioni fiscali. Se l’ammontare dell’imposta applicata alla buonuscita è superiore a quanto già versato, è obbligatorio coprire la differenza.
Tornando all’esempio precedente, il dipendente impiegato in una ditta con 10 lavoratori e con un TRF lordo maturato in due anni di 4.527,32 euro, ha deciso di far maturare la buonuscita in azienda. In tal caso, vedrà l’importo netto tassato del 17% per una liquidazione finale di 3.757,68 euro, pari a 4.527,32 (il TFR lordo) – 769,64 (17% di 4.593,98). Se invece il dipendente ha scelto di far confluire il TFR in un fondo pensione, l’aliquota sarà del 15% (inizia progressivamente a essere inferiore soltanto dopo 15 anni di lavoro) e la buonuscita netta di 3.847,32 euro (4.593,98 – 680).