La missione Artemis 1 della Nasa ha riacceso i riflettori sull’industria spaziale. Il programma Artemis punta a riportare l’uomo sulla Luna con l’obiettivo di costruire una stazione spaziale nell’orbita della Luna e una prima colonia sul satellite. L’esperienza fatta con Artemis sarà funzionale allo sbarco su Marte, previsto entro la metà degli anni ’30.
Prima di Artemis, il settore dell’aerospazio ha guadagnato le prime pagine dei giornali grazie alle iniziative commerciali portate avanti da SpaceX e da Blue Origin, le società fondate dal numero uno di Tesla, Elon Musk, e dal fondatore di Amazon, Jeff Bezos. Oltre ad aver attirato l’attenzione del grande pubblico, quelle portate avanti dai due tycoon rappresentano iniziative che hanno fatto scattare l’interesse degli investitori.
Industria Spaziale: le opportunità commerciali
SpaceX e Blue Origin hanno certificato il passaggio dai programmi esclusivamente appannaggio del settore pubblico a un modello in cui le società private ricoprono un ruolo fondamentale. Ma a dare il via al mercato commerciale del settore aerospazio è stato comunque il settore pubblico, in particolare il governo USA che, come riporta uno studio elaborato da un team composto da Cindy Paladines, Nicholas Britz e Weicheng Wang di TCW:
“Negli anni, i programmi di lancio dei razzi sono lentamente passati dall’essere di competenza di programmi nazionali basati su razzi non riutilizzabili, a usi più commerciali. Ciò è dovuto in parte a una strategia deliberata dal governo statunitense negli anni 2000, volta a sostenere attivamente l’emergere di un mercato privato dei lanci più competitivo”.
Tramite questo nuovo approccio abbiamo assistito a un processo di democratizzazione del telerilevamento e della tecnologia di intelligence geospaziale, che sta offrendo vantaggi a diversi settori e industrie.
“I sensori collegati ai satelliti sono sempre più potenti e interagiscono con una nuova generazione di infrastrutture di archiviazione ed elaborazione dei dati, beneficiando della scala e della velocità fornite dalle rivoluzioni dell’IA e del cloud computing. Ad esempio, i progressi geospaziali hanno rivoluzionato l’agricoltura di precisione e dato nuova vita a un universo investibile già molto interessante”.
rilevano gli esperti di TCW. L’utilizzo delle tecnologie derivate dal settore spaziale si espande in ogni settore. Dai più tradizionali c come l’agricoltura fino alla tutela dell’ambiente. Anche la transizione energetica può trarre vantaggio dall’architettura geospaziale e dall’analisi predittiva:
“La stabilità della rete degli impianti rinnovabili esistenti può essere migliorata attraverso un preciso monitoraggio geospaziale dei modelli meteorologici e dell’utilizzo dell’energia, ottimizzando poi la gestione dei carichi rinnovabili rispetto a quelli non rinnovabili. L’innovazione sulle fonti rinnovabili continua a essere supportata dall’intelligenza geospaziale attraverso la ricerca e l’analisi di aree remote per il potenziale eolico e solare”.
Un’altra opportunità è rappresentata dallo sfruttamento della tecnologia satellitare per connettere le persone: secondo i dati citati da TCW, oggi circa un terzo della popolazione mondiale, ovvero 2,9 miliardi di persone, non ha mai utilizzato Internet.
I rischi
Ovviamente nell’analizzare l’attuale contesto dell’industria spaziale, non ci si può esimere dall’elencare i rischi che lo sviluppo di questo settore porta con sé. Se in un primo tempo l’esplorazione spaziale era attuata con una logica cooperativa regolata da trattati, il contesto attuale è decisamente più frastagliato e complesso: oltre alle società governative, ne troviamo altre di natura semi-governativa e/o puramente commerciale (oltre 75 Paesi hanno satelliti in orbita). In assenza di un contesto normativo all’interno del quale è possibile operare, assistiamo a nuove tensioni ed alla progressiva “militarizzazione” dello spazio. Con l’incremento delle operazioni si è inoltre assistito alla rapida crescita della spazzatura spaziale.
“Nel 2020 circa 6.000 satelliti giravano intorno alla Terra. Solo il 40% circa è attualmente operativo, mentre il resto è costituito da detriti spaziali. Si stima che entro il 2028 saranno in orbita 15.000 satelliti, il che suggerisce che la sfida della spazzatura spaziale in orbita continuerà ad aumentare e a porre problemi”.
Oltre ai governi, anche le aziende commerciali sono nella posizione ideale per contribuire a risolvere il problema.
“È probabile -conclude il report di TCW- che i flussi di capitale nell’economia spaziale continuino ad aumentare. Come per molti settori emergenti, sarà importante garantire che i rischi di ribasso siano gestiti con attenzione per massimizzare il potenziale di rendimento a lungo termine”.
L’industria spaziale italiana
Secondo i numeri contenuti nell’edizione 2021-2022 del Catalogo dell’Industria Spaziale Nazionale, il lavoro realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana e dall’ICE (l’Agenzia per la Promozione all’Estero e l’Internazionalizzazione delle Imprese Italiane), l’industria spaziale italiana conta 153 aziende, di cui 21 grandi imprese, 105 PMI e 21 start-up. L’industria italiana dello spazio italiana si compone di società attive nella produzione di satelliti, lanciatori e sistemi orbitali, di importanti fornitori di sottosistemi, componenti, attrezzature, strumenti ad alta tecnologia e servizi avanzati, con forti legami con altri numerosi settori industriali.
Al 2020, questo settore impiegava direttamente 7 mila persone, con un incremento di 15 punti percentuali in più rispetto a cinque anni prima. Tra i nomi che ci capita di sentire più spesso ci sono quelli di Leonardo (socio con la francese Thales anche della joint venture Thales Alenia Space Italia), Engineering ed Exprivia.