Con i mercati azionari sempre saldamente proiettati al rialzo e i mercati obbligazionari caratterizzati da una calma apparente in attesa delle decisioni di politica monetaria di Fed e BCE, gli investitori sono alla costante ricerca di rendimento da inserire nel proprio portafoglio. Per Thomas Christiansen, Deputy Head of Emerging Market Fixed Income di Union Bancaire Privée, i mercati di frontiera offrono un’interessante opportunità d’investimento per diverse ragioni.
“La più ovvia è che in tutti i periodi rilevanti i rendimenti dei mercati di frontiera hanno superato quelli del debito sovrano emergente più ampio” inizia a motivare la sua tesi il manager, sottolineando come “i premi al rischio incorporati nei rendimenti delle obbligazioni sovrane high-yield emergenti sovracompensano il rischio associato alle insolvenze, rare e con tassi di recupero relativamente alti”. Secondo uno studio del 2019 di Meyer, Reinhart e Trebesch della Harvard Kennedy School sugli ultimi 200 anni, gli emittenti sovrani più frequentemente inadempienti hanno in media sovraperformato rispetto ai loro omologhi che non sono mai stati inadempienti. “Questo perché i loro rendimenti, significativamente più elevati, hanno sovracompensato le eventuali perdite”, rimarca Christiansen.
I mercati di frontiera hanno sovraperformato anche rispetto ad altri asset high-yield. Per oltre vent’anni, i mercati di frontiera hanno registrato circa la metà dei default rispetto all’high yield statunitense, con tassi medi di recupero quasi doppi. In concreto, la combinazione di questi due elementi “implica che le perdite sui mercati di frontiera negli ultimi due decenni sono state inferiori di 160 punti base all’anno rispetto all’high yield USA”. Poiché i mercati di frontiera hanno reso leggermente di più, il risultato netto è che da inizio 2002 i mercati di frontiera hanno sovraperformato l’high yield statunitense di oltre 200 punti base su base annua. “Oltre che in termini di performance assoluta, i mercati di frontiera offrono significativi vantaggi di diversificazione per un portafoglio globale a reddito fisso o multi-asset”, sottolinea il manager di UBP.
Con un tasso di rendimento annualizzato dell’8,8% dal 2004 secondo quanto segnalato dall’indice JPM NexGEM, sul fronte dei ritorni obbligazionari i mercati di frontiera continuano ad avere performance considerevolmente migliori rispetto alle altre asset class a reddito fisso. “Riteniamo che la gestione attiva, unita all’elevato carry dell’asset class, compensi ampiamente gli investitori per i rischi connessi, rendendo ancora più interessante questo caso d’investimento.
Attualmente, i mercati di frontiera offrono un rendimento in dollari USA vicino al 7% (livello storicamente alto rispetto alla maggior parte degli altri asset a reddito fisso), e quest’anno hanno già fornito un rendimento superiore al 4%. “Recentemente sono sorte opportunità di investimento in Benin, dove è stata emessa un’obbligazione SDG, e in Ecuador, dove il nuovo governo sta introducendo una politica più prudente, che comprende una rinegoziazione del programma del FMI che dovrebbe concludersi nei prossimi mesi”, pone a esempio di alternative d’investimento il manager.
I rischi ovviamente non mancano. Se le prospettive per l’Ecuador sono migliorate grazie alla recente assegnazione dei diritti speciali di prelievo (DSP), che ha aumentato considerevolmente le riserve, le sfide significative permangono, in primis la difficile battaglia che il Presidente Guillermo Lasso deve affrontare per far approvare le proprie politiche in un Congresso diviso.