I collezionisti di monete provenienti da tutto il mondo e di ogni epoca storica, così come gli operatori commerciali del settore, sono spesso alle prese con i controlli necessari e le certificazioni richieste dal comparto della numismatica. Se è sempre utile conservare la fattura o la ricevuta (anche virtuali) di un acquisto fatto da un venditore professionista, da un privato, durante un’asta oppure online, ancora di più se la spesa avviene al di fuori dell’Unione europea (in questi casi è meglio tenere il bollettino doganale che attesta il pagamento della tassa sull’importazione), cosa fare in tante altre circostanze come eventuali sanzioni amministrative e penali? Il quadro dei beni storico-culturali è particolarmente complicato: ecco una guida per navigare tra le principali leggi e normative italiane che regolamentano una forma delicata di collezionismo e di commercio come la numismatica.
Numismatica, cosa dice la legge italiana: il codice Urbani
Va innanzitutto precisato che detenere monete e collezioni non è vietato: l’interesse numismatico è riconosciuto dal Decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (meglio noto come Codice dei beni culturali e del paesaggio o codice Urbani, dal nome dell’allora ministro Giuliano) e successive modifiche. Come specifica l’articolo 6 comma 3 del codice Urbani, “la Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale”. Al tempo stesso, aggiunge l’articolo 1 comma 5, “i privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale sono tenuti a garantirne la conservazione”.
Le monete antiche non sono necessariamente beni culturali (dunque assoggettate a tutela dalla legge e sottratte al libero collezionismo privato) per il solo fatto di risalire ad un determinato periodo storico, che sia la Roma imperiale o il Risorgimento. Possono quindi appartenere “a persone giuridiche private senza fine di lucro”. I collezionisti infatti non vanno a prendere monete negli scavi archeologici o a sottrarle nei musei: le acquistano da rivenditori autorizzati, che siano case d’aste, antiquari e commercianti. Il collezionista non è nemmeno obbligato a denunciare o comunicare alle autorità il possesso di monete. Ovviamente la proprietà, il possesso e la compravendita di monete e collezioni hanno dei limiti.
Solo alcune monete sono considerate beni culturali da sottrarre al collezionismo privato. Il Consiglio di Stato in una sua sentenza del 1990 definisce il bene culturale come “testimonianza di civiltà ed insostituibile fonte di cultura” che “come tale deve essere oggetto di tutela, conservazione e processo di cultura”. Ma quando scatta la dichiarazione di interesse culturale? La tutela è sancita in specifici casi. Il codice Urbani fa rientrare nei beni culturali “le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio” (articolo 10 comma 4 lettera b). Queste cose “da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile” (articolo 91 comma 1)”.
Sempre l’articolo 91, al comma 2, aggiunge che “qualora si proceda per conto dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali o di altro ente o istituto pubblico alla demolizione di un immobile, tra i materiali di risulta che per contratto siano stati riservati all’impresa di demolizione non sono comprese le cose rinvenienti dall’abbattimento che abbiano l’interesse di cui all’articolo 10, comma 3, lettera a”. Sono infatti beni culturali “le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante” (articolo 10 comma 3 lettera a) che appartengono a soggetti diversi da Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali “nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti” (articolo 10 comma 1). Infine, non è considerabile bene culturale una collezione numismatica dal valore commerciale inferiore a 46.598 euro.
Collezionisti e venditori hanno l’obbligo di denuncia?
Diverso dal puro collezionismo è l’ambito della compravendita di monete o collezioni. Il collezionista che acquista una moneta non ha l’obbligo di denuncia. Se compra dall’estero, c’è al limite la facoltà (ma non l’obbligo) di richiedere una certificazione dell’avvenuta spedizione in Italia. Neanche il venditore, in realtà, è obbligato a denunciare il passaggio di proprietà. L’articolo 59 del Codice dei beni culturali puntualizza che sono tenuti alla denuncia di trasferimento entro 30 giorni soltanto tre soggetti:
- chi cede la detenzione “in caso di alienazione a titolo oneroso o gratuito o di trasferimento della detenzione”;
- l’acquirente, “in caso di trasferimento avvenuto nell’ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare” oppure “in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso”;
- l’erede, “in caso di successione a causa di morte”.
Relativamente all’antiquariato, il codice Urbani mette a punto nell’articolo 63 una serie di obblighi di denuncia dell’attività commerciale e di tenuta del registro e di denuncia della vendita o dell’acquisto di documenti. Differente è l’ambito del possesso illecito di monete, il cosiddetto furto d’arte di cui spesso sono imputati i collezionisti. Il codice prevede che chiunque si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato “è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 31 euro a 516,50 euro”. La legge punisce non l’esperto e l’appassionato che comprano per collezionare, ma chi si impossessa di monete in modi impropri. È il caso dei tombaroli che muniti di metal detector fanno incetta di reperti di rilevanza storica, culturale e archeologica e quindi ne detengono un possesso illecito.
Una terza e ultima fattispecie è quella della ricettazione o dell’acquisto incauto: il collezionista è consapevole che il venditore si è impossessato illegalmente di quel bene oppure, per colpa, non ha prestato sufficiente attenzione alla compravendita di una moneta di provenienza illecita perché di proprietà dello Stato. In queste situazioni, basta conservare la documentazione dell’acquisto e fornirla alle autorità competenti per scongiurare il rischio di essere accusati di uno di questi reati. È significativo in tal senso il caso di un collezionista siciliano assolto dal Tribunale di Palermo nel 2019, dopo cinque anni di processo, dall’accusa di possesso illecito di beni di interesse storico-culturale e ricettazione. La difesa ha smontato la tesi del pubblico ministero proprio perché il numismatico aveva conservato la documentazione degli acquisti fatti su Internet di 117 monete romane. Con la sentenza di assoluzione, il giudice ha deciso anche per la restituzione delle monete al legittimo proprietario.