Impermeabile al rallentamento degli Stati Uniti, cosa c’è da sapere sulla forza del Dollaro
Dove condurrà la forza del dollaro, che resiste sui livelli massimi da maggio 2018 nonostante il rallentamento dell’economia americana? Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario T. Rowe Price, ha individuato i 5 temi che vale la pena monitorare guardando all’outlook per il biglietto verde.
I tagli dei tassi non portano necessariamente a un periodo di debolezza per il dollaro
E’ in arrivo un nuovo taglio dei tassi a dicembre da parte della Federal Reserve. Molti operatori ne sono convinti, dopo l’intervento di luglio, il primo dopo la crisi finanziaria globale, e poi quello di settembre. Come è risaputo, la riduzione del costo del denaro implica solitamente un deprezzamento della valuta: tuttavia ciò non si è verificato per il dollaro. O meglio, è successo, ma una volta soltanto in quelli che sono stati gli ultimi quattro cicli di tagli (Figura 1). Ecco perché, sulla base di ciò, sottopesare il dollaro perché ci si aspetta che la Fed taglierà i tassi può essere pericoloso. Molti altri fattori vanno presi in considerazione.
Figura 1: Il comportamento del dollaro Usa nei cicli di taglio dei tassi
Movimenti in % del dollaro prima e dopo il primo taglio dei tassi della Fed – dati al 13 settembre 2019
Fonte: U.S. Dollar Spot Index, analisi di T. Rowe Price
I differenziali di crescita influenzano il dollaro più della crescita Usa di per sé
Nel 2019 il dollaro è rimasto forte nonostante il rallentamento della crescita Usa. Il modo in cui l’economia statunitense performa rispetto agli altri Paesi influenza la valuta più della crescita stessa, e finora la crescita europea ha deluso le aspettative più di quella americana. L’economia italiana, per esempio, è entrata in stagnazione nel secondo trimestre, nello stesso periodo il Regno Unito ha visto una contrazione. Forse ancora più di rilievo è il fatto che in Germania – la maggiore economia d’Europa – il settore manifatturiero sta soffrendo una recessione, con le tensioni commerciali che pesano sulla domanda di esportazioni. Finché il differenziale tra le due principali economie non si invertirà, è difficile immaginare che il dollaro possa indebolirsi significativamente rispetto all’euro.
Il dollaro resta attraente dal punto di vista del carry
Nell’universo dei mercati sviluppati, gli investitori possono ottenere uno dei più elevati tassi di carry dal dollaro americano. Anche se ai recenti tagli da parte della Fed (a luglio e a settembre) potrebbero seguirne altri, il dollaro probabilmente resterà attraente ancora per un po’ dal punto di vista del carry, dato che i tassi di interesse negli Stati Uniti sono molto più elevati che altrove. In Giappone e in Svizzera, per esempio, i tassi sono negativi. Ciò detto, quando si considerano i costi di hedge, gli asset denominati in dollari possono risultare meno attraenti per gli investitori stranieri. A un primo sguardo per esempio i Treasury Usa a 10 anni sembrano molto più attraenti dei Bund tedeschi a 10 anni, tuttavia i vantaggi in termini di rendimenti scompaiono se si tiene in considerazione il costo dell’hedge in euro.
I dazi e le trade war potrebbero creare volatilità valutaria
È difficile misurare l’impatto dei dazi sulle valute. Mentre il protezionismo dovrebbe essere di supporto per l’economia locale, un mercato efficiente non farà altro che annullare l’impatto sulle ragioni di scambio causato da un dazio, incoraggiando a volte l’effettivo apprezzamento della valuta del paese “protetto”. Ovviamente, ciò potrebbe essere una conseguenza involontaria della strategia del presidente Trump. In seguito a un round di negoziazioni particolarmente complicato, le autorità cinesi hanno recentemente lasciato deprezzare il renminbi, che ha toccato il livello più basso in più di dieci anni rispetto al dollaro, pur mantenendo sostanzialmente stabile il suo valore rispetto a un’ampia gamma di altre valute. Le monete vengono utilizzate sempre più spesso come strumenti politici e al progredire delle negoziazioni tra le due parti, potremmo vedere ulteriori sviluppi in tal senso. In questo contesto ci si aspetta di vedere una certa volatilità e forse il modo migliore per beneficiarne è attraverso l’uso delle opzioni valutarie.
Lo status di “safe-haven” del dollaro resta invariato
In periodi di stress, gli investitori si riversano sul dollaro americano: un trend che probabilmente non cambierà nel breve periodo. Il biglietto verde è il posto in cui la liquidità finisce per rimanere incastrata in questo contesto di bassi rendimenti. Questa tendenza è ulteriormente amplificata dall’inversione della curva dei Treasury Usa, dato che sta diventando sempre più popolare parcheggiare liquidità nei fondi sui mercati monetari. Anche se il franco svizzero e lo yen giapponese sono stati molto richiesti quest’anno con l’aumentare dell’incertezza, il dollaro resta la scelta primaria per gli investitori alla ricerca di sicurezza. È improbabile che ciò cambierà.