Nel 2023 il mondo delle valute digitali si è lasciato alle spalle quello che gli analisti hanno definito “crypto-winter”, l’inverno delle criptovalute. Una stagione che ha portato la regina delle crypto, il bitcoin, a perdere il 75% del proprio valore dai massimi del 10 novembre 2022 a 68.789 ai 16.517 dollari di inizio anno. Ora il bitcoin vale circa 29.000 dollari, dopo aver toccato un paio di settimane fa quota 30.000.
“Il primo trimestre 2023 ha visto il bitcoin mettere a segno una performance positiva del 73%, la migliore degli ultimi due anni, con una volatilità sostanzialmente stabile e una diminuzione della correlazione con l’azionario” ha calcolato Ferdinando Ametrano, direttore scientifico del Digital Gold Institute, think tank italiano dedicato alle criptovalute.

Le criptovalute avanzano, nonostante tutto
Nel corso della presentazione della quindicesima edizione del report trimestrale sull’ecosistema Bitcoin, crypto-asset e blockchain, Ferdinando Ametrano ha sottolineato come la diffusione della criptovaluta sia in corso, nonostante il 2021 sia stato costellato da alcuni scandali di rilievo. “Tutti – ha sottolineato – non dipendenti dalla criptovaluta”. FTX, Celsius, Terra/Luna sono stati alcuni dei crolli che hanno funestato il 2021. Ed è recente la caduta di The Rock Trading, gruppo italiano esistente da diversi anni e che aveva saputo costruirsi una patente di affidabilità.
Nonostante tutto questo e nonostante il calo di valore registrato dal bitcoin nel 2022, la diffusione della criptovaluta è proseguita sia con la sua adozione come asset class di investimento, sia per la presenza nei portafogli degli investitori. Tra gli sviluppi citati da Ametrano su questo fronte l’apertura di Fidelity, che permette di operare con bitcoin ed ether, delle Poste Svizzere controllate dal governo della Confederazione, nonché Azimut che da tempo ha deciso di aprirsi agli investimenti in start-up cripto italiane.

Intanto anche gli italiani, popolo tradizionalmente conservatore in tema di investimenti, si interessa sempre di più di valute digitali. “I dati forniti dalla Banca d’Italia nel suo bollettino economico di gennaio 2023 mostrano che un numero sempre maggiore di famiglie, specialmente quelle nel quartile a più alto reddito, investe in cripto” ha commentato Ametrano. In valori percentuali la presenza di criptovalute negli investimenti delle famiglie italiane è ancora irrisoria, al 2,2%, ma il valore è doppio rispetto a quello degli anni precedenti. Se ci si concentra sulle famiglie ad alto reddito la percentuale sale al 4,3% mentre tra gli investitori più propensi al rischio si arriva addirittura al 19%. I più giovani, dato non sorprendente, sembrano essere i più aperti a possedere criptovalute con un dato pari al 5,7% per gli under-45.
A partire da questi dati – ha aggiunto Ametrano – abbiamo stimato che il patrimonio di criptovalute detenuto dalle famiglie italiane raggiunga oggi i 4,8 miliardi di euro. Un valore già di per sé significativo ma di cui è facile prevedere una crescita: i patrimoni gestiti dal private banking italiano superano i mille miliardi e, prima o poi, fosse anche solo a scopo di diversificazione, una percentuale tra l’1% e il 3% vorrà entrare nel mondo cripto”.
Le ragioni della primavera del bitcoin
Nel 2024, probabilmente tra marzo e maggio, il bitcoin effettuerà il quarto halving della sua storia. Ne abbiamo parlato in questo articolo: “Bitcoin è tornato? Le dinamiche che portano all’halving”. Il “dimezzamento” è stato di solito preceduto da rivalutazioni della moneta digitale. Tuttavia, secondo Ametrano, “è un po’ troppo presto per legare il positivo andamento mostrato dal bitcoin nel primo trimestre all’arrivo di questo evento”.
Più logico legare l’andamento del bitcoin a quello di altre asset class e alle aspettative sull’andamento dei tassi di interesse. Mentre nel 2022 le maggiori Banche centrali si sono impegnate in un rialzo forte dei tassi e in una riduzione della liquidità sui mercati, nel 2023 la manovra potrebbe giungere al termine e su questa speranza le attività rischiose, come le azioni e le criptovalute hanno ripreso un po’ di vigore.
Esiste infatti una correlazione tra i bitcoin e l’azionario USA che, anche se in diminuzione, è ancora presente. Sull’arco dei tre anni questa correlazione è stata misurata dal DGI nel 39,85% con il Nasdaq e nel 36,48% con l’S&P500. Sull’arco dell’anno la correlazione si rivela ancora più elevata, rispettivamente al 55,03% e al 52,58%.