Dalla Cina arriva un brutto colpo per alcune big tech americane. Le autorità di Pechino hanno inasprito le linee guida per i chip sui PC e i server governativi. Verranno eliminati i microprocessori di Intel e Advanced Micro Devices (AMD) dai dispositivi e disattivato il sistema operativo Windows di Microsoft. Tutto ciò nell’ambito di una campagna per sostituire la tecnologia straniera con quella sviluppata dalle aziende domestiche.
Il Dragone ha deciso quindi di cambiare marcia nello sviluppo di una tecnologia propria , rispondendo alle strette statunitensi che impediscono alle aziende USA di esportare chip di fascia alta e apparecchiature per la produzione degli stessi in Cina. Già quest’anno i funzionari politici cinesi avevano tracciato le linee guida per i PC, i laptop e i server, mentre verso la fine di dicembre 2023 l’agenzia statale China Information Technology Security Evaluation Center aveva pubblicato il suo primo elenco di processori e sistemi operativi “sicuri e affidabili”. Nella lista figuravano tutti prodotti di aziende cinesi, tra cui i chip di Huawei e di Phytium, entrambi nella black list del Dipartimento del commercio USA.
Alla fine le misure adottate dal governo americano hanno contribuito ad aumentare i ricavi per le aziende cinesi. Secondo i dati forniti da Shanghai-based CINNO Research, i primi 10 produttori cinesi di apparecchiature hanno registrato un balzo delle entrate del 39% nella prima metà del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Chip: quali effetti per Intel, AMD e Microsoft dalle restrizioni cinesi
Le restrizioni cinesi rischiano di creare un grave danno per Intel e AMD, in quanto leader dei processori per PC in Cina. Per Intel, il Paese ha rappresentato il più grande mercato nel 2023, con il 27% dei suoi 54 miliardi di fatturato complessivo. Anche per AMD il peso di Pechino è rilevante, con il 15% dei 23 miliardi di dollari di vendite totali dell’azienda. Riguardo Microsoft, l’effetto dovrebbe essere più contenuto dal momento che, secondo quanto dichiarato lo scorso anno dal presidente dell’azienda Brad Smith, il gigante di Redmond ha prodotto in Cina solo l’1,5% dei ricavi.
AMD e Intel hanno poche speranze di entrare nell’elenco dei processori approvati, perché oltre a dover presentare la documentazione completa di ricerca e sviluppo e il codice dei loro prodotti, le aziende devono attenersi a un livello di progettazione, sviluppo e produzione completato in Cina. Questo mese è arrivata una precisazione da parte dell’ufficio acquisti del governo centrale, secondo la quale gli acquisti di computer basati su chip Intel e AMD possono continuare, ma a condizione che vengano rispettate le “procedure di gestione pertinenti”.
L’opinione degli analisti
La strategia nazionale cinese è nota come xinchuang o “innovazione delle applicazioni IT” e punta a internalizzare la tecnologia nei settori militare, governativo e statale. In questo ambito, i cinesi dovranno abituarsi a componenti che abbracciano i processori e i sistemi operativi domestici. “Stiamo sostituendo i vecchi computer che hanno chip stranieri” ha detto Lao Zhangcheng, responsabile dell’acquisto di 16 computer completamente cinesi per un’organizzazione che fa capo all’ufficio dei trasporti della città di Shaoxing. “Dopo questo acquisto praticamente tutti in ufficio avranno un computer domestico. I vecchi PC con i sistemi Windows possono ancora essere utilizzati in determinate situazioni”.
Secondo Lin Qingyuan, esperto di chip presso il gruppo di ricerca Bernstein, “le linee guida hanno reso la politica di xinchuang più attuabile per i funzionari”. A suo avviso la sostituzione sarà molto veloce per i PC e i server xinchuang, che rappresenteranno il 23% delle spedizioni totali in Cina nel 2026. Gli analisti di Zheshang Securities stimano che il Paese dovrà investire 660 miliardi di yuan, pari a 91 miliardi di dollari dal 2023 al 2027 per “sostituire l’infrastruttura IT del governo, degli organi di partito e di otto grandi industrie”.