Come funzionano le tasse sulle criptovalute? Come devono essere gestiti, nella dichiarazione dei redditi, questi tipi di investimento? In questa sede non abbiamo intenzione di addentrarci nelle questioni tecniche relative alle blockchain o nei meandri della finanza decentralizzata. Questi, a dire il vero, non sono argomenti che hanno una vera e propria rilevanza fiscale.
Quello su cui ci interessa soffermarci sono aspetti leggermente più prosaici: come si pagano le tasse sulle criptovalute? Possiamo iniziare con lo spiegare che questi tipi di prodotto sono considerati delle valute virtuali: sono in grado, infatti, di fungere come mezzo di scambio, perché, come succede con le valute tradizionali, hanno la possibilità di assumere la funzione di unità di conto.
Le criptovalute, comunque, sono diventate una realtà consolidata nel panorama finanziario. A dimostrazione di questo assunto vi è la quotazione del future del bitcoin, una delle criptovalute più famose. Ma soprattutto il fatto che molti broker abbiano inserito all’interno della propria offerta finanziaria, anche il rapporto di cambio spot tra valute tradizionali e bitcoin.
Come sono tassati i bitcoin e le altre cripto in Italia
Cercare di comprendere come siano tassati i bitcoin e le altre cripto in Italia non è molto semplice. Nel nostro paese, questo argomento non è oggetto di una regolamentazione specifica ed opportunamente articolata. Questa mancanza determina una conseguenza diretta: è necessario inquadrare questa attività per natura, in modo da riuscire ad applicare le norme fiscali più coerenti per assimilazione. Ovviamente una scelta come questa comporta tutte le conseguenze di opinabilità che ne conseguono.
Entrando un po’ più nel concreto, oggi come oggi, inquadrare fiscalmente le criptovalute discende da alcune interpretazioni che sono diventate di prassi, sostenute da determinati appoggi giurisprudenziali. La normativa, purtroppo, è abbastanza fumosa nella definizione dei suoi confini, ma soprattutto è incerta perché è continuamente in divenire. Prima di proseguire, è bene ricordare qual è il ciclo di vita di una criptovaluta, che è caratterizzato da tre momenti:
- creazione, o mining per i tecnici o gli esterofili;
- deposito;
- scambio.
Dovendosi basare sulla disciplina fiscale attuale, il momento impositivo arriva quando avviene lo scambio. Le criptovalute devono essere tassate nel momento in cui vengono utilizzate per acquistare dei servizi o dei beni. O quando vengono scambiate per ottenere una valuta diversa, tradizionale o virtuale. Parlando in termini strettamente dichiarativi, risultano essere di particolare importanza due momenti:
- lo scambio, che interessa la tassazione;
- la detenzione, che interessa l’eventuale monitoraggio fiscale.
A quanto ammontano le tasse sulle criptovalute
Come abbiamo anticipato in precedenza, il primo passo per riuscire a rintracciare quale debba essere il corretto inquadramento fiscale di una particolare attività – nel caso in cui non ci sia una normativa specifica – è quello di effettuare un suo inquadramento per natura. Le criptovalute costituiscono uno strumento ibrido, con delle caratteristiche che ci permettono di considerare che siano, con un certo livello di correttezza: uno strumento finanziario, una valuta ed un’attività immateriale.
Con la risoluzione 72/E/2016, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di assimilare le criptovalute alle valute estere. In questa decisione, gli uffici del fisco sono stati supportati dalla sentenza della Corte di Giustizia UE causa C-264/14 del 22 ottobre 2015.
Dobbiamo segnalare, in questa sede, che questo tipo di interpretazione non risulta essere in linea con le scelte legislative compiute in alcuni stati esteri. E nemmeno con il parere di parte della dottrina, ma fino ad oggi non è stata messa in discussione dalla giurisprudenza nazionale. Fino a quando non ci sarà un intervento del legislatore – che appare quanto mai auspicabile – questa interpretazione costituisce il principale punto di riferimento per il contribuente.
Assimilare le criptovalute ad una valuta estera porta con sé alcuni obblighi, soprattutto in tema di monitoraggio fiscale. Quello che interessa a noi in questa sede è il sistema di tassazione, che diventa quello previsto dall’articolo 67 del TUIR.
Semplificando al massimo per brevità, nel nostro caso le plusvalenze derivanti dalla cessione di criptovalute costituiscono redditi diversi di natura finanziaria, che sono soggetti ad imposta sostitutiva del 26%. Il contribuente deve pagare questa tassa nel caso in cui l’ammontare detenuto dovesse superare la cifra di 51.645,69 euro per sette giorni lavorativi continui durante l’arco dell’anno.
L’Agenzia delle Entrate, nella recente risposta a Interpello numero 788/2021 precisa che “il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al primo gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione”.
Cosa si rischia se non si dichiarano le cripto
Come abbiamo anticipato in precedenza, gli obblighi dichiarativi in capo al contribuente sono costituiti dal monitoraggio fiscale e dalla tassazione, che sono legati a due diversi momenti della detenzione del successivo utilizzo delle criptovalute. Gli obblighi di monitoraggio fiscale, conseguenti alla detenzione della criptovaluta, si concretizzano nella compilazione del quadro RW del modello Redditi PF.
Quanti non dovessero dichiarare di essere in possesso di criptovalute commettono un vero e proprio reato, che a seconda della gravità di questo illecito può essere di tipo amministrativo o penale. A causa del mancato monitoraggio fiscale, si rischia di pagare una sanzione che va dal 3 al 15% dell’importo non dichiarato del valore finale.
Criptovalute: cosa cambia con il governo Meloni
Abbiamo visto cosa prevede la normativa attuale sulla tassazione delle criptovalute. L’Agenzia delle Entrate, fino ad oggi, ha equiparato le valute virtuali a quelle estere. Sono state, quindi assoggettate ad un’imposta del 26%. Nella bozza della Legge di Bilancio approvata dal Governo, emergono, però delle novità che riguardano proprio le criptovalute. Dal 1° gennaio 2023 verrà applicata un’imposta sostitutiva del 14%. Nella bozza si legge, inoltre:
L’imposta sostitutiva potrà essere rateizzata fino a un massimo di tre annuali di pari importo a partire dal 30 giugno 2023. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3% annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata. L’assunzione del valore indicato non consente il realizzo di minusvalenze.
Prima che entri in vigore la nuova tassazione, però, sarà necessario attendere i consueti decreti attuativi e le relative istruzioni dell’Agenzia delle Entrate.