Il dollaro USA conferma lo stato di forma nei mercati valutari salendo su tutte le principali valute per la quinta settimana di fila, con in particolare l’EUR/USD che si mantiene sospeso tra 1,05 e 1,06, dopo che la settimana scorsa era scivolato fino al minimo di 5 anni a 1,04695. Il Fiber aveva dato segni di ripresa mercoledì 4 maggio a seguito della riunione della Federal Reserve, che aveva lanciato un messaggio lievemente accomodante al mercato riferendo che non ci sarebbe stato un aumento dei tassi a giugno dello 0,75% e parlando di atterraggio morbido nell’ambito dell’attuazione della politica monetaria.
L’euforia è durata poco perché gli investitori sono tornati a prezzare una divergenza netta tra la Fed e la BCE nell’affrontare il problema dell’inflazione. L’Eurotower solo ultimamente sta ventilando l’ipotesi di alzare i tassi d’interesse a partire da luglio, una volta preso coscienza del fatto che un’inflazione dell’area euro al 7,5% vada affrontata con maggiore aggressività. Al riguardo i falchi dell’istituto monetario stanno prendendo il sopravvento sulle colombe, che nelle dichiarazioni recenti hanno espresso maggiore disponibilità a compiere il passo.
Tuttavia, questa nuova posizione niente ha a che vedere con l’atteggiamento della Fed, orientato a una lotta serrata al carovita che prevede almeno 7 aumenti del costo del denaro nel 2022. Questo inevitabilmente finisce per riflettersi sui rendimenti degli asset espressi in dollaro e in euro, con una differenza abbastanza marcata. I titoli di Stato USA a 10 anni rendono oltre la soglia del 3%, mentre i bund tedeschi equivalenti hanno un rendimento appena dell’1,13%.
EUR/USD: arriverà a 1,02?
Dove potrà arrivare a questo punto l’EUR/USD? Secondo Gavin Friend, senior market strategist di National Australia Bank, il cambio potrebbe scendere fino a 1,02. A suo giudizio, il nuovo rafforzamento del dollaro USA conferma che il dietrofront della Fed delineava solo un cambio di posizionamento e non di atteggiamento, perché Jerome Powell farà di tutto per abbassare l’inflazione, sostenendo i rendimenti e il dollaro.
La debolezza dell’euro rischia di diventare una spina nel fianco per la Banca Centrale Europea, alla luce soprattutto dei dati deboli sulla produzione industriale relativa al mese di marzo. Il Governatore della Banque de France François Villeroy ha affermato che il tasso di cambio dovrà essere monitorato da vicino, perché una moneta unica troppo debole mette a repentaglio il raggiungimento del target d’inflazione del 2%.
Questo significa che entro la fine del 2022 il costo del denaro dovrà essere tenuto sopra lo zero e i tassi sui depositi dovranno subire alcuni aumenti, presumibilmente a luglio, settembre e dicembre. Da qualche mese all’interno del Board della BCE si parla di normalizzazione della politica monetaria. Occorre vedere se sarà sufficiente a rilanciare una moneta che al cospetto del dollaro sembra ormai in caduta libera.