Il petrolio affonda e scivola sui minimi di novembre, pressato dal probabile e ormai prossimo rilascio delle riserve strategiche delle potenze consumatrici, Stati Uniti in primis. Che succede al greggio?
Il prezzo del petrolio viaggia in netto calo sotto i 79 dollari al barile nelle quotazioni del WTI. La pressione sull’oro nero arriva dall’insistenza del piano Biden contro l’aumento insostenibile dei prezzi della benzina: rilasciare greggio dalle riserve strategiche, infatti, diventa sempre più probabile stando alle ultime indiscrezioni. Anche Cina, India, Giappone e Corea del Sud sarebbero già state contattate da Washington per un allentamento coordinato tra i principali consumatori del combustibile. E in vista di un potenziale eccesso di offerta, l’impatto sulle quotazioni di greggio non si è fatto attendere, prima violando l’importante supporto sul livello 78,50 dollari, poi scivolando nella seduta di ieri anche sotto quota 77,50 dollari. In pratica il petrolio ha perso in una settimana quasi il 7%.
Gli USA sembrano agguerriti nella lotta ai prezzi energetici alle stelle. Già a inizio mese Biden aveva esortato l’OPEC a rilasciare maggiore quantità di greggio, ma senza essere ascoltato. Il clima tra la potenza statunitense e il cartello si è quindi inasprito. Intanto, sempre il presidente americano e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno discusso sulla questione del rilascio di petrolio dalle loro riserve in un vertice virtuale tenutosi lo scorso lunedì, ma non hanno preso una decisione definitiva. In una lettera di mercoledì, ancora Biden ha invece esortato la Federal Trade Commission a indagare su possibili condotte illegali nei mercati della benzina statunitensi.
Sugli altri fronti, invece, un funzionario del ministero dell’industria giapponese ha affermato che gli USA hanno richiesto la cooperazione di Tokyo per affrontare l’aumento dei prezzi del petrolio, ma non ha potuto confermare se la richiesta includesse il rilascio coordinato di scorte. Per legge, il Giappone non può utilizzare i rilasci di riserve per abbassare i prezzi. Anche dalla Corea del Sud il messaggio è stato chiaro: “Stiamo esaminando a fondo la richiesta degli Stati Uniti, tuttavia, non rilasciamo riserve di petrolio a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio. Potremmo rilasciare riserve di petrolio in caso di squilibrio dell’offerta, ma non per rispondere all’aumento dei prezzi del petrolio”.
WTI: cosa succederà a quotazioni secondo l’analisi grafica?
In attesa di capire se davvero ci sarà l’immissione di petrolio di riserva sul mercato, non c’è dubbio che la pressione USA abbia avuto il suo effetto shock sulle quotazioni. La proposta rappresenta una sfida senza precedenti per l’OPEC, perché coinvolge la Cina, ossia il più grande importatore mondiale di greggio. Da segnalare che l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha ricordato che, sebbene la crescita della domanda rimanga robusta, l’offerta sta recuperando terreno. Nel frattempo, l’OPEC ha affermato che presto potrebbe emergere un surplus mentre il rimbalzo dalla pandemia vacilla.
Di sicuro con questi presupposti, le quotazioni del greggio sembrano destinate a nuova volatilità. L’impostazione grafica, infatti, vede i prezzi stazionare al di sotto dell’indicatore Supertrend mentre sia l’indicatore Parabolic Sar che la media mobile a 25 sono diventati ribassisti da poco. Anche l’indicatore Macd ha appena incrociato il proprio Signal. Inoltre, è da segnalare come l’indicatore RSI sia posizionato nell’area di “neutralità” vicino al livello 44. Dal punto di vista operativo, pertanto, l’ingresso in posizioni long è consigliabile solo al superamento del livello 80,70 con target nell’intorno dei 83,40 dollari, mentre le posizioni ribassiste potranno essere aperte solo alla violazione di quota 77 con obiettivo molto vicino al livello 74.
L’andamento di breve termine del Crude Oil WTI