Recessione: cos'è, da cosa è causata e chi la stabilisce - Borsa&Finanza

Recessione: cos’è, da cosa è causata e chi la stabilisce

Recessione: cos'è, da cosa è causata e chi la stabilisce

In questo ultimo anno e mezzo la parola recessione rimbalza sistematicamente in ogni dibattito di carattere economico a livello istituzionale e tra economisti e osservatori di mercato. Tutto è partito da quando l’inflazione ha preso a farsi strada nuovamente nell’economia mondiale raggiungendo vette che non si vedevano da oltre 40 anni. Le Banche centrali a quel punto sono state costrette ad alzare i tassi d’interesse per cercare di contenere l’aumento dei prezzi e respingere il carovita agli obiettivi dichiarati di lungo periodo del 2%.

Ad aggravare la situazione è stata la crisi energetica, scaturita dall’exploit della domanda post-Covid e dallo scoppio della guerra Russia-Ucraina a febbraio dello scorso anno. Il quadro depressivo è stato completato dalla crisi bancaria spuntata a marzo 2023 negli Stati Uniti, che ha implicato fallimenti e salvataggi in extremis. Ciò ha creato le premesse per una contrazione economica, con alcuni cenni che si stanno già vedendo. Ma cos’è e quando si determina ufficialmente una recessione e quali sono gli istituti preposti a certificarla? In questa guida vedremo tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.

 

Recessione: definizione e significato

La recessione è una delle fasi del ciclo di un’economia illustrate dalla teoria economica, secondo cui in un Paese vi sono la prosperità, la recessione, la depressione e la ripresa. Per dare un corretto significato al termine recessione, è bene distinguere la recessione tecnica da quella economica. La prima si verifica quando per due trimestri consecutivi il PIL risulta negativo. La seconda è più complessa e tiene conto di una serie di fattori come il calo delle vendite delle aziende, la contrazione della domanda, l’inefficienza dei sistemi produttivi, la perdita di posti di lavoro e altri criteri.

La recessione non va confusa con la depressione, in quanto i fenomeni fanno parte di due fasi distinte del ciclo economico. Nonostante le cause siano simili, l’impatto risulta essere diverso. La depressione va considerata più ad ampio raggio ed è più duratura di una recessione; pertanto, è decisamente più grave. In sostanza, durante una depressione aumentano in maniera considerevole la flessione della produzione nazionale, il numero di persone che perdono il posto di lavoro e il tasso di disoccupazione. Se una recessione può contenersi nell’ambito di un lasso di tempo limitato, una depressione si trascina per anni e richiede più tempo affinché poi sopraggiunga una ripresa. Ne è una dimostrazione la Grande Depressione del secolo scorso, relativa alla crisi del ’29 che durò fino al 1933, comportando una ripresa dell’economia solo un decennio dopo. In quel periodo, il PIL americano crollò del 30% e la disoccupazione salì del 25%. In definitiva, la recessione innesca un meccanismo che potrebbe rivelarsi depressivo.

 

Recessione: cause

Sono diverse le cause perché possa manifestarsi una recessione. Alcune le abbiamo viste in questo ultimo anno e mezzo. Ecco di seguito quali sono.

 

Inflazione elevata

Di per sé la crescita dei prezzi non è un fattore negativo, anzi spesso è segnaletico di un’economia che migliora con l’aumento della domanda e quindi che mostra un buono stato di salute. Il problema si pone quando l’inflazione raggiunge livelli troppo elevati a causa di fattori patologici che si manifestano nell’economia. Gli shock petroliferi degli anni ’70 e la crisi energetica del 2022 sono esempi emblematici, in cui si è creata una distorsione dell’offerta che ha comportato squilibri di mercato facendo aumentare i prezzi. Quando l’inflazione è molto alta, le Banche centrali devono intervenire duramente per riportarla a livelli normali, attuando una politica monetaria molto restrittiva. Di conseguenza, con meno denaro in circolazione e tassi più alti che strozzano il credito a imprese e famiglie, l’economia tende a contrarsi.

Deflazione elevata

Non è solo l’inflazione che può impattare negativamente sulla crescita economica, ma anche il suo contrario, ovvero la deflazione. Questa riguarda la diminuzione dei prezzi al consumo e non va confusa con la disinflazione, che concerne una minor crescita. La deflazione significa che le persone finiscono di spendere, quindi cala la domanda, le imprese fanno fatica a essere redditizie e tagliano i costi licenziando i lavoratori. Con meno gente che lavora, diminuiscono ulteriormente le spese. Si crea quindi un circolo vizioso nell’economia che può essere deleterio. Il Giappone ha sperimentato la deflazione per un ventennio e ha dovuto faticare molto per uscire dal pantano adottando politiche monetarie ultra-espansive.

Cigni neri

I cigni neri in economia riguardano eventi improvvisi e inattesi che determinano uno shock nell’economia stessa e creano enormi danni finanziari. La storia è costellata di questi avvenimenti e il mondo ha impiegato anni per smaltirne le scorie nocive. Tra gli esempi si possono ricordare: l’interruzione improvvisa delle forniture di petrolio da parte dell’OPEC negli anni ’70 che determinò uno shock durato per tutto il decennio; la crisi delle Tre Tigri in Asia negli anni ’90 dopo una violenta speculazione valutaria; la vicenda Brexit a seguito del voto popolare per fare uscire la Gran Bretagna dall’Unione Europea; e l’avvento del Covid-19 che nel 2020 sconvolse il mondo e mise al tappeto l’economia del pianeta.

Eccessivo indebitamento

L’eccessivo indebitamento pubblico e privato è una di quelle situazioni in un Paese che possono aprire le porte a un disastro economico. Questo perché richiede sempre una crescita sostenuta per compensare l’elevata spesa sostenuta soprattutto in termini di interessi. Il problema si pone quando i rendimenti sul mercato salgono e imprese e Pubblica Amministrazione si ritrovano a pagare oneri più sostenuti per i finanziamenti ottenuti. A quel punto occorre attuare una politica di taglio dei costi, che rischia di impattare negativamente sull’economia.

Bolle speculative

Le bolle speculative rappresentano un’altra causa che rischia di avere effetti deflagranti sull’economia, soprattutto se determinate da un elevato indebitamento. La grande crisi del 2008 è scaturita da una gigantesca bolla immobiliare, innescata dai mutui subprime. Anche la bolla immobiliare degli anni ’80 ha poi portato a una recessione. Questi fenomeni si caratterizzano per il fatto che si perde il controllo della situazione, prendendo forza da uno status di euforia generale. Spesso però tale euforia non ha fondamenta molto solide e, quando i nodi vengono al pettine, il castello di carta comincia a sbriciolarsi. Il panico che si diffonde nei mercati inasprisce una situazione che a quel punto si fa molto critica.

Innovazione tecnologica

Per quanto l’innovazione tecnologica alla lunga possa portare dei grossi vantaggi per un Paese, nel passaggio dal vecchio al nuovo può presentare problematiche che aprono le porte a una recessione. Ad esempio, alcune professioni rischiano di diventare obsolete e, fino a quando non si attua un ricollocamento, si può attraversare un periodo di disoccupazione che va a colpire diversi strati dell’economia.

 

Recessione: i segnali

Prima che una recessione si materializzi, vi sono dei segnali di mercato che rappresentano delle spie da tenere in debita considerazione. Vediamoli nel dettaglio.

Curva dei rendimenti invertita

In condizioni di normalità, il rendimento dei titoli di Stato a lunga scadenza risulta maggiore rispetto a quello dei bond a breve scadenza. Questo perché gli investitori sono disposti a tenere impegnate le somme per un periodo più lungo se hanno un ritorno maggiore dal loro investimento. Quindi, la curva dei tassi è ascendente, il che riflette anche il fatto che l’economia sta andando bene e nel lungo periodo la Banca centrale alzerà i tassi in segno di stabilità. Se i rendimenti dei titoli a breve scadenza superano quelli delle obbligazioni a lunga scadenza, la curva si inverte e lancia il segnale che la Banca centrale nel lungo termine abbasserà il costo del denaro per rilanciare un’economia sofferente. In questo contesto, gli investitori chiedono un rendimento maggiore nel breve periodo vista le attese recessive.

Fiducia dei consumatori in calo

Un’economia si regge sulla spesa dei consumatori. Quando quest’ultima cresce, vuol dire che l’economia si sta sviluppando ed è fiorente. Viceversa, le attività produttive si preparano a un periodo depressivo. I sondaggi che indicano la fiducia dei consumatori sono molto importanti, perché riflettono le intenzioni di spesa nel prossimo futuro.

Tasso di disoccupazione in aumento

L’aumento del tasso di disoccupazione è sempre allarmante in un Paese, perché riduce le potenzialità di spesa delle persone. Meno gente che lavora significa un reddito a disposizione per gli acquisti che si comprime, con il risultato che l’economia arriverà a produrre di meno.

Cali nel mercato azionario

Quando gli investitori acquistano azioni vuol dire che credono nella capacità delle aziende di produrre utili. Se ciò non avviene, le aspettative saranno di risultati aziendali negativi o comunque più bassi, il che può essere sintomatico di una recessione che sta arrivando.

 

Recessione: chi la stabilisce

La definizione di una recessione è abbastanza chiara, ma chi stabilisce in realtà se un Paese è caduto realmente in recessione? Nelle varie regioni vi sono organi preposti che ne certificano lo status economico. Ad esempio, negli Stati Uniti è il National Bureau of Economic Research (NBER) che esercita tale funzione. L’organo di statistica economica mette insieme vari fattori che nel tempo si sono adeguati alle circostanze. Oggi il NBER considera in particolare i livelli di disoccupazione, la dinamica della produzione industriale e l’andamento delle vendite dei beni sul mercato come parametri fondamentali.

NBER definisce una recessione come il periodo tra un picco di attività economica e il suo successivo punto minimo. L’analisi di NBER per sancire se l’economia USA sia effettivamente in contrazione si basa su tre attributi chiave: la profondità, la diffusione e la durata di un rallentamento dell’attività commerciale. In genere l’economia statunitense entra ufficialmente in recessione solo alcuni mesi dopo che questa è effettivamente iniziata. Durante la Grande Recessione, ad esempio, NBER aveva accertato la recessione nel dicembre 2007, ma il comitato non espresse l’annuncio ufficiale fino al 1° dicembre 2008. In Italia, una funzione simile a quella esercita dal NBER in USA viene svolta dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), mentre in Europa dall’Eurostat.

 

Recessione: come se ne esce

Per uscire da una recessione le soluzioni possono essere diverse, sebbene ognuna debba essere calibrata alle condizioni specifiche di un Paese e al contesto storico. Alcuni economisti propendono per l’espansionismo monetario e fiscale, attraverso l’abbassamento dei tassi d’interesse e delle tasse. In questo modo, verrebbero stimolati gli investimenti e i consumi, rilanciando la domanda aggregata e favorendo quindi la ripresa economica. Altri ritengono che la maniera migliore per uscire da una situazione di decrescita economica sia quella di aumentare la spesa pubblica. Queste soluzioni si scontrano con il fatto che in tal modo si incrementa l’indebitamento di un Paese, che a volte è esso stesso causa di recessione.

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