Nel 2023, con un’inflazione che a settembre 2022 è aumentata dell’8,9% su base annua e costerà 56,7 miliardi di euro alle famiglie (in media +2.181 euro annui a famiglia “tipo”, secondo Assoutenti), ci sarà un aumento delle pensioni? È la domanda che si stanno facendo quasi 18 milioni di italiani che ricevono un trattamento pensionistico dall’INPS. Per sapere come e quanto aumenteranno i trattamenti previdenziali, bisogna attendere il mese di novembre, quando verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ne indica le modalità. Nel frattempo, ecco una panoramica generale per capire come varia l’importo delle pensioni nel tempo e in quale modo vengono stabiliti gli adeguamenti annuali.
L’indice ISTAT e la perequazione
L’obiettivo del legislatore e della previdenza pubblica è proteggere il potere d’acquisto del trattamento previdenziale e tutelare i pensionati, garantendo loro un tenore di vita costante nel tempo. L’aumento delle pensioni collegato all’inflazione prende il nome di perequazione ed è una rivalutazione che viene riconosciuta a determinate condizioni.
Il riferimento di base è l’aumento del costo della vita come indicato dall’ISTAT (l’Istituto nazionale di statistica) nell’Indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. La perequazione avviene su tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, che siano pensioni dirette (di vecchiaia, anticipata, di invalidità) oppure indirette (ai superstiti, di reversibilità) e al minimo o meno.
L’adeguamento annuale delle pensioni INPS
Di norma la rivalutazione delle pensioni è piena per i trattamenti più bassi e parziale per quelli che hanno un importo più alto. Dal 1° gennaio 1999, secondo quanto stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, la perequazione è cumulativa: il riferimento a cui sottoporre l’adeguamento è il reddito complessivo del pensionato che deriva dal cumulo dei trattamenti erogati dall’INPS nel Casellario delle pensioni.
Nel corso degli ultimi vent’anni, soprattutto in seguito alla riforma Fornero e ai tagli alla spesa pubblica che hanno puntato a forti risparmi di sistema, la rivalutazione delle pensioni è passata attraverso vari cambiamenti introdotti dalle modifiche di legge. Le pensioni del ceto medio sono state quelle particolarmente colpite da questa spending review, tanto che la Corte Suprema e la Cassazione sono spesso intervenute con pronunciamenti specifici sulla materia.
Come funziona la rivalutazione delle pensioni
Dal 1° gennaio 2022
, il criterio di rivalutazione è quello della progressività per scaglioni d’importo (e non per l’importo complessivo), come definito dall’articolo 1, comma 478, della legge n. 160 del 27 dicembre 2019. Il meccanismo di calcolo è il seguente:
- 100% dell’inflazione (misura piena) per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS;
- 90% dell’inflazione per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo;
- 75% dell’inflazione per le pensioni superiori a cinque volte il trattamento minimo.
A queste fasce di rivalutazione occorre applicare il tasso di inflazione annua. Il tasso effettivo di rivalutazione corrisposto in pensione è quindi il risultato della moltiplicazione del tasso di inflazione per le fasce di rivalutazione. Nel 2022 gli aumenti sono stati stimati dell'1,7% rispetto all'anno precedente (facendo crescere anche le minime e gli assegni sociali), ma l'INPS ha usato l'indice di perequazione disponibile al 15 ottobre 2021, pari all'1,6%, e quindi inferiore di 0,1 punti percentuali al previsto 1,7% comunicato a novembre dal MEF. Le pensioni sono dunque risultate leggermente inferiori al dovuto. Nel primo trimestre dell'anno, l'Istituto ha poi ricalcolato gli importi spettanti procedendo ai conguagli.
Considerando un trattamento minimo di 524,34 euro nel 2022 (nel 2021 era di 515,58 euro), in media le pensioni fino a quattro volte il minimo sarebbero dovute arrivate a 2.063,32 euro (+1,7%); quelle comprese tra quattro e cinque volte il minimo da 2.063,32 a 2.577,90 euro (+1,53%: il 90% dell'1,7%); i trattamenti superiori a cinque volte il minimo del +1,275%, il 75% dell'1,7%.
Quando vengono aumentate le pensioni?
L'applicazione della rivalutazione avviene all'inizio di ogni anno in via provvisoria rispetto all'inflazione dell'anno uscente e in via definitiva rispetto a quella dell'anno precedente sulla base dei valori indicati in un decreto del MEF che viene adottato a metà novembre.
Al termine dell'anno stesso, l'indice di variazione provvisorio viene sostituito dall'indice definitivo. È sulla base di quest'ultimo che si effettua il conguaglio che appiana le eventuali divergenze tra la stima iniziale (provvisoria) e il valore effettivo riscontrato (definitivo). Il conguaglio è positivo se la variazione definitiva è superiore a quella previsionale (la differenza è aggiunta alla pensione); negativo se la variazione definitiva è inferiore a quella previsionale (la differenza è sottratta alla pensione); nullo se la variazione definitiva è uguale a quella previsionale e in tal caso non si applicano conguagli.
Dagli importi delle pensioni del mese di gennaio 2023 si capirà se ci sarà un conguaglio positivo relativo al 2022 e un aumento rispetto all'indice previsionale stimato.