Nel 2022, stando ai dati elaborati dal Sole 24 Ore, in Italia si contano il 20% delle famiglie residenti in affitto, 150.000 sfratti eseguibili (di cui il 90% per morosità) e 37.000 convalide di sfratto. Numeri particolarmente alti che certificano un’emergenza nel diritto all’abitare, ancor di più se si considera che le case inutilizzate ammontano a 7 milioni, il 25% dell’intero patrimonio di appartamenti. Ma nel mercato immobiliare, cosa si intende di preciso quando si parla di sfratto per morosità?
Sfratto per morosità: cos’è e come funziona
Lo sfratto per morosità è disciplinato dall’articolo 658 del codice di procedura civile, per cui “il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell’articolo precedente (ovvero se risulta moroso, nda) anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti”. Quindi lo sfratto per morosità è quella procedura speciale che permette al proprietario locatore dell’immobile (anche all’erede, il legatario o il comproprietario del bene) di ottenere in tempi brevi, in caso di mancato pagamento dell’affitto e degli oneri accessori da parte dell’inquilino, il rilascio della casa o dell’appartamento.
Dopo il primo passo di una diffida di sollecito inviata con raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC, per intimare lo sfratto per morosità il proprietario deve esibire in giudizio il regolare contratto d’affitto scritto e registrato all’Agenzia delle Entrate e la prova del mancato pagamento del canone di locazione ad almeno 20 giorni dalla scadenza prevista o delle quote condominiali a due mesi dalla richiesta di saldo. Sta all’affittuario l’onere della prova, cioè dimostrare di aver regolarmente pagato o regolarizzato la sua posizione oppure giustificare le ragioni per il mancato pagamento del corrispettivo. Come specificato dall’articolo 658, il locatore può anche decidere di richiedere la condanna al pagamento degli affitti scaduti e di quelli in scadenza fino all’esecuzione dello sfratto.
Anche dopo una sola mensilità d’affitto o due rate delle spese condominiali non versate, il padrone di casa può procedere alla richiesta di sfratto. A protocollo attivato, l’inquilino moroso riceve una citazione a comparire davanti al Tribunale di competenza entro un limite di tempo prestabilito e non inferiore ai 20 giorni dalla consegna dell’atto. Il provvedimento esecutivo è l’ordinanza con cui si convalida lo sfratto e si chiude il contratto di locazione. È il giudice a stabilire il termine specifico entro il quale l’affittuario deve lasciare l’abitazione occupata. Altrimenti, sempre quando l’immobile è stato affittato per uso abitativo, c’è la possibilità di chiedere il termine di grazia: una proroga di 90 giorni per pagare il debito accumulato. Se la morosità viene sanata in tempo, lo sfratto diventa nullo; in caso contrario, l’inquilino ha ulteriori 30 giorni per abbandonare l’alloggio.
Passato un mese, se il locatario insolvente non ha ancora lasciato l’immobile, l’azione esecutiva prevede l’invio di un ufficiale giudiziario che procede con lo sgombero forzoso e il cambio della serratura. Ma riprendersi la proprietà e recuperare il credito non avviene sempre e in ogni caso. Lo sfratto per morosità non si può chiedere e attivare, anche se l’inquilino non paga più l’affitto, in presenza di minori. Una famiglia con figli minorenni che non versa regolarmente l’affitto può essere sfrattata, ma il locatore è tenuto a tutelare l’integrità fisica e morale dei bambini. Il legislatore richiede che venga garantito ai minori un alloggio adatto alle loro esigenze. Le altre tre eccezioni allo sfratto sono la morosità incolpevole (ad esempio quando l’inquilino è stato licenziato, è in cassa integrazione o è malato ed è comprovata la sua diminuita capacità reddituale), i gravi imprevisti oppure le calamità naturali. In questi casi, il giudice può bloccare la procedura e prorogare i termini del rilascio.
Sfratto per morosità, cosa cambia con la riforma Cartabia
La cosiddetta riforma Cartabia, ovvero il decreto legislativo n. 149 del 10 ottobre 2022 per l’efficienza del processo civile entrato in vigore il 28 febbraio 2023, ha introdotto alcune novità sullo sfratto per morosità. L’obiettivo del legislatore è garantire una maggiore tutela nell’interesse dei diritti delle parti e velocizzare i tempi della risoluzione della procedura. Innanzitutto, l’atto di citazione che il locatore presenta all’affittuario deve obbligatoriamente contenere:
- il termine di morosità;
- l’invito a liberare l’immobile;
- l’avvertimento di rilascio forzato in caso di mancato adempimento.
In secondo luogo, l’atto di citazione deve essere notificato con un deposito presso l’ufficio postale per rendere chiara e rapida la comunicazione tra le parti. In aggiunta, è modificato l’articolo 663 del codice di procedura civile sulla mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato. Se il moroso con intimazione di sfratto non si presenta all’udienza oppure non si oppone alla procedura, il giudice ha facoltà di convalidare la licenza oppure lo sfratto tramite un’ordinanza esecutiva. Con la modifica della riforma Cartabia, “la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste” e “in tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione”.
La riforma, infine, sveltisce l’iter della pratica permettendo di emettere il decreto anche in presenza di contestazioni infondate da parte del debitore. Il locatore può notificare l’atto pure tramite PEC o altri mezzi digitali. A sua difesa, l’inquilino moroso che solleva una contestazione, in attesa della pronuncia del giudice sulla validità dell’opposizione, può richiedere la sospensione del decreto ingiuntivo.