Tra le varie tipologie di obbligazioni che è possibile riscontrare nel mercato ne esiste una molto particolare, che comporta determinati obblighi per gli investitori, ovvero il bond convertendo. Entriamo nel dettaglio con una guida che illustra quali sono le principali caratteristiche di questo titolo a reddito fisso, il motivo per cui si emette e i vantaggi dalla struttura che ne deriva.
Bond convertendo: caratteristiche e funzionamento
Il bond convertendo è uno strumento finanziario che conserva tutte le caratteristiche tipiche di un’obbligazione, ma che deve essere obbligatoriamente convertito in azione della società emittente alla fine del suo ciclo di vita. Quindi il compratore si vedrà trasformare il capitale di debito in capitale di rischio. È questo l’unico aspetto che sostanzialmente distingue il bond convertendo da un’obbligazione normale, ovvero ciò che succede nella fase finale dello strumento finanziario. Per il resto, tutto procede come per il bond classico, con le seguenti caratteristiche intrinseche al prodotto:
- valore nominale, ossia l’importo che l’investitore otterrà alla scadenza del titolo come rimborso del denaro impiegato;
- cedola, ovvero l’interesse che l’obbligazionista incasserà periodicamente con la detenzione del bond;
- scadenza, cioè la data in cui l’investitore verrà ripagato che può essere a breve, a medio o lungo termine;
- emittente, ergo l’ente pubblico o privato che si impegna nei confronti dell’investitore a rimborsare il bond alla scadenza e a corrispondere gli interessi periodici.
La differenza rispetto al bond convertibile invece sta nel fatto che nel bond convertendo esiste un obbligo e non una facoltà di effettuare la conversione. Quindi, il valore del bond convertendo, una volta effettuata la trasformazione, dipenderà dall’andamento del titolo di rischio sul mercato. Nel caso in cui il numero di azioni ottenuto avrà un controvalore maggiore rispetto a quello dell’obbligazione si parlerà di bond convertendo fruttuoso, altrimenti saremo di fronte a un bond perdente.
La durata del bond convertendo solitamente non supera i tre anni, un tempo sufficiente affinché all’interno di un’azienda possano cambiare molte cose che influenzano il valore delle azioni alla fine del periodo. C’è da dire che, per evitare la conversione, il bond convertendo può essere negoziato sul mercato prima della scadenza, il che comunque espone sempre il titolo alle condizioni di mercato.
Bond convertendo: chi sono gli emittenti e perché viene emesso
Mentre i compratori dei bond convertendo possono essere privati cittadini o società pubbliche e private, gli emittenti devono necessariamente essere delle persone giuridiche, che dovranno rispettare determinati requisiti stabiliti dalla legge. Questa prevede che le obbligazioni possono essere emesse da: società per azioni, società in accomandita per azioni, alcuni tipi di società cooperative, banche ed enti del settore pubblico. Le società di persone non possono emettere obbligazioni.
L’art. 2412 del codice civile stabilisce che i bond possono essere al portatore o nominativi per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Solitamente i bond convertendo vengono emessi da società che hanno delle difficoltà economiche o quantomeno il cui andamento non è molto regolare.
Vantaggi e svantaggi
Con il bond convertendo, l’investitore ha sicuramente il vantaggio derivante dal fatto che il rischio di rimborso del capitale viene di fatto annullato poiché il titolo alla scadenza si trasforma in azioni e quindi l’acquirente diventa socio dell’azienda. Tuttavia, il rischio è che il valore di mercato delle azioni in data di conversione risulti inferiore rispetto all’importo che avrebbe dovuto essere rimborsato. Ciò avviene particolarmente allorché l’emittente naviga in cattive acque e il mercato penalizza il titolo in Borsa.
In definitiva, conviene comprare un bond convertendo? La risposta sta nelle aspettative di un investitore e della sua propensione al rischio, tenuto conto che, proprio in virtù di una maggiore incertezza alla scadenza, molte volte gli interessi periodici sono allettanti ma nascondono sorprese non proprio gradevoli in sede di conversione.
Bond convertendo: alcuni esempi storici
Una della prime aziende in Italia a emettere bond convertendo è stata l’allora Fiat Chrysler nel 2014. L’azienda che poi è diventata Stellantis a seguito della fusione con Peugeot lanciò un bond alla pari, ossia il cui valore di rimborso corrispondeva esattamente a quello di emissione. La data in cui sarebbe avvenuta la conversione automatica in azioni era dicembre 2016 e la cedola periodica aveva un tasso di interesse del 7,875%.
Un altro caso è stato quello di Telecom Italia nel 2016, che ha emesso un titolo con una scadenza triennale e un prezzo di conversione risultato poi positivo. In altre circostanze, le azioni della compagnia telefonica derivate dai bond convertendo hanno avuto un andamento altalenante, anche per via della concorrenza delle altre compagnie.
Una situazione molto particolare si è avuta con BPM, che nel periodo 2009-2013 aveva lanciato molti bond di questo tipo, a un tasso del 6,75%. Nel 2012 però scoppiò un’inchiesta giudiziaria sui vertici della banca che si riferiva a una perdita del 70% degli investimenti nei bond convertendo. Questo ha determinato una battuta d’arresto nell’emissione di questi strumenti finanziari, sebbene non siano state rilevate responsabilità penali nel management dell’istituto di credito.