Il governo britannico si prepara a far fronte ad uno scenario preoccupante nel caso il Regno Unito in autunno dovesse lasciare l’Unione europea senza alcun accordo. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al fatto che quasi 1/3 del cibo consumato in Gran Bretagna arriva dai paesi dell’Unione Europea.
A spaventare – sottolinea la Coldiretti – sono gli effetti degli eventuali i dazi e dei ritardi doganali che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea.
La Gran Bretagna – sottolinea la Coldiretti – produce appena la metà del cibo che consuma ed è costretta pertanto a ricorrere alle importazioni dall’Unione Europea (30%), dalle Americhe (8%), dall’Africa (4%), dall’Asia (4%), da altri paesi del mondo.
L’Italia – continua la Coldiretti – ha importanti relazioni con la Gran Bretagna nell’agroalimentare con forniture che nel 2018 hanno raggiunto i 3,4 miliardi di. Dopo il vino che complessivamente fattura sul mercato inglese quasi 827 milioni di euro, spinto dal boom del Prosecco Dop con 348 milioni di euro, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è l’ortofrutta fresca e trasformata come i derivati del pomodoro con 234 milioni. Rilevante – prosegue la Coldiretti – è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per un valore attorno ai 85 milioni di euro.
Senza accordo il problema riguarda anche la tutela giuridica dei marchi con le esportazioni italiane di prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare made in Italy. Dunque senza protezione europea rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.