L’Italia, almeno per il momento, dice no alla carne coltivata. Il governo Meloni ha approvato un decreto legge che vieta di “impiegare, vendere, importare, esportare, distribuire alimenti o mangimi costituiti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati”. Lo stop alla carne “sintetica” (che tale non è perché appunto coltivata in laboratorio) potrebbe essere ribaltato dal parere dell’EFSA: se l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ad oggi la definisce “una soluzione promettente e innovativa” ma “da valutare a fondo” per impatto ambientale e sicurezza, dovesse approvarne la produzione e la distribuzione negli Stati membri, l’Italia non potrebbe opporsi. Ma attualmente quali sono i Paesi che hanno già avviato la commercializzazione della cosiddetta meat grown?
Singapore è l’hub mondiale della carne coltivata
L’idea della carne “pulita” è nata per contrastare l’allevamento intensivo di animali, l’impiego massiccio d’acqua nei pascoli e l’emissione del 17% di gas serra del pianeta prodotto dal settore. Mentre la ricerca va avanti per verificare gli effetti sulla salute umana ed abbattere gli elevati costi di produzione, alcune nazioni stanno già facendo passi da gigante. È il caso di Singapore, il primo e unico Paese al mondo ad aver autorizzato la vendita al dettaglio della carne di laboratorio. Nel 2020 la città-stato del Sud-est asiatico ha approvato l’introduzione sul mercato di alimenti a base vegetale prodotti da Eat Just (da non confondere con Just Eat), una startup di San Francisco che collabora con biologi computazionali di Stanford, ingegneri alimentari di Kraft e Campbell’s e chef stellati per realizzare i cibi del futuro senza macellazione di animali.
Eat Just commercializza a Singapore con il marchio Good Meat il suo lab-grown chicken, ovvero un pollo coltivato presentato come “vera carne di alta qualità creata direttamente da cellule animali per un consumo umano sicuro”. Grazie alla joint venture con la sussidiaria Proterra Investment Partners Asia, Eat Just ha investito 100 milioni di dollari e aperto il suo primo stabilimento produttivo sull’isola. Il petto di pollo e i bocconcini sono finiti sugli scaffali dei negozi, nelle case dei consumatori con il delivery di Foodpanda e nel menu del 1880, uno dei club esclusivi e ristoranti più alla moda della metropoli con la cucina raffinata dello chef Colin Buchan.

La Singapore Food Agency include i prodotti Good Meat di Eat Just nei novel food, cioè i nuovi prodotti alimentari a base di proteine alternative. Una guida sul portale della SFA aiuta i consumatori a “scoprire se il tuo hamburger preferito dal supermercato locale è davvero un prodotto proteico alternativo”. Prima di raggiungere i punti vendita, sia la carne coltivata che i cibi a base di alghe, funghi e insetti sono valutati da un gruppo di ricercatori, scienziati, epidemiologi, bioinformatici, nutrizionisti ed esperti per la sicurezza alimentare. Le aziende sono sottoposte a rigorosi test di tossicità, allergenicità ed esposizione al consumo e devono fornire informazioni dettagliate sui materiali utilizzati nei processi di produzione.
L’esempio di Eat Just è stato subito seguito da altre realtà del settore. Stando ai numeri forniti dall’organizzazione no-profit Good Food Institute (GFI) per la regione Asia Pacifico, Singapore è l’hotspot mondiale della plant-based meat industry con 36 aziende produttrici che hanno raccolto complessivamente più di 213 milioni di dollari di finanziamenti. Nella città-stato dell’innovazione e del food-tech sono sorte infrastrutture del settore, startup come la statunitense TiNDLE e l’australiana OmniFoods, 11 compagnie di agricoltura cellulare da Shiok Meats a Gaia Foods e sono arrivati 17 produttori internazionali, tra cui i colossi Beyond Meat e Impossible.
Israele e Stati Uniti verso la vendita di carne coltivata
I prossimi Paesi a seguire Singapore potrebbero essere Israele e Stati Uniti. Israele non ha ancora autorizzato la vendita al dettaglio di carne coltivata, ma è all’avanguardia nella carne prodotta in laboratorio a partire da cellule animali. Dal 2017 è attiva sul mercato Aleph Farms, startup di Rehovot che produce bistecche partendo da cellule di manzo fatte moltiplicare usando una piattaforma di ingegneria dei tessuti 3D. L’azienda è stata creata dall’incubatore The Kitchen di Strauss Group e dall’istituto di tecnologia Technion. Nel consiglio consultivo figura persino Leonardo DiCaprio.
Aleph Farms conta su finanziamenti milionari di Vis Vires New Protein, Cargill e M-Industry, parte del gruppo industriale svizzero Migros. L’ultima frontiera di Aleph, in collaborazione con 3D Bioprinting Solutions, è la meat for space: il programma Aleph Zero sta conducendo esperimenti sulla stazione spaziale per coltivare la sua carne all’interno dei bioreattori. L’assenza di gravità modificherebbe infatti il comportamento delle cellule staminali e la loro crescita. La missione procede a passo spedito e diverse aziende sono vicine a questo tipo di produzione anche in Europa.

Non è da meno SuperMeat, l’azienda di Tel Aviv che con Migros e PHW Group produce carne coltivata da cellule di pollo. SuperMeat vende i suoi prodotti al The Chicken, la sua farm-to-fork facility che presenta in menu esclusivamente burger e pollo fatto crescere in laboratorio e che si appresta a diventare il primo ristorante al mondo esclusivamente di carne coltivata. Future Meat Technologies Ltd. ha addirittura raccolto 43 milioni di dollari da numerosi investitori: la missione di Future Meat è sbarcare negli Stati Uniti per portare i suoi prodotti nei ristoranti entro la fine del prossimo anno. Il problema in Israele è in realtà un altro: la carne coltivata è kosher? Sì, secondo il rabbino capo ashkenazita David Lau, tra le massime autorità religiose dell’ebraismo mondiale. Come ha dichiarato al Time, la bistecca di Aleph Farms può essere considerata pareve (un prodotto vegetale che non contiene né latticini né ingredienti a base di carne) perché non proviene da un animale macellato e non ha sangue.
Quanto agli Stati Uniti, l’agenzia Reuters fa sapere che la Food and Drug Administration potrebbe aprire alla carne coltivata entro la fine del 2023. L’FDA ha già espresso parere positivo per un petto di pollo coltivato dall’azienda californiana UPSIDE Foods, considerato “sicuro per il consumo umano”. UPSIDE ha il suo “mattatoio” (ribattezzata la “Slaughterless House”) a Emeryville, in California, deve ancora superare le ispezioni del Food Safety and Inspection Service del Dipartimento dell’Agricoltura e ottenere l’approvazione dell’agenzia per le sue etichette. L’obiettivo è portare i suoi chicken filet nei ristoranti già nel 2023 per un lancio nei negozi di alimentari entro il 2028.

UPSIDE è una delle tante realtà pronte ad invadere il mercato americano insieme a Good Meat, a Future Meat e all’olandese Mosa Meat. La strada, tuttavia, è in salita: nonostante gli investimenti di società di venture capital e giganti dell’alimentare come JBS SA, Tyson Foods Inc. e Archer-Daniels-Midland Co., i finanziamenti non sono sufficienti per aumentare il processo produttivo su larga scala e quindi vendere questi cibi alternativi ad un prezzo accessibile. Inoltre, sicurezza e sostenibilità sono ancora in dubbio.
Il settore è però in espansione e vive una fase cruciale di test e sperimentazioni. Nonostante i recenti divieti in Italia, dove pure si producono quattro dei migliori dieci burger vegani al mondo, esistono realtà nelle quali si fa una preziosa ricerca. Nei laboratori del CIBio, il Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata dell’Università di Trento, gli scienziati Luciano Conti e Stefano Biressi stanno sperimentando da anni la produzione di carne coltivata. Da quest’esperienza è sorta una startup, la Bruno Cell (il nome è un omaggio a Giordano Bruno), primo caso in Italia di azienda focalizzata interamente sulla carne colturale. Nata dalla collaborazione tra accademici e un investitore privato, Bruno Cell è supportata da Hit Trentino, l’ente della Provincia che valorizza l’innovazione.
Nella vicina Svizzera opera Mirai Foods, una startup di Wädenswil (nel Canton Zurigo) che sta lavorando su bistecche e filetti di manzo con colture cellulari. La tecnologia di Mirai si chiama fibrazione e l’azienda di tend’r steak lancerà il suo marchio “di qualità svizzera” nel corso dell’anno, neanche a dirlo, a Singapore. L’australiana Vow è andata oltre.
Grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori e alla collaborazione con l’agenzia pubblicitaria Wunderman Thompson, l’azienda di carne coltivata di Sydney ha creato una polpetta gigante dalle cellule di un mammut, in particolare dal DNA della mioglobina colmato con geni di elefante africano e cellule di pecora. La presentazione è avvenuta al Nemo, il museo della scienza di Amsterdam: la città dei “pionieri” di Meatable. L’esperimento del mammoth meatball vuole dimostrare il potenziale etico, ambientale e commerciale della carne in vitro senza macellazione di animali. “Abbiamo scelto la carne di mammut lanoso perché è un simbolo dei danni causati dai cambiamenti climatici che hanno fatto estinguere quest’animale: le proteine del passato aprono la strada ai cibi del futuro”, ha spiegato Tim Noakesmith, il CEO e co-fondatore di Vow.
The woolly mammoth is back! 🦣
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This striking statement from Vow & WT aims to start a conversation about how we produce and consume food, & demonstrate the potential of cultured meat to revolutionise the food industry.
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