Ammar Al Khudairy, uno dei maggiori protagonisti del crollo di Credit Suisse, si è dimesso da presidente di Saudi National Bank. Le sue dichiarazioni alla vigilia del default fecero sprofondare il titolo della banca svizzera del 24% in un giorno, creando le condizioni per un intervento di emergenza da parte delle autorità di regolamentazione che poi si è tradotto nella fusione con UBS.
Al Khudairy disse che la SNB non avrebbe più investito nell’istituto di credito con sede a Zurigo, smentendo quanto sostenuto in occasione dell’ultimo aumento di capitale da 4 miliardi di franchi. All’epoca la banca saudita partecipò alla ricapitalizzazione acquistando una quota del 9,88%, ma mise in gioco la possibilità di un ulteriore shopping delle azioni fino a 1,5 miliardi di franchi. Poi la chiusura totale, con l’epilogo di Credit Suisse che è sotto gli occhi di tutti.
Credit Suisse: Finma valuta azioni di responsabilità
Intanto Finma, l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari che aveva ordinato l’annullamento di 16 miliardi di franchi di obbligazioni AT1, sta valutando azioni di responsabilità nei confronti dei vertici di Credit Suisse. “Non siamo un’autorità penale, ma stiamo esaminando la situazione”, ha detto la presidente Marlene Amstad in un’intervista. “L’eventuale avvio di un nuovo procedimento è ancora aperto. Dopo l’acquisizione da parte di UBS, l’attenzione si concentrerà sulla fase di transizione”.
A giudizio del massimo esponente del regolatore svizzero, “all’interno di Credit Suisse c’è stato un problema culturale che si è tramutato in una mancanza di responsabilità”. Al riguardo, la Finma accoglie in maniera favorevole due nuovi strumenti di intervento su cui si sta discutendo in questi giorni. Il primo fa riferimento alle sanzioni pecuniarie, che sono applicate dalla maggior parte delle autorità di vigilanza. Il secondo si basa sul regime del senior manager, concernente appunto la definizione delle responsabilità.
Ad ogni modo, Amstad sottolinea come la Finma sia in grado di prendere delle misure drastiche in molte circostanze, come è avvenuto in passato allorché sono state violate alcune disposizioni legali in tema di vigilanza. “Negli ultimi anni sono stati condotti sei procedimenti in materia di enforcement contro Credit Suisse. Ma, proprio quando prendiamo provvedimenti così drastici, di solito, questi non vengono resi pubblici”, ha osservato Amstad.
Anche Finma è sotto accusa
Nel mirino delle critiche è finita anche la stessa Finma, attaccata dalla politica svizzera di destra e di sinistra. Sotto accusa vi è la gestione dei rischi da parte dell’autorità di vigilanza, dal momento che non è stata capace di vedere arrivare la crisi o ancora peggio di averla vista arrivare senza informare a sufficienza il Dipartimento Federale delle Finanze. Di fronte alle aggressioni verbali, Finma si è difesa precisando che la situazione si è deteriorata nella seconda metà della settimana cruciale che ha portato al default di Credit Suisse.
Un altro punto che viene posto all’attenzione da parte di alcuni esponenti politici come l’ex consigliere federal UDC Christoph Blocher, riguarda la dimensione che assumerà a livello sistemico la futura grande banca nata dalla fusione. “Mi auguro che le autorità della concorrenza procedano alla sua divisione, perché i rischi sono troppo grandi”, ha affermato Blocher. Alcuni parlano anche di spin-off delle attività svizzere di Credit Suisse. Il Ministro delle Finanze Karin Keller-Sutter però ha messo in guardia da procedure premature. “La priorità è al momento la stabilizzazione della situazione”, ha dichiarato.