Output gap: cos'è e come funziona - Borsa&Finanza

Output gap: cos’è e come funziona

Output gap: cos'è e come funziona

Il concetto dell’output gap è stato preso molto a riferimento in Europa nelle discussioni sulla flessibilità di bilancio dei membri che compongono il gruppo dei 27. Attraverso di esso, infatti, è possibile avere una stima dello stato di salute di un Paese. Non sono pochi coloro che soffrono per disparate ragioni dell’ouput gap, che a volte ha creato problemi nel rapporto con gli altri. L’Italia ad esempio è uno di questi. Ma cos’è, come si calcola e perché è importante l’output gap? Vediamo di seguito una guida che illustra nei dettagli tutto ciò che serve sapere sull’argomento.

 

Output gap: definizione e calcolo

L’output gap è la differenza tra il PIL effettivo e il PIL potenziale di un Paese. Il primo riguarda in sostanza la produzione che un’economia ha raggiunto in un certo lasso di tempo, mentre il secondo esprime quella che potrebbe raggiungere senza generare inflazione. Il calcolo viene effettuato ogni anno da istituzioni sovranazionali come la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e tiene conto di tutta una serie di elementi come: la produttività, gli investimenti, la popolazione in età lavorativa, il tasso di partecipazione al lavoro e la media delle ore lavorate. Prendendo E il PIL effettivo e P quello potenziale, la formula in termini percentuali risulta la seguente:

 

  {\displaystyle {E-P} \over {P}}

 

Bisogna sempre tenere conto che l’output gap non è un valore scientifico, ma si basa su una stima, che può differire a seconda dell’istituto che la elabora. Ad esempio la Commissione Europea effettua una stima basata sulla funzione di produzione. Tale misura spesso differisce da quelle dell’FMI o dell’OCSE, che risultano “maggiormente pro-cicliche e instabili nel tempo”.

Se l’output gap è positivo (inflationary gap) – ossia il PIL effettivo è superiore rispetto a quello potenziale – l’economia si trova in un ciclo favorevole, con l’aumento della domanda e le aziende che accrescono la produzione e le assunzioni. Questo implica però una crescita dell’inflazione e dei salari, il che porta l’economia a surriscaldarsi. In questa circostanza, la politica monetaria tende a limitare la circolazione di moneta e ad alzare i tassi d’interesse, mentre quella fiscale alza le tasse e taglia la spesa pubblica.

Nel caso in cui l’output gap è negativo (recessionary gap), vuole dire che non si sfruttano le potenzialità della crescita, quindi l’economia non sta funzionando come potrebbe. Le imprese a quel punto producono di meno e riducono la forza lavoro. In questa situazione, le politiche monetarie e fiscali diventano espansive per rilanciare l’economia, evitando che scivoli in recessione.

 

Output gap: la sua utilità

L’output gap è una misura che anticipa quello che sarà l’andamento di un’economia. In altre parole, definisce se un Paese si sta avvicinando o meno a una crisi e quindi mette in condizioni le Banche centrali e i governi di intervenire per tempo per evitare il peggio delle distorsioni economiche. Tra l’altro, serve molto a settori sensibili ai tassi d’interesse come quello immobiliare e finanziario per dare una proiezione su dove tali tassi andranno nel prossimo futuro. Tuttavia, l’indicatore non tiene conto degli elementi che andranno a incidere su un eventuale calo della produzione, tipo il personale meno produttivo, l’assenza di competenze e qualifiche, i vincoli alla catena di approvvigionamento, l’assenza dei materiali di produzione, ecc.

 

Le 4 fasi del ciclo economico 

Secondo la prevalente teoria economica, il ciclo di un’economia è composto da 4 fasi:

 

  • l’espansione, in cui l’economia cresce sospinta dalla fiducia e dall’entusiasmo che porta alla crescita della domanda, della produzione e dei posti di lavoro;
  • il rallentamento, dettato da una situazione di saturazione del mercato e spesso a seguito di politiche monetarie e fiscali restrittive che mirano a raffreddare l’economia;
  • la recessione, quando cresce lo sconforto e la sfiducia, in cui i consumatori non spendono, la imprese non investono e non producono, e quindi l’economia si contrae;
  • la ripresa, che implica un risveglio dell’economia dai bassifondi, stimolata magari da politiche monetarie e fiscali di stimolo.

 

Nelle fasi di espansione e ripresa, l’output gap tende a essere positivo, mentre nei periodi di rallentamento e recessione tende ad assumere valori negativi. Sul fronte degli investimenti: con output positivo le asset class più gettonate solitamente risultano essere le azioni – con particolare riguardo per i settori ciclici – e le materie prime; con output negativo invece di norma si preferiscono la liquidità, le obbligazioni e le azioni dei settori difensivi.

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