Redditi finanziari: ecco cosa prevede la riforma fiscale - Borsa&Finanza

Redditi finanziari: ecco cosa prevede la riforma fiscale

Redditi finanziari: ecco cosa prevede la bozza di riforma fiscale

Una rivoluzione in vista in materia fiscale per gli investimenti finanziari. Questo almeno stando alla bozza di delega fiscale all’esame del Consiglio dei ministri giovedì 16 marzo. Quella del Governo Meloni non è una novità assoluta di riforma e superamento della distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, se ne parlava da diversi mesi. Ora, però, alle parole sono pronti i fatti. Ad ora, nella prima categoria, rientrano interessi e dividendi, nella seconda i capital gain. E l’appartenenza a categorie diverse comporta, in linea di massima, la mancata applicazione dell’istituto della compensazione fiscale dei guadagli conseguiti nell’una categoria con le perdite conseguite nell’altra. (QUI la lista dei redditi considerati da capitale e quelli diversi).

Con la “confusione” delle due categorie in un’unica tipologia di redditi di natura finanziaria viene definitivamente superato questo impasse: la tassazione colpirà il risultato netto delle operazioni finanziarie realizzate nell’anno d’imposta, dato dalla differenza tra le voci finanziarie positive e quelle negative conseguite per cassa (nel pieno rispetto, finalmente, del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Costituzione).

Nel caso di risultato netto negativo, viene confermato il meccanismo del riporto delle minusvalenze nei quattro anni successivi. Nel caso invece di risultato netto positivo, questo viene invece assoggettato ad imposta sostitutiva, con aliquota non ancora definita e, molto probabilmente, anche differenziata: al momento, infatti, trova conferma solamente l’attuale regime di favore al 12,5% per i titoli di Stato.

 

 

Regimi fiscali

Restano fermi i regimi fiscali finora in essere, vale a dire:

 

  • il regime dichiarativo
  • il regime amministrato (opzionale)
  • il regime del risparmio gestito (opzionale)

 

Quest’ultimo, infatti, resta nonostante l’introduzione del principio di cassa faccia venir meno il riferimento al “risultato netto maturato” (in ossequio all’allora riforma Visco che prescindeva dall’effettivo realizzo) in favore del “risultato netto effettivamente realizzato”. Cosicché il contribuente, in assenza di espressa opzione all’intermediario/gestore, sarà tenuto all’inserimento dei redditi finanziari in Dichiarazione, per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva. Gli intermediari, da parte loro, anche in assenza di opzione per il regime amministrato o gestito, saranno comunque obbligati alla comunicazione, all’Agenzia delle Entrate, di tutte le operazioni finanziarie intervenute per conto dei loro clienti.

 

 

I punti della riforma

Ricapitolando, i punti salienti della riforma dei redditi di natura finanziaria sono:

 

  • Individuazione di un’unica categoria reddituale (in sostituzione delle due attuali: redditi di capitali e redditi diversi);
  • Principio di cassa anche nel risparmio gestito;
  • Compensazione, in ogni caso, con le minusvalenze;
  • Riporto di queste ultime, in caso di incapienza, nei quattro anni successivi;
  • Conferma, mutatis mutandis, dei regimi fiscali attualmente in essere (regime dichiarativo, amministrato, gestito).

 

 

Un esempio pratico

Vediamo ora un esempio pratico, seguendo le due strade: quella prevista dalla riforma e quella basata sull’attuale legislazione.

 

Nell’anno d’imposta X Tizio ha “incassato”, nell’ordine:

  • Cedole lorde da obbligazioni per € 500
  • Dividendi lordi per € 200
  • Minusvalenze obbligazionarie per € 1.500
  • Plusvalenze azionarie lorde per € 1.000
  • Minusvalenza da Fondo Comune di Investimento Alfa per € 300
  • Plusvalenza da Fondo Comune d’Investimento Beta per € 800

 

Nel suo zainetto fiscale, inoltre, sono presenti Minusvalenze pregresse (degli ultimi quattro anni) per € 900. Ha inoltre optato per il regime amministrato.

 

 

Ipotesi 1 (a legislazione riformata)

Qualora venisse confermato l’impianto della Riforma sopra illustrata, NON vi sarebbe alcun imponibile da assoggettare a tassazione in quanto il risultato netto delle operazioni finanziarie realizzate, sarebbe negativo; infatti il totale delle voci finanziarie attive è inferiore a quello delle voci passive:

 

Operazioni finanziare attive: € 500 + € 200 + € 1.000 + € 800 = € 2.500

Operazioni finanziarie passive (incluse Minusvalenze pregresse): € 900 + € 1.500 + € 300 = € 2.700

 

Nell’esempio sopra ipotizzato, pertanto, NON vi sarebbe alcuna tassazione; di contro vi sarebbe il recupero integrale del credito fiscale pregresso e la generazione di un nuovo credito (minusvalenza), pari ad € 200, riportabile nei successivi quattro anni.

 

 

Ipotesi 2 (a legislazione vigente)

Con la legislazione attuale, invece, tutto ciò non è possibile in quanto:

 

  • Le plusvalenze da Fondi comuni rientrano nei redditi di capitali;
  • Le minusvalenze da Fondi comuni rientrano invece nei redditi diversi (di natura finanziaria);
  • Le cedole ed i dividendi rientrano nei redditi di capitale;
  • Le plusvalenze/minusvalenze azionarie/obbligazionarie rientrano nei redditi diversi

 

Ne consegue pertanto che le minusvalenze (pregresse ed attuali) possono essere portate in deduzione dei soli redditi diversi e pertanto, con riferimento a tale categoria di reddito, si avrebbe:

 

Plusvalenze: € 1.000

Minusvalenze (a partire dalle pregresse): € 900 + € 1.500 + € 300 = € 2.700

 

Nel nostro esempio, tenuto conto anche della preventiva formazione delle minusvalenze rispetto alle plusvalenze, NON vi sarebbe tassazione dei redditi diversi;  di contro vi sarebbe la generazione di una nuova cospicua minusvalenza, pari ad € 1.700, da compensare nei quattro anni successivi (a pena di decadenza).

Per quanto riguarda i redditi di capitale, questi invece andranno comunque tassati al 26% senza alcuna possibilità di compensazione con le minusvalenze:

 

Imponibile redditi di capitale: € 500 + € 200 + € 800 = € 1.500

Imposta sostitutiva: € 1.500 * 26%) = € 390

 

In definitiva, possiamo pertanto concludere che quella attuale è una tassazione sicuramente più penalizzante rispetto a quella che si avrebbe con l’auspicata riforma (sempreché restino questi i cardini della stessa).

 

AUTORE

Gianfranco Maritato

Gianfranco Maritato

Laureato in Economia, con tesi in Diritto Tributario, abilitato all’esercizio della professione di Dottore commercialista, è iscritto al Registro dei Revisori Legali. Lavora da oltre 20 anni nella Pubblica Amministrazione in qualità di Funzionario Contabile, approfondendo tematiche fiscali ed amministrative inerenti al proprio Ufficio. Appassionato di Borsa&Finanza fin dai tempi del settimanale cartaceo.

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