Nel mondo finanziario spesso si sente parlare di trust, soprattutto quando l’argomento riguarda la gestione di un grande patrimonio familiare. Di seguito vedremo in cosa consiste questo importante istituto, quali sono le caratteristiche principali e come è il funzionamento.
Trust: definizione e caratteristiche
Il trust è un istituto del sistema giuridico anglosassone basato su un rapporto fiduciario che serve per regolare rapporti giuridici di natura patrimoniale. In sostanza, un soggetto, noto come disponente, affida alcuni beni del proprio patrimonio in gestione dietro compenso a un professionista, denominato trustee, che ne diventa il titolare e li amministra nell’interesse di un terzo soggetto, che è il beneficiario. Con il trust quindi entrano in gioco tre parti distinte:
- il proprietario dei beni che dispone degli stessi;
- il trustee che li gestisce;
- un terzo soggetto che ne beneficia (possono essere anche diversi soggetti).
Perché si materializzi l’istituto, è necessario che il disponente individui i beni, stabilisca le regole e le finalità per la creazione del trust, scelga il trustee e gli trasferisca la titolarità sui beni mediante un contratto scritto. Dal canto suo, il trustee deve accettare la nomina, rispettare le direttive impartite dal disponente, agire nella qualità di titolare e amministrare il patrimonio nell’interesse del beneficiario. Il beneficiario raccoglie i frutti della gestione del trustee.
Trust: quale è il suo scopo
I motivi per cui può essere istituito un trust sono diversi. Uno può riguardare la necessità di proteggere alcuni beni che fanno parte del patrimonio di un soggetto da possibili aggressioni esterne. È il caso ad esempio della separazione del patrimonio aziendale da quello personale dell’imprenditore.
Una seconda ragione fa riferimento alla tutela dei minori o di persone disabili. In tale circostanza, si richiama la gestione professionale di un soggetto esterno che curi nei minimi dettagli il patrimonio di tali persone sottraendolo alla loro disponibilità.
Una terza motivazione allude ai casi di successione, dove l’intento è quello di evitare che gli eredi dilapidino il patrimonio a loro assegnato. Vi sono anche ragioni di natura fiscale per costituire il trust, ma le norme di legge ne vietano la costituzione se l’unico obiettivo è quello di ottenere un risparmio di imposta.
Infine, non è raro trovare casi di trust che coinvolgono istituti di beneficenza.
Trust: normativa italiana
In Italia non vi è una norma che disciplina il trust, sebbene sia stato ratificato dal nostro Paese sulla base della Convenzione dell’Aja nel 1985, entrata in vigore il 1° gennaio 1992. Inoltre, con l’introduzione dell’art. 2645-ter del Codice civile, è reso possibile creare un vincolo di destinazione con riferimento a beni immobili e mobili registrati che sono destinati “alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela per una durata non superiore a 90 anni o per la durata della vita del beneficiario”. Con questa norma non vi è una piena identità con il trust, ma esiste una certa similitudine.
La differenza con il mandato fiduciario
L’istituto del trust è simile al mandato fiduciario e questo può generare confusione. In verità, vi è una differenza ben marcata sotto il profilo della libertà d’azione da parte del soggetto a cui è affidato il patrimonio in gestione. Nel mandato fiduciario il fiduciario deve rispettare rigidamente le disposizioni del fiduciante, al punto che il trasferimento dei beni avviene in via del tutto formale.
Il trustee invece è proprietario a tutti gli effetti, sebbene comunque debba rispettare alcuni vincoli disposti dal soggetto che gli ha affidato la gestione patrimoniale. In altri termini, il trustee ha libertà di azione, nel senso che può alienare, permutare e dare in garanzia i beni che fanno parte del patrimonio in gestione, purché ogni operazione sia condotta nel pieno interesse del beneficiario. Chiaramente non può distruggere i beni o servirsene per uso personale.