I mercati azionari americani avvertono forti preoccupazioni in queste settimane. La correzione dell’S&P 500 del 5% dal picco di settembre della scorsa settimana è stata la più ampia da un anno a questa parte. Bisogna ricorrere ai momenti più bui della pandemia per rivedere certe turbolenze nella Borsa di New York. Gli investitori stanno valutando con molta attenzione tutti i segnali che arrivano dall’esterno e che possono condizionare le quotazioni.
La crisi di Evergrande tiene banco e si sta allargando al di là del settore immobiliare, facendo temere il peggio se la situazione dovesse degenerare. I rendimenti dei titoli di Stato decennali stanno crescendo con una certa rapidità, portandosi al di sopra dell’1,6% e direzionandosi verso i massimi annuali di 1,75% registrati nel mese di marzo. La crisi energetica poi sta mettendo in subbuglio interi settori industriali, che potrebbero veder erodere i profitti con un costo così alto delle materie prime. La paura di una stagflazione, fenomeno combinato di inflazione e recessione, prende sempre più forma e mette in uno stato di allerta le Banche centrali e i Governi, che si trovano in difficoltà nell’utilizzo degli strumenti più consoni per combatterla.
Wall Street: ecco perché le azioni torneranno a crescere
Bastano questi argomenti (ma ve ne sono altri) per gettare scompiglio sui mercati e alterare l’umore degli operatori. Un sondaggio realizzato da Deutsche Bank tra i professionisti della finanza ha mostrato come la gran parte di loro vede un ribasso delle azioni almeno di un altro 5% prima della chiusura del 2021. Segno eloquente che il sentiment non è in questo momento dei migliori.
Gli analisti di Goldman Sachs provano a tranquillizzare gli investitori ritenendo che il mercato azionario tornerà a salire, a mano a mano che emerge come l’inflazione sia solo un fenomeno transitorio. Dello stesso avviso risulta essere JP Morgan, che prevede un’assoluta temporaneità nel ritracciamento del 5% di questi giorni. Anzi, la banca d’affari più grande del mondo è convinta che il calo dei prezzi potrebbe essere una buona occasione per entrare a mercato in questo momento.
La stagflazione non ci sarà quindi per le banche d’affari americane, nonostante il picco dei prezzi al consumo determinato dai costi energetici. Al coro si aggiungono anche gli strategist di UBS Global Walth Management, che in una nota asseriscono come l’energy crunch sicuramente rallenterà la crescita economica, ma non sarà sufficiente per determinare una vera e propria recessione.
USA: Goldman Sachs taglia le previsioni di crescita
Se l’istituto statunitense ritiene che i mercati azionari non debbano preoccuparsi l’inflazione, comunque ha tagliato le stime di crescita degli Stati Uniti per il 2021 e il 2022. In un rapporto pubblicato nella giornata di ieri, gli economisti di Goldman Sachs hanno previsto un PIL del 5,6% per l’anno incorso e del 4% per quello successivo. Le valutazioni sono state abbassate rispetto alle precedenti che davano rispettivamente una crescita del 5,7% e del 4,4%. Le ragioni sono essenzialmente 2. La prima riconducibile alla pandemia, considerata più lunga del previsto e che rallenterebbe la spesa dei consumatori. La seconda riferita alla carenza di offerta dei semiconduttori che non dovrebbe vedere alcun miglioramento fino alla seconda metà del 2022, generando difficoltà nella produzione industriale.