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Banche centrali nel vicolo cieco dell’economia resiliente, cosa faranno?

Banche centrali: la resilienza dell'economia le mette davanti a un vicolo cieco

I dati macroeconomici di Stati Uniti, Cina ed Europa del 2023 stanno mettendo in seria difficoltà le Banche centrali. L’inasprimento della politica monetaria, culminata in un’aggressiva serie di rialzi dei tassi d’interesse, aveva fatto pensare che una recessione fosse alle porte. Si discuteva al massimo su quanto profonda potesse essere, ma in pochi la mettevano in dubbio. Al momento però di contrazione dell’economia globale nemmeno l’ombra.

Alcuni paesi come la Germania stanno in realtà registrando un arretramento. Il PIL tedesco nel quarto trimestre 2022 è sceso dello 0,4%, oltre il doppio rispetto alla flessione dello 0,2% stimata dal consensus. Tuttavia tutti gli altri stanno mostrando una straordinaria resilienza. La Cina è ripartita più veloce di quanto atteso dopo la riapertura, mostrando una crescita del 2,9% nel quarto trimestre a fronte di un’aspettativa a +1,8%, mentre gli USA dispongono di un mercato del lavoro in ottima salute, nonostante la Federal Reserve abbia messo in  campo la politica più restrittiva degli ultimi 40 anni. Tutto ciò in un contesto in cui l’inflazione si mantiene difficile da contrastare e gli alti costi di finanziamento stanno mettendo in difficoltà alcuni settori come quello immobiliare.

 

Le Banche centrali in un vicolo cieco

Il quadro tratteggiato rischia di mettere le Banche centrali di fronte a un vicolo cieco. Gli sforzi fatti finora per raffreddare l’economia nella speranza di abbattere l’inflazione non hanno sortito gli effetti sperati. C’è da dire che soprattutto in Europa la galoppata dei prezzi derivava più da un deficit dell’offerta che da una domanda surriscaldata, il che ha limitato gli effetti di una politica monetaria estremamente restrittiva.

Ad ogni modo, gli istituti centrali si trovano nel terribile dubbio se aumentare i tassi di interesse di riferimento più del previsto per provare a calmare i prezzi, a costo di inferire un colpo letale alla crescita per i prossimi due anni. “La speranza è che qualche altro aumento dei tassi sia sufficiente. In caso contrario, potremmo vedere le Banche centrali aumentare ulteriormente i tassi”, ha detto Madhavi Bokil, economista presso Moody’s Investors Service.

I banchieri centrali stanno vivisezionando il mercato del lavoro, cercando indizi su aumento della disoccupazione, calo delle ore lavorate e rallentamento delle buste paga. È una situazione paradossale, ma tutti questi sono elementi che precedono un possibile calo della domanda e quindi dell’inflazione. Tuttavia, segnali rassicuranti per le Banche centrali non ce ne sono molti.

 

Una recessione ritardata?

Sono molte le domande che gli economisti si stanno ponendo sulle ragioni per cui gli aumenti dei tassi d’interesse non riescono a scuotere a rallentare la domanda. Secondo Carsten Brzeski, capo economista di ING Bank, occorre del tempo prima che l’impatto si faccia sentire: “Ci vogliono semplicemente mesi prima che una politica monetaria più restrittiva si faccia strada nell’economia reale. E lo farà. In altre parole, se la più grande inversione di tendenza della politica monetaria degli ultimi anni non lascia alcun segno sull’economia reale, potremmo anche chiudere tutte le Banche centrali”, ha asserito.

A giudizio degli strateghi di RBC BlueBay Asset Management, i tassi potrebbero dover superare prima una soglia come il 2% per cominciare a fare effetto. “Se così fosse, allora potremmo suggerire che il ciclo di rialzi negli Stati Uniti è iniziato solo sei mesi fa e in Europa è appena iniziato”, hanno affermato. Christian Keller, capo economista di Barclays, ritiene che “per le Banche centrali l’unico messaggio della recente accelerazione della crescita e dell’inflazione può essere che la loro stretta finora non è stata sufficiente”. Quindi “l’attuale rifiuto delle economie di atterrare dovrà finire in recessioni ritardate nel 2024?”.

AUTORE

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Johnny Zotti

Laureato in economia, con specializzazione in finanza. Appassionato di mercati finanziari, svolge la professione di trader dal 2009 investendo su tutti gli strumenti finanziari. Scrive quotidianamente articoli di economia, politica e finanza.

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