C’è da preoccuparsi? È la domanda che oggi si stanno facendo tutti gli investitori e i risparmiatori con riferimento alle banche europee. A far sorgere la domanda è la vigorosa caduta delle azioni bancarie in Borsa, seguita al crack di SVB. Uno dei settori che meglio ha performato negli ultimi mesi, sull’onda del rialzo dei tassi di interesse operato dalle Banche centrali, ora vede profondi segni rossi.
A Piazza Affari, dopo il giro di boa di metà seduta, tutte le azioni dei principali gruppi bancari sono in coda all’indice FTSE Mib con perdite elevate. Si va dal -10% di Bper Banca, Unicredit e Banco Bpm al -7,5% di Banco Bpm, al -9% circa di Banca Mediolanum e Mediobanca. Nemmeno Intesa Sanpaolo si salva con una caduta del 7,5% circa.
Le rassicurazioni degli analisti
Gli analisti finanziari gettano acqua sul fuoco dell’incendio innescato dal crack di SVB negli Stati Uniti. Per ora non sono però riusciti ad arginare le vendite che già venerdì scorso avevano colpito con vigore il settore. Emiliano Carchen, partner di Oliver Wyman per i servizi finanziari non crede che ci siano pericoli per il settore bancario europeo e mette in evidenza le caratteristiche uniche della banca californiana, tra le quali la taglia dei depositi “che li rendeva pressoché esclusi dalle garanzie e più esposti al bank-run”, la concentrazione e tipologia dei depositanti “quasi solo tech player della Silicon Valley”, i requisiti prudenziali meno stringenti di quelli previsti per le banche europee. “Ciò ha reso la profittabilità di SVB liability driven, al contrario delle banche universali e diversificate che sono strutturalmente asset driven” ha concluso Carchen.
Anche secondo Guy de Blonay, investment manager financial Equities di Jupiter AM, i rischi per le banche europee sono contenuti: “Riteniamo che il rischio di ingenti deflussi di depositi e successivi disinvestimenti obbligazionari ed emissioni di capitale sia basso per le banche europee diversificate. Silicon Valley Bank aveva una struttura di bilancio meno diversificata”. “
“Non esistono banche europee con un modello di business simile” aggiunge Filippo Alloatti, responsabile Financial (Credits) di Federated Hermes, secondo il quale “le Banche centrali hanno ampi strumenti per sostenere le istituzioni con liquidità, compresi interi sistemi bancari”. In particolare, secondo Alloatti il problema che ha travolto SVB si è verificato sul fronte dei suoi clienti, in gran parte della Silicon Valley, piuttosto che la sua attività bancaria di base. Spiega lo strategist: “La base di depositi della banca era fortemente concentrata in questi settori e la performance finanziaria della banca era influenzata dalle loro condizioni economiche”.
La Commissione europea nel frattempo ha rassicurato sull’impatto che la vicenda SVB potrebbe avere sulle banche europee, per la presenza limitata di questo istituto di credito in Europa. Un portavoce della Commissione ha dichiarato che l’evoluzione della situazione viene comunque monitorata.
Gli effetti della politica monetaria sulle banche europee
Il sistema bancario europeo ha dato prove di solidità nel recente passato. L’ultima in occasione degli stress test dell’Eba. Tuttavia lo scenario sarà complesso nei prossimi mesi a fronte dei cambiamenti nella politica economica delle Banche centrali. Su questo aspetto, più che sul rischio che si verifichino situazioni simili a quella che ha travolto SVB, si concentrano gli analisti.
De Blonay sottolinea che l’aumento dei tassi e l’inasprimento quantitativo, rimuovendo la liquidità dal sistema finanziario, possono esercitare pressioni sul valore degli asset e sui depositi, alterando le strutture di bilancio e incidendo sul margine di interesse netto. Tuttavia ciò dovrebbe accadere più negli Stati Uniti che in Europa. Come conseguenza il gestore di Jupiter AM continua a preferire le banche europee rispetto a quelle USA, anche per i tassi di interesse ancora favorevoli: “Le revisioni delle stime di consenso rimangono stabilmente positive, il rendimento del capitale e il miglioramento della redditività continua a essere un pilastro fondamentale nella narrazione e, a nostro avviso, anche le valutazioni rimangono interessanti”.
Anche Carchen di Oliver Wyman sottolinea l’impatto delle politiche monetarie delle Banche centrali. Gli istituti finanziari che incontreranno più difficoltà saranno quelli “la cui profittabilità è più esposta agli eventi discontinui che interesseranno il sistema nei prossimi mesi, ad esempio quelle il cui margine di interesse è più dipendente dai titoli/TLTRO o quelle con una maggiore incidenza della raccolta wholesale. Inoltre, ci sono player finanziari il cui modello di business si è formato ed è cresciuto durante il regime di iper-liquidità degli ultimi anni e che dovranno affrontare, per la prima volta, questa nuova fase economica”.
Cosa è successo a SVB
Quanto accaduto alla banca statunitense specializzata in start-up tecnologiche è molto semplice da spiegare. Ed è forse la semplicità dell’accaduto a renderlo preoccupante. La sedicesima banca degli USA e ventesima per importanza secondo la lista di Forbes, con oltre 210 miliardi di dollari di asset, è stata costretta a vendere un portafoglio di investimenti da 21 miliardi di dollari composto principalmente da obbligazioni, per soddisfare le richieste di liquidità dei suoi clienti. Su questo portafoglio, costruito durante gli anni dei tassi a zero, ha realizzato una perdita di 1,8 miliardi di dollari, in precedenza solo potenziale.
Un buco da coprire con un aumento di capitale da 2,25 miliardi il cui annuncio ha però portato al tracollo del titolo, alla sospensione delle contrattazioni e all’intervento di Federal Reserve, Dipartimento del Tesoro ed FDIC per fermare un possibile contagio ad altre banche. A determinare la fuoriuscita di liquidità dai portafogli dei clienti, all’origine delle difficoltà di SVB, è stato lo stesso rialzo dei tassi di interesse che ha falcidiato il valore delle obbligazioni in portafoglio e che ha spinto i clienti a cercare rendimenti superiori altrove piuttosto che negli investimenti di SVB.
Parte del problema è legata al fatto che SVB sia una banca di dimensioni piccole, esentata per tale ragione dagli stringenti requisiti di liquidità di Basilea 3. A sottolinearlo è Alloatti di Federated Hermes: “Le piccole banche come SVB possono evitare di incorporare il mark-to-market negativo sulle obbligazioni in portafoglio al loro CET1 (Common Equity Tier 1), rafforzando artificialmente il proprio capitale di solvibilità. Tuttavia, quando gli asset devono essere venduti per motivi di liquidità, la perdita va direttamente al CET1, determinando una significativa perdita di capitale di solvibilità”.
Insieme a SVB sono finite nei guai anche Signature Bank e Silvergate Bank, sulle quali le stesse authority sono intervenute nel corso del fine settimane per scongiurare un effetto Lehman Brothers. Le autorità hanno dichiarato l’”eccezione di rischio sistemico” e hanno garantito tutti i depositi dei clienti delle tre banche, anche quelli non assicurati. “Inoltre – riprende Alloatti – la Fed ha annunciato il Bank Term Funding Program (BTFP), che offre prestiti fino a un anno, accettando garanzie qualificate alla pari per consentire alle banche di creare liquidità dai loro portafogli obbligazionari senza riconoscere perdite non realizzate”.
