Piove sul bagnato per le banche USA. Dopo il declassamento arrivato per 10 istituti di credito da Moody’s, sopraggiunge una notizia poco lieta per il settore: le perdite realizzate sui prestiti erogati nel secondo trimestre 2023 hanno raggiunto il livello più altro in oltre tre anni. Secondo i dati forniti dalla società di ricerca BankRegData, nel periodo che va da aprile a giugno le banche USA hanno riportato perdite per 18,9 miliardi di dollari nei prestiti contrassegnati come irrecuperabili, segnando un incremento del 17% su base trimestrale e del 75% anno su anno. In pratica, per ogni 100 dollari prestati le aziende di credito hanno lasciato per strada 0,61 dollari. Per vedere questo risultato bisogna tornare indietro nel tempo al secondo trimestre 2020, quando il mondo era in ginocchio a causa della pandemia da Covid-19.
Oltre la metà delle perdite (10,7 miliardi di dollari) deriva dai prestiti con le carte di credito che ammontano a circa 1.000 miliardi di dollari mentre i finanziamenti relativi agli immobili commerciali, che si aggirano intorno ai 1.160 miliardi di dollari, hanno registrato un raddoppio delle perdite a 1,17 miliardi di dollari rispetto al trimestre di marzo. Tra le banche, chi ha subito un passivo maggiore risulta Capital One, che è uno dei maggiori emittenti di carte di credito negli Stati Uniti. Il prestatore ha sostenuto perdite per circa 2,77 miliardi di dollari nel secondo trimestre, su una quantità di prestiti insoluti che ammontava a 11,8 miliardi di dollari.
Banche USA: cosa spiega le perdite del secondo trimestre
Questi risultati arrivano in momento molto difficile per le banche USA, dopo mesi di grande travaglio. A partire da marzo alcuni istituti finanziari importanti sono falliti, mentre la First Republic Bank ha evitato per un soffio il default grazie al salvataggio d’emergenza di JPMorgan Chase. Tutto questo ha scatenato una fuga dai depositi dalle banche, alimentando le perdite degli istituti, costretti a cedere pezzi degli asset in portafoglio per far fronte all’emorragia.
Come accennato inoltre, questa settimana Moody’s ha declassato alcune banche di piccola e media dimensione, mettendone sotto osservazione altre di caratura più elevata. L’agenzia di rating ha citato la maggiore pressione sulla redditività derivante dai tassi d’interesse, che costringe le banche a pagare di più per trattenere la clientela in fuga. Proprio l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve ha innescato un meccanismo disastroso sui mutui a tasso variabile, con le famiglie non più in grado di sostenere la rata aumentata a dismisura e che ha generato le perdite sui prestiti dell’ultimo trimestre.
E ora cosa attendersi?
Nel periodo aprile-giugno le banche hanno accantonato ulteriori 21,5 miliardi di dollari per coprire le eventuali perdite future. La cifra è la più alta da metà 2020 e la terza più elevata dell’ultimo decennio, il che implica che le società finanziarie si aspettano una dimensione delle perdite in aumento.
Secondo Gerard Cassidy, analista bancario di RBC, le perdite sono una conseguenza del fatto che si è tornati alla normalità dopo il periodo pandemico in cui la qualità dei prestiti delle banche era molto alta, con bassi livelli di disoccupazione e grandi stimoli governativi. Ora però l’esperto avverte che il quadro è sfavorevole, con “un atterraggio duro per l’economia in cui la disoccupazione può raggiungere livelli fino al 7%”.