I grandi propositi dei Paesi di tutto il mondo di liberare l’ambiente dai combustibili fossili rischiano di scontrarsi duramente con la realtà dei fatti. Una ricerca indipendente condotta da 2 grandi esperti riconosciuti di materie che riguardano il cambiamento climatico come Doug Koplow e Ronald Steenblik ha dimostrato che a livello globale i Governi stanno spendendo almeno 1.800 miliardi di dollari, corrispondenti al 2% del PIL mondiale, in sussidi per le industrie del carbone, petrolio e gas, oltre che per l’agricoltura e altre aree.
Doug Koplow è stato consulente di diversi Governi in merito alle sovvenzioni alle varie imprese, mentre Ronald Steenblik ha avuto ruolo di riguardo presso l’OCSE. Con la loro ricerca i 2 studiosi hanno illustrato che l’impatto negativo dei contributi governativi si estende a una serie di settori che vanno dall’edilizia ai trasporti e alla pesca. A trarne grande beneficio sarebbero intanto le aziende che operano nel campo dei combustibili fossili, dal momento che hanno avuto accesso a 640 miliardi di dollari annui. Le imprese agricole hanno ricevuto una quota di 520 miliardi di dollari, mentre quelle forestali circa 155 miliardi di dollari.
Combustibili fossili: chi sono i Paesi che li sostengono di più
Tali risultati destano parecchia preoccupazione perché non più tardi di novembre dello scorso anno si è concluso il COP26 di Glasgow, dove quasi 200 Paesi partecipanti si sono accordati affinché venissero gradualmente eliminati i combustibili fossili. È chiaro che non è stata fissata una scadenza precisa, ma è altrettanto evidente che i numeri snocciolati dallo studio citato non conducono nella giusta direzione.
Ma chi sono i Paesi che hanno distribuito i maggiori sussidi per i combustibili fossili? In base ai dati rilasciati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia a fine 2019 in testa troviamo l’Iran con 87,9 miliardi di dollari. Il Paese arabo è uno dei membri dell’OPEC che spesso è stato al centro di discussioni e di faide interne al cartello per la propria politica dei prezzi. In realtà sembra difficile immaginare come Teheran possa da un giorno all’altro staccarsi da una risorsa da cui dipende buona parte della propria economia.
Al secondo posto della classifica dell’AIE vi è la Cina con 34 miliardi di dollari di sovvenzioni. Pechino si è impegnata alla decarbonizzazione totale entro il 2060, ma intanto detiene il primato delle centrali a carbone nel mondo e mantiene una certa ambiguità, cercando un equilibrio tra l’avvio di un percorso di eliminazione di sostanze nocive e il soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico.
Nel punto più basso del podio vi è l’India con un contributo annuale di 33 miliardi di dollari. Lo Stato asiatico è stato al centro di diverse polemiche durante le riunioni del COP26 in merito ai tempi sul raggiungimento del carbon neutral. Il Governo indiano ha contestato gli altri Paesi di non sostenere finanziariamente abbastanza tutti coloro come India e Indonesia ad esempio che sarebbero maggiormente svantaggiati dal punto di vista economico da una politica netta di emissioni zero.
Escludendo le agevolazioni fiscali invece, i dati OCSE rilevano che le Nazioni che hanno fornito maggiore supporto ai produttori di combustibili fossili sono stati Messico con 11,3 miliardi di dollari, Cina con 3,9 miliardi di dollari e Argentina con 2,5 miliardi di dollari.