È una nuova e dolorosa ferita quella che il Credit Suisse, colosso bancario svizzero in crisi, ha subito poche ore fa. Il socio storico Harris Associates, da venti anni nel capitale dell’istituto elvetico, se ne è andato sbattendo la porta. Sbattendola molto forte. Il vicepresidente di Harris Associates, David Herro, ha dichiarato al Financial Times che le opzioni sul mercato per investire sono tante e dunque è inutile puntare su “qualcosa che sta bruciando capitale nel momento in cui il resto del settore lo sta generando”. Alla Borsa di Zurigo il titolo ha reagito con un nuovo ribasso. Ammonta a oltre l’83% la svalutazione delle azioni Credit Suisse negli ultimi cinque anni.
Un mese dopo la maxi-perdita
Il disamoramento di Harris Associates dal Credit Suisse non nasce nelle ultime ventiquattro ore. Come dichiarato al Ft da Herro, la società di investimento aveva già iniziato a ridurre la propria presenza nella banca svizzera in ottobre. A gennaio, in particolare, la quota posseduta era di circa il 3% contro il 10% di sei mesi prima, una quota già ridotta rispetto a quella acquisita nel 2009. L’uscita arriva un mese dopo la maxi-perdita registrata da Credit Suisse sul bilancio 2022. Un buco da 7,3 miliardi di franchi svizzeri dei quali 1,4 solo nell’ultimo trimestre dell’anno. Solo nella grande crisi del 2008 il passivo era stato più elevato e pari a 8,2 miliardi di franchi svizzeri. La perdita 2022 segue quella del 2021, -1,7 miliardi di franchi. Il tutto in un settore, quello bancario, i cui margini stanno beneficiando del rialzo dei tassi di interesse, come ha sottolineato Herro: “Numerosi titoli europei si stanno muovendo in direzione opposta”.
Credit Suisse il piano di riorganizzazione non convince Harris
Nemmeno il piano di ristrutturazione lanciato dal Credit Suisse convince Harris Associates. Il taglio alle divisioni di trading più rischiose, nonché di 9.000 dipendenti, lo scorporo delle attività di investment banking e il potenziamento delle attività di gestione patrimoniale non sono sufficienti a convincere il socio deluso a tornare sui suoi passi. Sempre al Ft Herro ha confidato di ritenere il piano di ristrutturazione macchinoso e oneroso più delle attese.
Un’opinione opposta a quella espressa dall’amministratore delegato del Credit Suisse, Ulrich Korner, secondo cui nel lungo periodo la banca tornerà a essere molto redditizia per gli azionisti. Per il momento, tuttavia, gli azionisti hanno dovuto inghiottire una perdita monstre, una fuoriuscita di capitali dai suoi portafogli per 111 miliardi di franchi negli ultimi tre mesi del 2022 e un aumento di capitale, deciso a novembre, da 4 miliardi di franchi.
Il Credit Suisse è stato un freno alla nostra performance” ha detto, senza fare sconti, Herro secondo cui il Credit Suisse è stato per anni una perdita di tempo e valore. Harris Associates era entrato nel capitale del gruppo bancario nel 2009 quando le azioni valevano 23 franchi svizzeri. Ne esce in un momento in cui la quotazione è scesa sotto i 3 franchi, senza essere riuscito a fare il bis del successo del primo investimento nella banca elvetica, effettuato nel 2002 a 30 franchi e chiuso sei anni dopo a circa 60. Chi crede ancora nel Credit Suisse sono al momento la Saudi National Bank, salita al 10% del capitale proprio in occasione dell’aumento a cui Harris Associates ha deciso di non partecipare, e la Qatar Investment Authority al 6,8% circa.
Tre anni di scandali
Il Credit Suisse è un colosso bancario storico e centrale nella Confederazione elvetica. È stata fondata nel 1856 da Alfred Escher, politico e imprenditore, con lo scopo di finanziare la realizzazione del sistema ferroviario della Svizzera. Rappresenta, o sarebbe meglio dire ha rappresentato, un punto di riferimento per i cittadini svizzeri anche per la sua presenza mondiale. Tuttavia gli scandali degli ultimi anni lo hanno allontanato dal cuore del paese. Ecco, in ordine cronologico, i duri colpi subiti dall’immagine del gruppo bancario fondato da Escher:
- Nel febbraio del 2020 scoppia lo scandalo dello spionaggio ai danni di un ex dirigente del Credit Suisse. L’amministratore delegato Tidjane Thiam è costretto a lasciare la carica;
- Un anno dopo, nel marzo 2021, Credit Suisse realizza perdite miliardarie, e così i suoi clienti, per gli investimenti in Greensill Capital e Archegos Capital Management, finite in default;
- Un mese dopo, ad aprile 2021, Urs Rohner si dimette dalla carica di presidente del Consiglio di amministrazione in seguito alle pressioni derivanti dagli scandali precedenti e dalla sfiducia nei suoi confronti. Le dimissioni erano state richieste a gran voce fin dall’anno precedente. Rohne era presidente dal 2011;
- Passano altri sei mesi e scoppia un nuovo scandalo. A ottobre 2021 il Credit Suisse riceve una sanzione da 475 milioni di dollari per lo scandalo di corruzione in Mozambico noto come Tuna Bond;
- A gennaio 2022 tocca al presidente del Credit Suisse Antonio Horta-Osorio lasciare la carica in seguito alle polemiche scoppiate per la sua presenza al torneo tennistico di Wimbledon, in violazione delle regole di confinamento (40 giorni) per combattere la pandemia di Covid-19. Il viaggio è stato effettuato con un jet aziendale;
- Nuovo scandalo a febbraio 2022 noto come Suisse Secrets. Vengono diffusi ai media i dati di 18.000 clienti della banca.
- Quattro mesi dopo, a giugno, arriva una condanna penale per riciclaggio di denaro legato al traffico di droga in cui è coinvolta un’organizzazione della Bulgaria;
- Thomas Gottstein è costretto alle dimissioni un mese dopo, a luglio e viene sostituito dall’attuale amministratore delegato Ulrich Korner.