ESG, quanto impatta la normativa SFDR sui portafogli? - Borsa&Finanza

ESG, quanto impatta la normativa SFDR sui portafogli?

Una donna fa equilibrismo su uno specchio d'acqua in un lago

A partire dal 1° gennaio 2023, il regolamento SFDR giungerà alla sua piena attuazione con l’entrata in vigore della normativa di secondo livello. Ciò da un lato imporrà concreti obblighi di disclosure agli operatori finanziari, dall’altro permetterà agli investitori di avere a disposizione un ulteriore set informativo, di carattere non finanziario, che aggiungerà all’analisi Rischio/Rendimento la terza dimensione, il Merito ESG.

Ma in che modo la SFDR può incidere sulla gestione di portafoglio e come questa può diventare il mezzo per rispecchiare gli obiettivi degli investitori? A tale domanda cerca di rispondere uno studio coordinato dal dottor Ceccherini, dal professor Patané e dalla dott.ssa Pagano dell’Università di Siena, illustrato da Alessia D’Imperio, cultore della materia Investimenti alternativi presso le medesima università. “Lo studio mira a confrontare – spiega D’Imperio – su due orizzonti temporali distinti (6 anni e 1 anno), un portafoglio art. 6 ‘tradizionale’ con 4 portafogli a crescente integrazione ESG in linea con quanto stabilito dalla SFDR. In particolare sono stati costruiti:

 

  • due portafogli articolo 8 (light green) che promuovono caratteristiche sociali e/o ambientali:
    – Portafoglio ESG Min-Tracking Error 1 ;
    – Portafoglio SRI 2 ;
  • due portafogli articolo 9 (dark green) che hanno come obiettivo principale la realizzazione di
    investimenti sostenibili:
    – Portafoglio Climate Transition (CTB) 3 ;
    – Portafoglio Paris Aligned (PAB) 4 .

 

Nell’asset allocation dei portafogli esaminati ogni asset class è stata rappresentata tramite un opportuno benchmark nella versione tradizionale e nelle diverse varianti ESG. I pesi delle asset class all’interno dei portafogli sono così distribuiti:

 

  • 27% azionario Usa;
  • 18% azionario Europa;
  • 10% obbligazionario Europa high yield;
  • 10% obbligazionario  globale aggregate long duration;
  • 10% obbligazionario europeo aggregate long duration;
  • 10% obbligazionario europeo corporate long duration;
  • 9% azionario Giappone;
  • 6% obbligazionario Emerging markets.

 

I risultati dello studio sui portafogli ESG

Il confronto tra i portafogli esaminati è avvenuto sotto un duplice punto di vista per mezzo di:

 

  • un’analisi quantitativa di performance tramite il calcolo di rendimento annualizzato e deviazione standard annualizzata;
  • una valutazione in termini di rating ESG 5 e di emissioni di CO2 6 .
    Di seguito i risultati ottenuti sullo studio a sei anni.
Il grafico mostra che nel lungo periodo tutti i portafogli ESG sovraperformano i portafogli tradizionali
L’analisi a sei anni mostra che nel lungo periodo i portafogli ESG sovraperformano quelli tradizionali – Fonte: elaborazione dati università di Siena

“Nel lungo periodo – illustra Alessia D’Imperio – tutti i portafogli ESG hanno sovraperformato il portafoglio tradizionale, conseguendo un maggiore rendimento, volatilità pressoché allineate e dunque una migliore efficienza. Sul piano ESG, inoltre, essi mostrano una sostanziale diminuzione delle emissioni di CO 2 , oltre che un ottimizzazione del rating ESG aggregato. La migliore combinazione tra performance finanziaria ed ESG è stata ottenuta dalla strategia SRI (art. 8)”.

 

L’impatto nel breve termine della guerra Russia-Ucraina

Lo studio a 1 anno è stato fortemente influenzato dallo scenario di crollo generalizzato dai mercati
innescato dalla guerra. Tutti i portafogli esaminati hanno conseguito rendimenti negativi. I portafogli Art 8. e Art 9 pur confermando una migliore efficienza sul piano ESG, hanno sottoperfomato il portafoglio tradizionale in termini di rischio/rendimento. Infatti è quest’ultimo ad avere una migliore performance in virtù di una minore perdita e di una volatilità più contenuta.

Tuttavia, se nel breve periodo la crisi energetica suscitata dal conflitto Russia/Ucraina ha determinato una battuta d’arresto negli investimenti ESG, è plausibile pensare che, in prospettiva, essa abbia esacerbato il bisogno di indipendenza dai combustibili fossili, accelerando la necessità di diversificazione delle fonti energetiche con un particolare riguardo per quelle sostenibili. Alla luce di ciò risulterebbe dunque opportuno inserire, in una logica di allocazione del capitale, valutazioni sul profilo ESG degli investimenti al fine di costruire portafogli pronti a navigare nel processo di transizione verso un’economia low-carbon.

 

 

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