Il 2022 è stato un anno davvero difficile per le IPO a Wall Street. Secondo i dati raccolti da Jay Ritter, professore di finanza dell’Università della Florida, quest’anno solo 37 società si sono quotate, con una raccolta di appena 7 miliardi di dollari. Per trovare un dato peggiore bisogna risalire al 1990, quando i proventi provenienti dalle offerte pubbliche iniziali sono stati di 4,3 miliardi di dollari. La statistica esclude alcuni organismi, come le SPAC, le ricevute di deposito americane (ADR), i fondi comuni d’investimento immobiliari e i fondi chiusi.
La ragione principale del così scarso apporto delle IPO alla Borsa americana è legata a un sensibile peggioramento del sentiment degli investitori a seguito della notevole flessione delle quotazioni azionarie. Questo ha riguardato soprattutto un settore che è molto ricettivo per le società che intendono diventare pubbliche, ovvero quello tecnologico. Al riguardo, l’azione della Federal Reserve è stata determinante, in quanto l’aumento dei tassi d’interesse ha ridotto il valore attuale dei flussi di utili futuri delle aziende che puntano essenzialmente sulla crescita e che al momento non sono profittevoli. Infatti, il NASDAQ quest’anno ha sottoperformato gli altri indici, con una perdita finora del 31,55%, a fronte di un calo del 18,63% dell’S&P 500 e dell’8,15% del Dow Jones Industrial Average.
IPO 2023: ecco come saranno
Cosa attendersi ora per il 2023? Il clima di incertezza che ancora aleggia nei mercati azionari non incoraggia troppo le aziende a diventare pubbliche, in attesa che la situazione si rassereni su diversi fronti: sia dal punto di vista geopolitico che macroeconomico.
Riguardo l’aspetto geopolitico, le tensioni derivanti dalla guerra Russia-Ucraina e dallo scontro Usa-Cina saranno difficili da dissipare viste le premesse. Ormai si dà quasi per scontato che il conflitto nell’Est Europa sarà lungo e alla fine comporterà perdite per tutti . Quanto agli attriti tra Washington e Pechino, nonostante alcune schiarite di questi ultimi mesi non si può parlare affatto di disgelo e anzi si teme un’escalation su alcuni punti chiave come Taiwan, la guerra tecnologica sui chip e il problema della sicurezza.
Sul versante macroeconomico, sarà fondamentale vedere quanto l’aumento dei tassi d’interesse della Fed impatterà sull’inflazione. Solo con una discesa rapida e convincente dei prezzi al consumo, la Banca centrale americana potrebbe svoltare in senso accomodante trasmettendo maggiore fiducia ai mercati. Se gli investitori tornano a comprare, allora è probabile che ci sarà un ritorno anche corposo delle IPO a Wall Street. In caso contrario, non è da escludere che rimanga una situazione stagnante.