Il 2021 è stato vissuto dalla Lira turca come uno dei peggiori di tutta la sua storia valutaria, con le quotazioni che hanno ripetutamente aggiornato i minimi storici nei confronti del Dollaro USA. Gli investitori si sono accaniti sulla divisa di Ankara nel momento in cui il Premier turco Tayyip Erdogan ha lanciato il guanto di sfida ai mercati finanziari, ribadendo in ogni occasione che la Bank of Turkey avrebbe continuato la sua politica di riduzione dei tassi almeno fino al 2023, anno in cui si sosterranno le elezioni nel Paese.
Per dare corso al suo obiettivo Erdogan ha licenziato a marzo il Governatore dell’istituto centrale Naci Agbal, più propenso a un atteggiamento meno accomodante alla luce di un’inflazione da tempo andata fuori controllo. La degenerazione della situazione nelle ultime settimane ha richiamato un doppio intervento diretto sul mercato valutario a sostegno della valuta da parte della Banca Centrale, con l’impegno giovedì 16 dicembre di sospendere le riduzioni del costo del denaro. Questo non è servito molto a calmare i mercati, in considerazione soprattutto dell’ennesima presa di posizione di Erdogan nella giornata di ieri, che ha rinnovato l’intenzione di continuare con le sforbiciate sui tassi.
Lira turca: cosa attendersi per il 2022
La Lira turca quest’anno ha perso circa il 57% del suo valore e si avvia a concludere la sua peggiore performance dal 1994. A questo punto vi è da domandarsi cosa potrà realmente far cambiare le cose con l’entrata del nuovo anno. Ci sono 4 temi chiave da prendere in considerazione e che potranno far spostare gli equilibri.
Il primo consiste in un voltafaccia politico a cui inevitabilmente sarebbero costrette le Autorità monetaria di fronte all’evidenza dei fatti. Goldman Sachs al riguardo pensa che nella prima metà del 2021 ci sarà un aumento considerevole dei tassi perché il trauma subito dall’economia con il mantenimento di un costo troppo basso di finanziamento non sarà più sostenibile per gli equilibri generali. Secondo molti, difficilmente Erdogan si piegherà dalle sue convinzioni. Egli continua a sostenere che tassi alti avrebbero effetti “usuratizi” sull’economia, facendo aumentare l’inflazione attraverso il trasferimento sui beni di consumo di un maggior costo di finanziamento.
Il secondo tema verte sulle elezioni presidenziali. La data del voto sarà a giugno del 2023, ma crescono le speculazioni di una chiamata anticipata. La politica dell’attuale Amministrazione in realtà mira anche a scongiurare questa eventualità, essendo volta tutta alla crescita economica e alla creazione dei posti di lavoro senza preoccuparsi del cambio e della stabilità dei prezzi. Ma se dovesse verificarsi l’ipotesi di urne prima del tempo, il mercato valutario potrebbe subire scossoni non da poco, con ulteriore indebolimento della Lira turca.
Il terzo tema riguarda i risparmi in dollari delle famiglie turche. Gli investitori stranieri da tempo hanno spostato i capitali dalla Turchia; adesso ciò che potrà determinare la volatilità della Lira nel 2022 saranno proprio i movimenti di denaro dei residenti. Al 10 dicembre di quest’anno la Banca Centrale ha rilevato che esistono 229 miliardi di dollari in valuta estera nei conti dei cittadini, ossia oltre il 60% di tutti i depositi.
Infine un tema caldo sarà sicuramente quello relativo alle politiche monetarie delle altre Banche centrali. Soprattutto la Federal Reserve si sta avviando verso un atteggiamento molto più da falco rispetto al passato. Lo stesso faranno altri istituti monetari come ad esempio la Bank of England, che ha già dato il via al primo aumento dei tassi dall’inizio della pandemia. Tutto ciò inevitabilmente comporta un rafforzamento delle valute locali e, con tassi più elevati, aumenterà l’attrattiva per gli asset considerati più sicuri a scapito di quelli dei mercati emergenti compresa la Turchia.