Transizione energetica a rilento nel mondo della finanza, ecco chi punta sui fossili - Borsa&Finanza

Transizione energetica a rilento nel mondo della finanza, ecco chi punta sui fossili

Transizione energetica: ecco chi nella finanza sta finanziando di più le emissioni

La transizione energetica sta procedendo a rilento nell’ambito del settore finanziario. Uno studio realizzato da Reclaim Finance ha scoperto che le società di Wall Street che hanno aderito alla Net Zero Banking Alliance (NZBA) hanno effettuato da aprile 2021, anno di fondazione dell’alleanza, ben 53 miliardi di dollari in finanziamenti e sottoscrizioni alle società energetiche che utilizzano i combustibili fossili. Tra i maggiori contributori vi sono due grossi istituti finanziari americani: Citigroup e Bank of America.

L’analisi rientra in una più ampia ricerca sul settore finanziario a partire da due anni fa, quando è stata creata la Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), di cui la NZBA è un sottogruppo. Da allora sono arrivati almeno 269 miliardi di dollari sottoforma di prestiti alle società di gas, petrolio e carbone, che espandono la loro attività, non a quelle che avviano nuovi progetti sui fossili. L’autore del rapporto Paddy McCully ha rimarcato il fatto che gli impegni di zero emissioni “dovrebbero richiedere alle istituzioni finanziarie di dire ai loro clienti che ritireranno il loro sostegno se non porranno fine all’espansione”.

 

Transizione energetica: BlackRock il maggiore investitore nei combustibili fossili

Spostandosi sul campo degli investimenti, Reclaim Finance mette in luce che BlackRock è oggi il più grande sostenitore delle aziende che si espandono nel settore dei combustibili fossili, con la detenzione in queste società di oltre 190 miliardi di dollari in azioni e obbligazioni. La più grande società d’investimento del mondo è stata oggetto di grandi critiche per la sua riluttanza a sostenere il settore energetico. A queste, il gestore patrimoniale ha risposto che non c’è alcuna azione di boicottaggio verso il settore e che la prova deriva dall’investimento di 170 miliardi di dollari in compagnie energetiche statunitensi.

L’indagine di Reclaim Finance conferma quanto asserito da BlackRock, solo che rileva questo in una luce diversa, ossia sotto il profilo delle emissioni. Un portavoce dell’azienda guidata da Larry Fink ha riferito che la guerra Russia-Ucraina è “un duro promemoria delle sfide di una transizione energetica giusta e ordinata e potrebbe guidare aumenti a breve termine della domanda di combustibili fossili”.

 

Cosa significa il rapporto per GFANZ

Questi risultati mostrati da Reclaim Finance non sono molto incoraggianti nell’ambito dell’appoggio del sistema finanziario a favorire la transizione energetica. Quanto emerso “certamente mina per ora la credibilità e l’utilità di GFANZ”, ha affermato McCully. Per questo, “la regolamentazione governativa è assolutamente necessaria”. Un portavoce di GFANZ ha evidenziato come il rapporto in questione si concentri su “un aspetto importante della transizione energetica” e al riguardo “c’è ancora molto lavoro da fare”. Il rappresentante dell’organizzazione fondata dall’ex governatore della Bank of England, Mark Carney, ha aggiunto che i membri dell’organizzazione non profit dovranno descrivere in dettaglio come stanno finanziando la transizione energetica quando pubblicheranno i loro obiettivi e i piani di transizione, affinché il pubblico possa effettuare un monitoraggio delle loro richieste.

Gli ambientalisti hanno spesso sollevato polemiche sul fatto che l’alleanza guidata da Carney permetta alle società finanziarie di effettuare affermazioni in chiave green, senza però chiedere conto una volta che finanziano l’industria dei combustibili fossili. Questo è un aspetto stridente che ha attirato l’attenzione delle Nazioni Unite, le quali hanno invitato tutte le organizzazioni volontarie sulla transizione energetica a rafforzare la supervisione tra le prove che gli impegni non siano in linea con quanto affermato dalla scienza sul cambiamento climatico. In sostanza, si rende necessaria una maggiore regolamentazione sugli impegni presi, come del resto è stato ribadito ora da McCully.

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Johnny Zotti

Laureato in economia, con specializzazione in finanza. Appassionato di mercati finanziari, svolge la professione di trader dal 2009 investendo su tutti gli strumenti finanziari. Scrive quotidianamente articoli di economia, politica e finanza.

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