Dividendi e buyback a confronto: cosa conviene di più agli azionisti? - Borsa&Finanza

Dividendi e buyback a confronto: cosa conviene di più agli azionisti?

Dividendi e buyback a confronto: cosa conviene di più agli azionisti?

La scelta di comprare un’azione in Borsa non è un esercizio molto facile da svolgere per un investitore avveduto, in quanto entrano in gioco molti fattori che dipendono dalle caratteristiche del titolo, dal momento storico, dalle condizioni di mercato e ovviamente dalle preferenze dell’investitore stesso. Un aspetto a cui però si presta normalmente molta attenzione è sulla capacità della società che emette le azioni di remunerare gli azionisti attraverso la distribuzione di dividendi o i piani di buyback (QUI cosa sono)

Solitamente, quando un’azienda stacca costantemente una cedola o avvia spesso programmi di riacquisto di azioni proprie è ben vista dal mercato, non solo perché l’atto viene considerato sintomatico di un buono stato di salute, ma anche perché rappresenta un segno che il reddito e la liquidità creati vengano utilizzati per premiare gli azionisti. In questo è opportuno fare delle distinzioni. Le aziende legate alla crescita difficilmente distribuiscono dividendi, in quanto puntano molto a reinvestire le risorse nella tecnologia, in nuove acquisizioni, in nuove fabbriche, ecc. proprio per fare crescere l’azienda. Mentre le imprese già mature, che hanno un’attività definita e consolidata da molti anni, utilizzano lo strumento del dividendo come forma di ritorno per l’investitore.

Nel primo caso la società mira a remunerare gli azionisti attraverso la crescita di valore delle azioni sul mercato, piuttosto che per effetto dei dividendi. Non di rado, vi sono invece le operazioni di buyback azionario, con le quali si punta a far crescere le quotazioni del titolo in Borsa. Si possono trovare alcune situazioni in cui un’azienda preferisce la formula del dividendo piuttosto che quella del buyback o viceversa, per ragioni particolari. Ad esempio la Berkshire Hathaway del leggendario investitore americano Warren Buffett non ha mai distribuito dividendi, a causa della riluttanza del suo guru alle cedole, che ha sempre considerato inefficienti dal punto di vista fiscale. Al contrario, il conglomerato finanziario attua regolarmente piani di buyback.

 

Dividendo e buyback: cosa sono realmente

Qualunque sia la modalità di remunerazione per gli azionisti, è bene capire a fondo di cosa si stia parlando spiegando il funzionamento del dividendo e del buyback.

Il dividendo è una quota di utile che alla fine di un esercizio contabile l’azienda decide di distribuire ai suoi azionisti. Quindi, se una società realizza un guadagno netto di 100 milioni di dollari e stabilisce un payout del 50%, significa che 50 milioni di dollari saranno utilizzati per remunerare gli azionisti attraverso lo stacco di una cedola, che verrà pagata dopo che l’assemblea dei soci ha approvato il bilancio definendo modi e quantità degli utili da distribuire. È bene precisare che la quota di profitto che può essere riservata al dividendo è quella che rimane dopo che la società ha accantonato una parte destinata a riserva legale e un’altra eventualmente per reinvestimenti o altre finalità utili all’azienda.

I dividendi possono essere erogati sia in contanti (la forma più diffusa) o anche sotto forma di nuove azioni, dopo un aumento gratuito di capitale. Inoltre, il dividendo può essere ordinario, ovvero derivante dagli utili d’esercizio, ma anche straordinario, ossia legato a risorse in eccesso accumulate in esercizi precedenti. Allorché avviene lo stacco della cedola, il valore delle azioni in Borsa diminuisce del corrispondente valore del dividendo. Ma allora qual è il vantaggio per gli azionisti? Questo risulta dal fatto che il mercato ha già incorporato nelle azioni la distribuzione del dividendo. In sostanza, quando una società già prevede questa forma di remunerazione, il valore in Borsa delle azioni tende ad aumentare per scontare lo stacco del dividendo che avverrà a una certa data.

Il buyback non è altro che il riacquisto delle azioni proprie da parte della società che le ha emesse, con la contestuale eliminazione delle stesse dal mercato. In Italia la quota massima di azioni che è possibile riacquistare corrisponde al 20% del valore di mercato di un’azienda. Il buyback può avvenire in due modi. Il primo si ha quando la società si rivolge direttamente ai propri azionisti facendo un’offerta di acquisto delle azioni a un prezzo compreso in una fascia ed entro un certo intervallo temporale. Il secondo avviene quando la società acquista direttamente le azioni in Borsa. Questa seconda soluzione è più rischiosa per l’azienda poiché, non appena si diffonde la notizia, il titolo tende ad aumentare di valore rapidamente.

Ma perché sale il prezzo delle azioni con il buyback? La ragione è da ricondurre al fatto che, con meno azioni in circolazione, l’utile per azione è più elevato e ogni socio, possedendo un pezzo più grande dell’azienda, ha diritto a una percentuale maggiore di profitto. Ad esempio, supponiamo che la società XYZ abbia un capitale di 300 mila euro, rappresentato dai soci A, B e C con una quota di 100 mila euro ciascuno. A un certo punto decide di lanciare un riacquisto di azioni per 100 mila euro, che vengono vendute dal socio C. Di conseguenza, il capitale sarà costituito dai soci A e B che mantengono la stessa quota e dalla società che si sarà sostituita al socio C. Ma le azioni della società verranno distrutte dopo il riacquisto. Pertanto, il capitale diventerà di 200 mila euro, dove i soci A e B avranno ciascuno una quota del 50% e non più del 33,33%. Quindi, avranno una partecipazione agli utili maggiore. Supponendo che l’utile sia di 9.000 euro con un payout del 100%, prima del buyback a ciascun socio toccavano 3.000 euro di dividendo a testa; dopo il riacquisto 4.500 euro. L’esempio è semplicistico per far capire come chi acquista un’azione dove vi è un piano di buyback stia comprando valore. Tra l’altro, nel momento in cui la società entra nel mercato con l’offerta di acquisto, fa aumentare la domanda e quindi salire il prezzo.

 

Dividendi e buyback a confronto

Una volta definito cosa sono e come funzionano dividendi e buyback è bene delineare le caratteristiche distintive che fanno capire come orientarsi nella scelta delle azioni.

La prima distinzione va fatta sui vincoli societari. Stabilito il pagamento del dividendo, la società fissa delle scadenze in cui viene effettuato lo stacco, che possono essere annuali, semestrali, trimestrali o in qualche raro caso mensili. Ciò significa che l’effetto sulle azioni può essere dirompente quando avviene una modifica successiva come aumento, diminuzione o cancellazione del dividendo. Quanto al buyback, in realtà la società non ha un obbligo ben preciso di completare il programma di riacquisto, nel senso che potrà calibrarlo in base alle proprie esigenze di cassa senza il rischio di subire scossoni eccessivi sul valore delle azioni. Quindi, si potrebbe dire che il riacquisto di azioni proprie è meno vincolante rispetto ai dividendi.

Una seconda distinzione riguarda il numero di azioni in circolazione. Quando una società paga dividendi, la quantità di azioni rimane immutata e la proprietà mantiene la stessa quota sul capitale. Nel caso del riacquisto, la struttura di proprietà viene alterata perché un certo numero di azioni verrà cancellato, con i soci non venditori delle loro azioni che avranno una quota di partecipazione maggiore.

Un terzo elemento distintivo fa riferimento al ritorno economico. I dividendi restituiscono denaro indistintamente a tutti gli azionisti in proporzione al numero delle azioni detenute. Quando si attua un riacquisto di azioni, solo coloro che vendono i propri titoli ricevono denaro contante, mentre gli altri otterranno solamente una quota maggiore nel capitale societario.

Infine va rilevato un effetto fiscale diverso nelle due fattispecie. In alcune legislazioni come negli Stati Uniti il trattamento fiscale di dividendi e riacquisti non è lo stesso (per questo Warren Buffett preferisce i buyback). Inoltre, nel caso dei dividendi la tassazione viene attuata all’atto della distribuzione, mentre con i buyback l’effetto fiscale viene rimandato fino a quando i titoli non escono dal portafoglio.

 

Conclusioni

In definitiva, cosa conviene di più agli azionisti, azioni che distribuiscono dividendi o che siano oggetto di buyback? In linea di massima, la soluzione ottimale sarebbe quella dove sono presenti entrambe le fattispecie. In realtà, dovendo scegliere, molto dipende dalle esigenze specifiche di ogni investitore.

Solitamente le aziende che puntano maggiormente sui dividendi in maniera costante nel tempo danno maggiore garanzia di stabilità, ossia che i flussi di cassa rimangono costanti nel tempo. I buyback si prestano a una maggiore volatilità, nel senso che sono misurati in funzione delle dinamiche di liquidità dell’azienda che non sempre risulta costante. In sostanza, si tratta di capire quanto sia forte l’esigenza di assicurarsi un ritorno certo, senza grandi sussulti da parte dell’azionista.

Un altro elemento che potrà avere una sua importanza allude alla possibilità di acquisire sempre maggiore controllo nell’azienda dopo i programmi di riacquisto. Questo vale per i grandi azionisti, che non sono interessati solamente all’aspetto economico. Infine, come abbiamo visto, le considerazioni fiscali possono pesare, soprattutto quando la differenza di tassazione è rilevante.

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Redazione

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