Record negativo in mattinata con la pubblicazione del Pmi manifatturiero. Aspettando le banche centrali
Due anni dopo l’ultima volta, l’Euro scende sotto quota 1,10 nei confronti del Dollaro. Lo ha fatto venerdì scorso, tra le 16.30 e le 19.30 la moneta unica è letteralmente crollata da 1,1049 a 1,0964 durante le contrattazioni di Wall Street, per poi risalire questa notte nei mercati asiatici, e infine aggiornare i minimi in mattinata, poco dopo la pubblicazione dei Pmi del settore manifatturiero. Un deprezzamento che coincide con il primo giorno di contrattazioni a settembre, dopo un calo dello 0,9% ad agosto.
LA GERMANIA E’ UN PROBLEMA
I fattori sono diversi. L’instabilità politica in Europa ha sicuramente un suo peso specifico. Spagna e Italia sono senza governo ma anche in Germania si stanno gettando le basi per una condizione di instabilità di governo, con le elezioni tenutesi domenica nel Brandeburgo e in Sassonia che ha visto l’estrema destra triplicare il consenso, piazzandosi come secondo partito dietro la Cdu di Angela Merkel. Proprio l’economia tedesca rimane il principale problema dell’Euro. Perché la locomotiva dell’Europa è molto vicina alla recessione per stessa ammissione della Bundesbank, gli ultimi dati del Pmi manifatturiero riguarda l’indice dei direttori degli acquisti: oltre a essere al di sotto della soglia dei 50 punti, che indica espansione, i 43,5 rilevati oggi sono inferiori alle attese e a quello di luglio (in entrambi i casi a 43,6). Anche il manifatturiero legato alle esportazioni ha registrato dati in contrazione ad agosto. E domanda più debole, di solito, corrisponde a meno produzione e, in casi estremi, riduzione dei posti di lavoro.
PMI IN EUROZONA
A confermare l’incertezza sull’andamento dell’economia nel vecchio continente è anche l’indice Pmi manifatturiero dell’Eurozona. Che si conferma stabile, a quota 47, in linea con le attese e il dato di luglio e leggermente superiore a maggio e aprile. Il dato però si conferma nell’area minimi degli ultimi sette anni, e anche in questo caso sotto quota 50, che denota espansione del dato macroeconomico rilevato. Non solo. Le prospettive a breve periodo rimangono difficili. Sono attesi infatti per questa settimana nuovi indicatori tedeschi, in particolare gli ordinativi alle fabbriche (dato atteso -1,5%) e la produzione industriale (+0,3%).
IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI
Un euro sempre più debole, ma anche un dollaro sempre più forte. Non bisogna dimenticare infatti che il biglietto verde sta attraversando un periodo di intenso apprezzamento, complice un’economia, quella americana, che continua a mostrarsi in salute, con i consumi in aumento, il Pil che cresce secondo le attese e la disoccupazione ancora ai minimi storici. D’altra parte, si attendono anche i movimenti delle Banche Centrali, a partire dalla Fed, che su pressione di Donald Trump potrebbe effettuare un nuovo taglio dei tassi: al momento i Fed Funds danno il 99,6% delle posizioni per un intervento al ribasso del costo del denaro di 25 punti base il prossimo 18 settembre. Lo stesso potrebbe fare la Bce, cinque giorni prima: il 12 settembre Mario Draghi potrebbe annunciare le nuove strategie per arrestare i sintomi del rallentamento -o in alcuni casi contrazione- dell’Unione Europea, opzione già valutata ad agosto assieme a un pacchetto di misure di stimolo da approvare entro 10 giorni in caso di peggioramento dell’economia. Resta da capire come reagiranno i mercati, dal momento che gli ultimi interventi di Fed e Bce non hanno fatto registrare particolari movimenti. Senza dimenticare la guerra commerciale tra Usa e Cina: una mossa della Federal Reserve per indebolire il dollaro potrebbe causare una risposta più o meno immediata del Dragone, che ha già provveduto a svalutare lo Yuan ai minimi del 2008, sganciandosi dalla soglia fisiologica dei 7 yuan per dollaro.