Tre le motivazioni dell’intervento: l’inflazione bassa, il rallentamento economico e la guerra commerciale
La Fed taglia i tassi di riferimento dal 2,50% al 2,25%, “ma non è partito un trend al ribasso”, secondo quanto dichiarato dal numero uno della banca centrale americana. La decisione di ieri non inverte, quindi, secondo il Governatore, quel ciclo al rialzo dei tassi di interesse partito alla fine del 2015. L’iniziativa è comunque storica, un intervento verso il basso non avveniva da 11 anni (2008). Sulla base di questo principio, come leggere, a questo punto, la manovra di politica monetaria? Si è trattato da un lato di un aggiustamento rispetto alle condizioni attuali più preoccupanti dell’economia, dall’altro lato “siamo davanti ad un tentativo di prolungare il ciclo economico in corsa”. La decisione di tagliare i tassi non è stata presa tuttavia all’unanimità, in 2 hanno votato contro: Esther George (Fed di Kansas) e Eric S. Rosengren (Fed di Boston), preferivano mantenere i tassi al 2,50%.
LE MOTIVAZIONI
Nel dettaglio, per il Governatore della Banca Centrale Americana la decisione di tagliare i tassi ha 3 motivazioni: l’inflazione bassa, il rallentamento economico globale e la guerra commerciale. La Fed non sa pesare, però, questi 3 fattori. Quanto alla crescita dei prezzi, si è allontanata dall’obiettivo (2%), inoltre, nel comunicato, è scritto chiaramente che rimane bassa (1,6% generale, al netto energia ed alimenti 2,1%). Si tratta dell’unica differenza sostanziale, fra l’altro, rispetto alla precedente nota stampa, dove sui prezzi si diceva che stavano scendendo.
Sulla Guerra commerciale, Powell ci tiene a dire che non critica l’operato dell’amministrazione americana, che di fatto l’ha dichiarata. A questo proposito, precisa inoltre: “la decisione di tagliare i tassi non è arrivata su pressione della politica”. Una risposta che oramai dà in ogni conferenza stampa, visto che puntualmente fra un meeting e l’altro arrivano le dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti che puntano in qualche modo ad influenzare le decisioni. L’amministrazione americana, alla vigilia di questo meeting, aveva spinto in modo molto diretto per una contrazione dei tassi più consistente rispetto allo 0,25%. Tornando alle motivazioni c’è poi l’insidia del rallentamento globale. Powell dice che è in contatto con le altre banche centrali e che Europa e Cina sono in difficoltà. All’interno, invece, qualche difficoltà lo mostra solo il settore manifatturiero, in termini di fiducia ed investimenti.
CRESCITA TRAINATA DAI CONSUMI
Fin qui le note negative che giustificano il taglio, poi il resto della conferenza stampa è improntato sull’ottimismo: “Il ciclo è in salute, non c’è nessun settore in difficoltà, la crescita è sostenuta dai consumi”, ha spiegato Powell. Un quadro che ad alcuni giornalisti presenti nella sala stampa è apparso in contrasto con il taglio dei tassi, cosi come incomprensibile potrebbe sembrare un intervento annunciato come estemporaneo. Forse ieri è stata dato l’addio alla Forward Guidance, cioè una prospettiva annunciata della politica monetaria in grado di non destabilizzare e preparare operatori economici e mercati finanziari alla futura evoluzione dei tassi. Da domani si vedrà quel che accadrà: “Non esiste un sentiero tracciato”, spiegano alla Fed. Una dichiarazione resa più semplice dal fatto che ieri la Banca Centrale non ha dovuto pubblicare le proiezioni, al contrario questo appuntamento non mancherà nel prossimo meeting e in quell’occasione al di là delle parole i membri del board della Fed dovranno mettere nero su bianco quello che pensano sull’evoluzione prevedibile dei tassi.
IL SERVIZIO “ASCOLTA”
Powell si è persino dichiarato emozionato quando ha fatto riferimento al nuovo servizio “Ascolta” della Fed, una sorta di contatto diretto con operatori e addirittura semplici cittadini. Chissà se Trump manderà un messaggio o se preferirà affidare come al solito ai suoi tweet il commento alla decisione di ieri. (riproduzione riservata)