Oggi si celebra mestamente l’anniversario di un anno dall’inizio della guerra Russia-Ucraina. Nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022 le truppe dell’esercito di Vladimir Putin varcarono il confine che separa i due Paesi tra l’incredulità del mondo intero. L’obiettivo era quello di un conflitto lampo, con la decapitazione del capo del governo ucraino Volodymyr Zelensky e l’insediamento di un esecutivo fantoccio guidato da Mosca. Putin non aveva però fatto i conti con l’incredibile capacità di resistenza del popolo ucraino e con il fronte comune che l’Occidente ha creato a difesa di Kiev e contro le barbarie russe.
Da quel momento sono scattate sanzioni durissime volte a colpire al cuore l’economia di Mosca, comportando grossi sacrifici per tutti, ma che alla fine erano inevitabili per salvaguardare la democrazia e la libertà di determinazione dei popoli. In questi 12 mesi però molte cose sono cambiate a livello economico, finanziario e geopolitico, con un nuovo ordine mondiale che si sta ridefinendo e che detterà le regole nei prossimi anni e forse decenni. Vediamo di seguito 5 grandi cambiamenti che sono avvenuti sotto questi profili e che stanno segnando i rapporti di forza tra i vari Paesi.
La rinascita della NATO
Per tanti anni la NATO è stata un’organizzazione dormiente, al punto che nel 2019 il Presidente francese Emmanuel Macron l’aveva definita come cerebralmente morta. Nessuno più stava investendo sulla spesa per ricostruire le forze armate, nella convinzione che i Paesi membri dell’organizzazione non sarebbero mai stati minacciati. Con la guerra Russia-Ucraina, le prospettive sono cambiate. Si è fatta strada l’ipotesi che la Russia potrebbe prima o poi mettere le mani su uno degli Stati facenti parte dell’alleanza, il che ha fatto scattare lo stato di allerta e quindi calare una pioggia di spese per rafforzare la difesa.
Le operazioni della NATO lungo il suo bordo orientale si sono gonfiate e i suoi piani per le forze pronte all’azione si sono ampliati di 10 volte. Non solo. Alcuni Paesi come Finlandia e Svezia, che hanno sempre sbandierato la loro neutralità ritenendosi più sicuri stando fuori dalla NATO, vi hanno fatto domanda di adesione. Le grandi aziende della difesa come Lockheed Martin o Leonardo sono state chiamate a intensificare la produzione, con la conseguenza che le aspettative di fatturato sono cresciute notevolmente.
I flussi di energia hanno cambiato direzione
Il petrolio e il gas russo sono stati banditi dall’Occidente. Dal 5 dicembre 2022 è partito l’embargo per il petrolio russo da parte del G-7 e dell’Europa, oltre a un price cap di 60 dollari per le compagnie non facenti parte dell’alleanza che acquistano petrolio russo e ricevono servizi finanziari, assicurativi e di trasporto dalle società europee e del G-7. Riguardo il gas, su cui l’Europa aveva una dipendenza da Mosca del 40% del fabbisogno, il Vecchio Continente ha stabilito un tetto al prezzo di 180 euro a megawattora a partire dalla metà di febbraio 2023.
Nel frattempo la Russia ha tagliato quasi interamente gli approvvigionamenti dal suo gasdotto principale Nord Stream 1 verso i Paesi europei. Tutto ciò ha fatto crescere la domanda per il gas naturale liquefatto, con gli Stati Uniti che sono diventati il più grande esportatore mondiale del combustibile. I flussi di gas e petrolio russi dall’Europa si sono direzionati verso Cina e India, accompagnati da sconti significativi sul prezzo. Per assicurare nuove fonti di petrolio e gas, gli USA hanno ammorbidito la politica sanzionatoria nei confronti di Paesi come Venezuela, Israele e Libano. Mentre l’Europa ha intensificato i rapporti con alcuni Paesi produttori di combustibili come Qatar, Algeria, Nigeria, Congo, Norvegia e Libia.
Il sistema finanziario russo off-side
La Russia è stata tagliata fuori dall’infrastruttura finanziaria globale. L’Occidente ha congelato circa 300 miliardi di dollari di riserve estere russe e il sistema di messaggistica SWIFT delle banche internazionali ha escluso gli istituti finanziari russi. I principali indici di investimento hanno eliminato assets russi e le aziende occidentali hanno interrotto l’attività in Russia. Una volta all’angolo, Mosca ha cercato di costruire propri sistemi di pagamento, recependo altre valute per il commercio come il rublo e lo yuan in sostituzione del dollaro USA. Le sanzioni però hanno portato il Paese a dichiarare default sul debito per la prima volta dal 1918.
L’inflazione più alta degli ultimi 40 anni
Dopo moltissimi anni in cui l’inflazione è rimasta assopita per la scarsa crescita dell’economia mondiale a seguito della grande crisi del 2008, la guerra Russia-Ucraina ha determinato un terribile deficit dell’offerta delle materie prime facendo impennare i prezzi. Soprattutto le commodities energetiche come gas e petrolio hanno visto le quotazioni alle stelle, creando una crisi in particolare in Europa che ha messo in ginocchio famiglie e imprese.
Le principali Banche centrali del mondo hanno dovuto ricorrere a forti rialzi dei tassi di interesse, dopo oltre un decennio di accomodamento monetario. Questo ha creato le premesse per una recessione che colpisce gli utili aziendali e quindi le quotazioni nei mercati finanziari. In questo quadro è emersa la forza del dollaro USA come bene rifugio e per via di rendimenti più alti rispetto ad altre valute.
La Cina equilibratore mondiale, ma un po’ ambiguo
La guerra Russia-Ucraina non è solo confinata ai due Paesi limitrofi, ma ormai è diventata una belligeranza tra l’Occidente e la Russia, sia dal punto di vista militare (con la fornitura delle armi all’Ucraina), che soprattutto sotto il profilo commerciale. Il problema è che rischia di estendersi a un conflitto tra l’Occidente e l’Oriente che comprende anche Cina e forse India.
Pechino non ha mai preso posizioni nette, tenendosi in equilibrio in uno status di ambiguità. Uno schieramento con Putin farebbe scattare una tempesta di sanzioni contro la Cina minando la sua scalata verso il traguardo di prima superpotenza mondiale. Una mossa contro la Russia però significherebbe consegnarsi nelle mani dell’Occidente, rinunciando altresì ai propri ideali politici, considerato che sullo sfondo vi è il bubbone Taiwan che sta per esplodere.
Dopo un anno di estenuante conflitto nell’Est Europa, il Dragone si è posto come emissario di pace, con un papello di 12 punti che prevede il divieto all’uso di armi nucleari, lo stop alle sanzioni, il rispetto della sovranità e ovviamente il cessate il fuoco. Ma quante reali possibilità ci sono che tutto ciò non sia l’ennesimo salto nel vuoto? Probabilmente poche, se Pechino continua di nascosto a strizzare l’occhio a Putin sull’eventuale rifornimento di armi militari a un Paese ormai depotenziato anche sotto quell’aspetto.