Crisi alimentare: l'Onu lancia l'allarme, ecco perché - Borsa&Finanza

Crisi alimentare: l’Onu lancia l’allarme, ecco perché

I colori della bandiera ucraina rappresentano i campi di grano e il cielo del paese

Una crisi alimentare è imminente. L’allarme è stato lanciato dalla Fao e dal World Food Program dell’Onu. Ma anche senza scomodare i due organismi sovranazionali, tutti ci siamo resi conto che nella catena che porta dalla terra alla tavola qualcosa si è inceppato. E tutti ci siamo voltati verso i confini orientali dell’Europa dove dal 24 febbraio è in corso una guerra. 

Le conseguenze le vediamo nei prezzi della spesa alimentare ma potrebbero essere molto più gravi, come ha spiegato Ivan Mazzoleni, amministratore delegato di Flowe

“L’Ucraina conta per l’80% di grano importato in Libano ed è il principale fornitore di grano per Somalia, Libia e Siria. Un blocco delle importazioni non potrebbe fare altro che surriscaldare la già tesa situazione in questi stati. La Banca mondiale ha messo sull’allarme comunicando che ogni singolo punto percentuale di incremento nel prezzo del cibo, porta ad avere dieci milioni di persone in più in estrema povertà”.

 

Perché l’Ucraina è così importante?

Mazzoleni invita a guardare i colori della bandiera Ucraina. Rappresentano il giallo delle immense distese di grano e il blu del cielo. 

“L’Ucraina ha un terreno particolarmente fertile – riprende l’AD di Flowe – ed è uno degli Stati più coltivati al mondo, con una superficie pari al 57% della nazione. Inoltre è uno dei principali produttori di fertilizzanti al mondo. Un’altra cosa che pochi sanno è che l’Ucraina contribuisce al 30% della produzione di olio di girasole, altra materia prima largamente utilizzata nel settore alimentare. Questo è il motivo per cui i prezzi delle materie prime, in particolare il grano turco, sono saliti di oltre il 60% da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina”.

Non è solo la terra a essere adatta alla produzione di materie prime alimentari in Ucraina:

“L’Ucraina è uno stato strategico quando si parla di export di materie prime: ha diversi porti particolarmente profondi, che consentono la spedizioni di grosse navi cargo in tutto il mondo. Oggi questi porti sono bloccati a causa della presenza di navi russe che controllano la nazione”. 

L’alternativa al trasporto potrebbe essere rappresentata dal treno ma, purtroppo, il sistema ferroviario di origine sovietica non combacia con quello europeo. 

“Questo fa sì che i carichi di grano debbano essere spostati su nuovi treni al confine ucraino, cosa che crea un gigantesco collo di bottiglia” spiega Mazzoleni, che elenca poi ulteriori gli ulteriori problemi creati dalla guerra: 

 

  • i terreni coltivati, pieni di mine e teatro di sanguinose battaglie;
  • la distruzione dei punti ferroviari chiave e il controllo russo su alcuni nodi;
  • l’arruolamento tra i carristi dell’esercito ucraino di chi sa guidare un trattore.

 

“Infine – conclude Mazzoleni – l’Ucraina è uno dei maggiori produttori mondiali di fertilizzanti, la produzione dei quali richiede grandi quantitativi di gas naturale, fornito come sappiamo, dalla Russia.

 

Guerra alimentare

In una situazione di tensione alimentare come quella che il mondo sta affrontando, ciascuna nazione cerca di tutelare in primo luogo i propri cittadini, per evitare disordini interni. E se ci si mette anche il clima, questo non fa che aumentare le difficoltà. Mazzoleni cita il caso dell’India, secondo produttore di grano al mondo dopo la Cina, che ha interrotto le esportazioni di grano all’estero

“a causa di un’ondata di caldo che ha rovinato il raccolto. Gli stessi agricoltori cinesi, bloccati dal lockdown, non sono potuti andare a raccogliere il grano nei campi”.

È una situazione con la quale dovremo imparare a convivere, purtroppo, in quanto “non sappiamo quando il conflitto terminerà, ma il World Food Program stima che quest’anno potrebbero letteralmente sparire 90 milioni di tonnellate di grano, cosa che si traduce nel fabbisogno calorico di oltre 60 milioni di persone. Questo potrebbe tradursi in ulteriori prezzi al rialzo per le materie prime, che si trasformerebbe in crisi di cibo nei paesi più poveri”.

 

La crisi alimentare si combatte con la consapevolezza

L’AD di Flowe termina indicando una via per ridurre gli effetti della crisi alimentare, ridurre il consumo energetico e risparmiare:

“Nell’andare a fare la spesa al supermercato scegliamo materie prime a ristretto raggio chilometrico e meno lavorate, preferibilmente di produzione italiana, in maniera da ridurre l’utilizzo di energia. È una piccola goccia ma sommata a tante altre piccole gocce di altre persone, può portare a rilevanti cambiamenti su scala globale”.

 

 

 

AUTORE

Alessandro Piu

Alessandro Piu

Giornalista, scrive di economia, finanza e risparmio dal 2004. Laureato in economia, ha lavorato dapprima per il sito Spystocks.com, poi per i portali del gruppo Brown Editore (finanza.com; finanzaonline.com; borse.it e wallstreetitalia.com). È stato caporedattore del mensile Wall Street Italia. Da giugno 2022 è entrato a far parte della redazione di Borsa&Finanza.

ARTICOLI CORRELATI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *