Goldman Sachs ha sbagliato le previsioni sulle materie prime. La banca americana aveva pronosticato un rally quest’anno sulla base di una domanda molto forte e di un’offerta che languiva, ma in realtà è andata diversamente. “I tori come noi trovano conforto nel fatto che la domanda di uso finale in tutto il complesso delle materie prime non ha mostrato segni di recessione e gli investimenti nell’offerta rimangono elusivi. Ma questo non coglie il punto che ci sbagliavamo sulle aspettative sui prezzi”, hanno scritto gli analisti di Goldman in una nota.
Il 2022 è stato un anno strepitoso per le materie prime, per via degli effetti post-Covid legati alla crisi di approvvigionamento e dello scoppio della guerra Russia-Ucraina. Specialmente il Paese guidato da Vladimir Putin è uno dei più grandi produttori ed esportatori al mondo di materie prime e, con le sanzioni occidentali, si è verificato un drammatico crollo dell’offerta che ha fatto lievitare i prezzi. In particolare, i beni energetici come gas e petrolio hanno visto prezzi da record, con il primo che alla Borsa di Amsterdam ha raggiunto quota 340 euro e il greggio che ha sfiorato il livello di 140 dollari al barile.
Quest’anno è cambiato tutto, sia per il clima invernale più mite del previsto che ha determinato un risparmio energetico notevole, sia per il tetto al prezzo dei combustibili fossili fissato dall’occidente e sia anche per la capacità di sostituire in parte la Russia con altri Paesi nell’approvvigionamento globale. Questa settimana l’indice Bloomberg sulle materie prime è precipitato di quasi il 10%, toccando i minimi dal 2021. A far leva sul crollo delle quotazioni vi è la preoccupazione sulla domanda, con la Cina che sta registrando una crescita economica più blanda rispetto al previsto e gli Stati Uniti che stanno per andare incontro a una recessione dopo la serie di strette monetarie attuate dalla Federal Reserve per oltre un anno.
“I prezzi continuano a muoversi contro le nostre previsioni”, hanno detto gli analisti di Goldman Sachs, che citano problematiche relative al riposizionamento delle scorte. “Qual è la spiegazione? È probabilmente il più grande destocking di materie prime a cui il complesso abbia mai assistito”, hanno sottolineato.
Materie prime: Goldman Sachs ottimista per il futuro
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi? Posto che la Russia potrebbe essere un problema in gran parte superato, la partita probabilmente si gioca su quanto accade in Cina e negli Stati Uniti. Pechino è tra i più grandi consumatori mondiali di materie prime e la sua domanda è di fondamentale importanza per sostenere i prezzi. Il Paese è uscito dai blocchi Covid e ha cercato di riorganizzarsi allentando anche la pressione sulle grandi aziende del Paese. Tuttavia, ancora l’economia non riesce a spiccare il volo e il Covid-19 è tornato a farsi vivo destando più di una preoccupazione.
Contestualmente gli USA temono una contrazione dell’economia, sebbene ancora segnali evidenti in tale direzione non ce ne siano. Il mercato del lavoro in effetti si mantiene straordinariamente forte, ma la crisi bancaria che ha investito il Paese potrebbe riverberarsi sulle attività economiche mandando al tappeto la produzione. Ciò inevitabilmente finirebbe per flettere la domanda di materie prime, con il conseguente calo dei prezzi.
Queste tuttavia sono ipotesi fondate sul più cupo degli scenari, ma è possibile che si verifichino situazioni meno catastrofiche. Di questo sono convinti gli analisti di Goldman Sachs, secondo cui le materie prime torneranno a crescere di valore. “L’assenza di una recessione porterebbe probabilmente a prezzi più elevati del petrolio e delle materie prime, nonché a tassi più elevati, a cui le azioni probabilmente reagirebbero male”, hanno detto.