Johnson vuole il voto anticipato. Sterlina e borse deboli: la Brexit resta un’incognita
Per una volta non è il Regno Unito in ritardo sulla tabella di marcia della Brexit, ma l’Unione Europea. Gli ambasciatori Ue hanno rinviato la decisione sulla durata della proroga chiesta dalla Gran Bretagna sull’uscita dall’Europa, inizialmente prefissata per il 31 ottobre dal premier Boris Johnson. Il quale, dopo aver sostanzialmente fallito la promessa che aveva fatto ai cittadini inglesi sulla data di uscita, ha affermato che spingerà per indire elezioni anticipate per il 12 dicembre.
Reazioni del Mercato
La sterlina oggi è debole, sta perdendo lo 0,27% nei confronti dell’euro e lo 0,31% nei confronti del dollaro. Perdite moderate, anche in virtù del fatto che viaggia ai minimi da metà maggio nel cambio con la moneta unica, ma che indicano una nuova incertezza attorno alla Brexit. Che non sembra trovare pace anche nel momento in cui di fatto è stata decretata la sconfitta di tutti coloro i quali erano a favore di un’uscita senza accordo.

Grafico Euro Sterlina by TradingView
Brexit entro il 31 gennaio? Entro martedì (forse) si decide
Tutto rinviato dunque alla settimana prossima. I 27 Stati membri concordano, in linea di principio, che la Brexit debba essere ritardata oltre la fine del mese. Quanto esattamente, non è ancora dato saperlo: si discute se andare incontro alla richiesta del Regno Unito e fissarla entro il 31 gennaio 2020, o se accorciare i tempi. Gli ambasciatori hanno convenuto che le decisioni potrebbero essere prese mediante procedura scritta, piuttosto che in un vertice di emergenza dei leader, anche se la loro prossima riunione è prevista lunedì o martedì, giorni in cui è stata fissata una scadenza informale per prendere una decisione definitiva.
Le elezioni anticipate chieste da Johnson
La prospettiva delle elezioni anticipate nel Regno Unito ha aumentato il già alto grado di incertezza sulla vicenda Brexit. Giovedì, il primo ministro britannico Boris Johnson ha dichiarato che intende procedere con il tentativo di organizzare il voto per il 12 dicembre. Un’iniziativa a cui si è subito opposto il Partito Laburista: prima di procedere, ha chiesto il movimento che fa capo a Jerome Corbyn, servono garanzie sull’esclusione categorica dell’opzione no deal tra le alternative da prendere in considerazione. Per procedere a nuove elezioni, va ricordato, serve la maggioranza dei due terzi del parlamento, che finora si è sempre rivelato molto ostile a Boris Johnson.