Shutdown USA: cos'è e come funziona - Borsa&Finanza

Shutdown USA: cos’è e come funziona

Shutdown USA: cos'è e come funziona

In questi giorni si è molto parlato dello shutdown USA che potrebbe mettere in difficoltà l’economia americana. Se entro il 1° ottobre il Congresso non trova un accordo per i piani di spesa dello Stato, avrà luogo una procedura – conosciuta appunto come shutdown – che rischia di avere delle conseguenze spiacevoli per il Paese. Vediamo quindi in cosa consiste lo shutdown e cosa comporta una volta che si verifica.

 

Shutdown USA: cos’è e perché avviene

Lo shutdown, il cui termine letterale tradotto significa “spegnimento”, è una procedura secondo la quale le attività amministrative non essenziali dello Stato subiscono un arresto se entro il 1° ottobre il Congresso non approva i piani di spesa dell’esecutivo per l’anno successivo. La data è importante perché è quella in cui ha inizio l’anno fiscale negli Stati Uniti. Le attività che subiscono uno stop potranno riprendere a funzionare in un momento successivo qualora le forze parlamentari riescano a giungere a un compromesso. Il Congresso deve fare quindi una legge sulla spesa pubblica, la cui approvazione dovrà avvenire da entrambi i rami del parlamento, ossia la Camera dei Rappresentanti e il Senato, e successivamente promulgata dal Presidente degli Stati Uniti.

Ma quali sono le attività statali non essenziali che si fermano in caso di shutdown? Al momento vengono giudicate tali le seguenti:

 

  • pulizia dei parchi pubblici;
  • apertura di musei e monumenti;
  • ammissione di pazienti presso i centri di ricerca;
  • monitoring da parte dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie;
  • esecuzione dei processi civili;
  • esercizio delle attività presso la NASA;
  • servizi di assistenza ai veterani e tributaria;
  • finanziamenti statali per piccole imprese e privati.

 

Viceversa, le attività ritenute essenziali e che non possono in alcun modo essere interessate dalla shutdown riguardano:

 

  • servizi postali;
  • riscossione tributi;
  • assistenza medica;
  • servizi di forze di polizia, militari e vigili del fuoco;
  • controllo del traffico aereo;
  • servizi meteorologici.

Shutdown USA: cosa accade e quali effetti

Una volta che avviene lo shutdown, il governo federale garantisce i servizi essenziali elencati. Per quanto riguarda il traffico aereo tuttavia è possibile registrare ritardi nelle partenze e negli arrivi dei velivoli. Le attività che fanno parte dei servizi non essenziali invece subiranno un blocco, con una parte dei dipendenti pubblici che viene mandata in congedo non retribuito. Il Congresso comunque provvede al pagamento retroattivo allorché il blocco viene rimosso.

Scendiamo nei particolari. I parchi pubblici, musei e monumenti vengono immediatamente chiusi ai visitatori. L’ammissione dei pazienti presso gli istituti nazionali di sanità viene sospesa, mentre è ridotta la capacità di controllo da parte dei centri per la prevenzione e il controllo delle malattie. Molti processi civili subiscono uno slittamento dopo dieci giorni dallo shutdown. Il numero di impiegati della NASA impegnati nelle operazioni in corso viene ridotto. Le piccole imprese e i privati che possono usufruire di agevolazioni statali vedranno un ritardo nell’erogazione del denaro pubblico.

 

Un po’ di storia

L’origine dello shutdown USA può essere fatta risalire al 1870, quando fu elaborata una prima versione dell’Antideficiency Act, che mirava a prevenire le spese in eccesso rispetto agli stanziamenti varati dal Congresso e gli indebitamenti degli enti governativi. La legge fu emendata diverse volte nel corso degli anni, fino ad arrivare alla versione del 1982 ancora attuale.

Il primo shutdown si verificò nel 1976 e da allora altre 19 volte l’America ha dovuto affrontare casi di blocco delle attività non essenziali. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, le attività ripresero a funzionare nell’arco di un paio di giorni. Solo in quattro circostanze, lo shutdown si prolungò per più tempo.

Il primo di questi casi avvenne il 13 novembre del 1995, quando il presidente Bill Clinton si oppose a una risoluzione approvata dal Congresso a maggioranza repubblicana. Lo stop durò fino al 19 novembre, quando si raggiunse un accordo che prevedeva un finanziamento del 75% della spesa per quattro settimane.

Il secondo shutdown lungo arrivò il 15 dicembre 1995, allorché Clinton rifiutò la proposta dei repubblicani di un budget in pareggio per un calendario di sette anni utilizzando i numeri dell’Ufficio di bilancio del Congresso, piuttosto che i numeri dell’ufficio di gestione e bilancio del presidente. Alla fine si trovò una soluzione di comodo il 6 gennaio 1996.

Il terzo blocco sopraggiunse nel 2013, quando il Congresso si scontrò sul programma di finanziamento noto come Obamacare. L’allora presidente Barack Obama e il parlamento statunitense si accordarono per le paghe alle forze militari e le retribuzioni arretrate dei dipendenti in quarantena. La chiusura però durò fino al 16 ottobre, quando democratici e repubblicani trovarono un accordo che estendeva i finanziamenti per i servizi governativi fino al 15 gennaio, apportando solo lievi modifiche all’Obamacare e ad altri finanziamenti.

L’ultimo vero shutdown fu nel 2018, sotto la presidenza di Donald Trump, e registrò la più lunga chiusura delle attività governative (dal 22 dicembre al 25 gennaio). Il motivo del contendere fu la costruzione di un muro di confine tra USA e Messico. Trump avrebbe voluto che il finanziamento della spesa includesse anche quest’opera, ma il Congresso bocciò la proposta. Il 25 gennaio fu firmato un accordo temporaneo sui finanziamenti per dare il tempo alla politica di risolvere la questione sul muro di confine.

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