La tassa sugli extraprofitti delle banche in Europa è stata oggetto di ferventi discussioni tra gli esponenti politici e gli opinionisti. Da quando le Banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi d’interesse nel 2022 per combattere l’inflazione più aggressiva degli ultimi 40 anni, gli istituti di credito hanno ottenuto un indubbio vantaggio. Il loro core business determinato dall’attività di intermediazione sul credito è cresciuto in maniera rilevante attraverso la redditività netta da interessi. In sostanza, le aziende di credito hanno adeguato le strette delle autorità monetarie aumentando i tassi sui prestiti e mutui in maniera più rapida e corposa rispetto a quanto hanno fatto con i tassi sui depositi. Ciò ha allargato sempre più la forbice e portato a importanti guadagni, mentre i Paesi sopportavano il peso dell’inflazione e degli alti costi di finanziamento.
Questo è stato ritenuto “ingiusto” da parte di molti governi, che hanno preso delle contromisure per ridistribuire più equamente la ricchezza attraverso un’imposizione nei confronti dei profitti delle banche. Gli effetti di tali misure non sono passati inosservati sui mercati finanziari, dando adito a un acceso dibattito sull’opportunità del provvedimento. Alcuni hanno contestato il fatto che il sistema finanziario potrebbe essere messo sotto pressione, con i rischi poi per tutta l’economia a cui è legato a doppio filo. Altri hanno sollevato il problema che le banche avrebbero trasferito il costo della tassa sugli extraprofitti nelle commissioni applicate ai conti correnti e quindi alla fine l’onere sarebbe ricaduto sui clienti. Altri ancora hanno osservato che il guadagno delle banche sarebbe stato momentaneo e parziale. Momentaneo in quanto poi avrebbero dovuto alzare il tasso sui depositi per evitare che i clienti spostassero il denaro presso altri istituti più competitivi. Parziale poiché con i tassi più alti l’attività del credito sarebbe rallentata per un calo della domanda e altre aree di business come l’investment banking si sarebbero contratte per la diminuzione delle operazioni di IPO e M&A.
Tutte queste considerazioni hanno indotto alcuni governi a correggere il tiro rispetto al disegno di legge originario per venire incontro alle banche ed evitare il caos. Mentre alcuni Paesi, pur riconoscendo circa l’opportunità di chiedere un contributo alle banche, alla fine hanno preferito defilarsi. Ma vediamo nel dettaglio chi ha imposto la tassa sugli extraprofitti degli istituti di credito e in quale misura, nonché chi invece ha optato per nessuna tassazione.
Tassa extraprofitti banche: da chi è stata imposta
Di seguito passiamo in rassegna i Paesi che hanno legiferato per una tassa straordinaria sugli extraprofitti delle banche e quali sono state le novità introdotte.
Italia
In Italia, il governo è partito a spron battuto ad agosto annunciando un’imposta del 40% sulla differenza tra il reddito netto da interessi 2022 e quello 2021 in eccesso di un guadagno del 5%, o sulla differenza tra il reddito netto 2023 e quello 2021 sopra il 10% di profitto. L’ammontare non poteva essere superiore allo 0,1% del totale dell’attivo. Il putiferio scatenato in Borsa con il crollo delle azioni bancarie e le aspre critiche della Banca centrale europea hanno spinto il governo a modificare la bozza di legge, inserendo alcune importantissime novità.
La più significativa riguarda la possibilità delle banche di aggirare il pagamento della tassa destinando a riserva – non distribuibile e finalizzata al rafforzamento del coefficiente di capitale primario Tier 1 – fino a 2,5 volte l’imposta che dovrebbero pagare allo Stato. In secondo luogo, l’ammontare dell’imposta diventa non superiore allo 0,26% delle attività ponderate per il rischio delle banche su base individuale. Infine, il prelievo ora si riferisce al 40% degli utili extra delle banche italiane intesi come differenza tra il reddito netto da interessi 2023 e quello 2021 superiore al 10%.
Originariamente lo Stato mirava a incassare fino a 3 miliardi di euro, ma l’obiettivo è diventato troppo ambizioso, ancor più che i principali istituti finanziari come Intesa Sanpaolo e UniCredit hanno già annunciato che destineranno il capitale a riserva. Nel complesso, le banche hanno accantonato una cifra di almeno 4,5 miliardi di euro per evitare di pagare la tassa straordinaria.
Spagna
La Spagna ha attuato una windfall tax sugli istituti di credito approvata nel 2022 che prevede un’imposizione del 4,8% sul margine di interesse netto e sulle commissioni nette oltre la soglia di 800 milioni di euro. Il governo spagnolo ha stimato un incasso dal provvedimento di 3 miliardi di euro entro il 2024.
Repubblica Ceca
La Repubblica Ceca ha vagliato una legge lo scorso anno che stabiliva una tassa del 60% sulle società energetiche e sulle banche finalizzata a sostenere le famiglie e le imprese tramortite dall’aumento forsennato delle bollette di gas ed elettricità. Il gettito per lo Stato si aggirerebbe al di sotto di 10 miliardi di corone per quanto concerne la parte derivante dalle banche. L’introito alla fine sarà di meno rispetto a quanto inizialmente stimato.
Ungheria
L’Ungheria ha stabilito una windfall tax per il 2024, ma ha dato l’opportunità alle banche con un decreto di giugno di alleggerire l’esborso fino al 50% se acquistano più titoli di Stato. In compenso, ha messo una “social tax” su investimenti e proventi come plusvalenze e interessi sui depositi bancari e titoli.
Svezia
A gennaio 2022 il governo ha messo una tassa sul rischio per le banche con attività in Svezia superiori a 150 miliardi di corone, con l’obiettivo di creare un fondo per far fronte a una crisi finanziaria globale. L’aliquota ammontava allo 0,05% lo scorso anno, ma da quest’anno è stata ritoccata di 1 punto base. Lo Stato svedese prevede di raccogliere una cifra di 6 miliardi di corone ogni anno.
Lituania
Il Parlamento lituano ha approvato una tassa sugli extraprofitti delle banche a maggio del 2023 che vale per quest’anno e il prossimo. L’aliquota risulta del 60% sul margine di interesse che oltrepassa il 50% delle media dei quattro anni precedenti. L’introito previsto dal governo è di 410 milioni di euro e verrà utilizzato per la difesa.
Slovacchia
Anche il nuovo governo slovacco ha partecipato alla fiera della tassazione alle banche per i guadagni in eccesso conseguenti all’aumento dei tassi d’interesse. La tassa speciale imposta dovrebbe portare nelle casse erariali 336 milioni di euro che serviranno ad abbassare il deficit di bilancio per il 2024.
Chi non ha adottato alcuna imposizione
Ci sono alcuni Paesi in cui le banche hanno visto lauti guadagni negli ultimi anni e dove diversi movimenti hanno caldeggiato un’imposizione fiscale. Tuttavia, per diverse ragioni, i governi hanno resistito dalla tentazione di tassare il settore bancario. Ecco chi sono.
Germania
Dai minimi pandemici, il margine di interesse delle maggiori banche tedesche è cresciuto anche fino al 70%, ma una tassa sugli extraprofitti non è mai stata veramente in discussione tra i livelli alti dell’esecutivo. La motivazione sta nel fatto che ciò avrebbe un effetto dannoso per tutto il sistema imprenditoriale, di cui le banche fanno parte.
Francia
In Francia ci sono state polemiche sul fatto che gli utili delle banche siano stati utilizzati per premiare gli azionisti attraverso i riacquisti di azioni proprie e non i dipendenti. Al punto che il presidente Emmanuel Macron la scorsa primavera ha portato avanti una campagna per la condivisione dei profitti da parte delle aziende che avevano più di 5 mila dipendenti.
Tutto ciò non ha condotto per ora a nulla di concreto, ma ad ogni modo sembra fuori discussione la possibilità che venga avanzata una proposta per tassare gli extraprofitti delle banche. Il motivo sta nella normativa anti-usura che limita il ritmo di crescita trimestrale dei tassi sui prestiti delle banche e nella regolamentazione del risparmio che lega il rendimento all’inflazione.
Regno Unito
Il caso del Regno Unito è un po’ particolare perché non c’è una tassa sugli extraprofitti, ma dal 2011, in risposta alla crisi finanziaria, le banche britanniche pagano un’imposta sugli attivi di bilancio e agli istituti stranieri è imposto un prelievo sugli attivi legati ad attività britanniche. Questo probabilmente evita al governo di attuare un’imposizione ulteriore sulla scorta della tassa sugli extraprofitti stabilita per le compagnie energetiche.
Portogallo
Anche il Portogallo è un caso speciale, dove la tassa sugli extraprofitti delle banche è oggetto di grande dibattito nel Paese. Il mondo bancario nazionale si sta battendo con tutte le forze, attraverso l’Associazione bancaria portoghese (Apb), perché Lisbona non segua l’esempio di nazioni come l’Italia. Il motivo è che le banche portoghesi sono già sottoposte a tasse straordinarie che poi durano vita natural durante. Una è quella introdotta nel 2011, dopo la crisi del debito sovrano. I fondi vengono usati per sostenere il Fondo unico di risoluzione bancaria che serve per proteggere i risparmiatori in caso di fallimento di un istituto di credito. Un altro prelievo straordinario riguarda l’addizionale di solidarietà creata nel 2020 per sostenere le famiglie colpite economicamente dalla pandemia.
Ad ogni modo, la priorità del governo portoghese in questo momento non è quella di mettere una tassa sugli extraprofitti delle banche, ma sembra più essere quella di aiutare le famiglie che hanno contratto il mutuo sulla casa a tasso variabile attraverso la facilitazione del passaggio al tasso fisso in maniera poco onerosa.
Belgio
Il Belgio come la Gran Bretagna ha introdotto una tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche dopo la guerra Russia-Ucraina ed è stato fortemente tentato di fare lo stesso riguardo le banche. All’interno del governo si è aperto un ampio dibattito che creato una spaccatura tale che alla fine ha fatto optare per lo status quo.