Tassi Fed: per BofA ci saranno 3 rialzi nel 2022 - Borsa&Finanza

Tassi Fed: per BofA ci saranno 3 rialzi nel 2022

Tassi Fed: per BofA ci saranno 3 rialzi nel 2022

Dove andranno i tassi Fed nei prossimi mesi? L’arrivo della variante Omicron sembra aver raffreddato le ipotesi che la Federal Reserve possa agire prima del previsto per l’aumento dei tassi d’interesse. Jerome Powell si trova in questo momento tra 2 fuochi. Uno determinato da un’inflazione che morde allo stomaco l’economia americana ma che il Governatore continuare a giudicare transitoria. Un altro per molti versi inatteso rappresentato proprio dal nuovo ceppo del Covid-19. La prevalenza dell’uno o dell’altro alla fine condizionerà le scelte dell’istituto monetario statunitense.

In verità, già prima della variante sudafricana i timori che l’economia statunitense potesse risentire di un freno alla ripresa erano molto forti. Quindi l’eventuale recrudescenza del virus potrebbe rappresentare l’alibi della Fed per rimanere ferma senza fare nulla. D’altro canto ci si chiede fino a che punto la Banca Centrale potrà continuare a tollerare una crescita dei prezzi a questi ritmi senza che ciò si ripercuota in maniera esiziale su risparmi e consumi degli americani.

 

BofA: 3 aumenti dei tassi Fed nel 2022

Sulla delicata questione si sono espressi gli analisti di Bank of America, che all’inizio della settimana hanno formulato le loro previsioni su crescita, inflazione, mercati azionari e decisioni della Fed. A giudizio della banca d’affari statunitense il PIL a stelle e strisce crescerà del 6% in più alla fine del 2021 rispetto allo scorso anno, con un aumento di un altro 4% nel 2022 e del 2% nel 2023.

L’inflazione dovrebbe invece rallentare, pur rimanendo al di sopra del target del 2% stabilito dalla Fed. Quanto basta per muovere l’istituto centrale che, a partire da giugno del prossimo anno, piazzerebbe ben 3 aumenti dei tassi d’interesse nel 2022, 4 nel 2023 e 1 nel 2024.

Se le previsioni di BofA si dovessero avverare ciò sarebbe molto sorprendente, perché in totale dissonanza con quanto gran parte dei membri del FOMC hanno ripetuto in questi mesi sulla pericolosità dell’inflazione. La Fed ha sempre fatto intendere che l’indice dei prezzi al consumo potrebbe essere lasciato correre, nell’attesa che lo short supply e il rally delle materie prime si arrestassero. Tutto quanto anche in concomitanza con il venir meno della carenza di manodopera. Un cambiamento così netto di visione implicherebbe una percezione che l’impatto sull’inflazione sia più forte di quanto immaginato.

 

BofA: il prossimo anno S&P 500 piatto

Come si ripercuoterebbero le decisioni della Banca Centrale USA sui mercati azionari? BofA ritiene che alla fine del prossimo anno l’indice S&P 500 rimarrà più o meno agli stessi livelli attuali, ossia a 4.600 punti. Il discorso cambia nei prossimi 10 anni, dove le previsioni sono per un calo delle quotazioni, con i dividendi che rappresenteranno la parte più importante dei rendimenti degli azionisti.

Negli ultimi 100 anni le cedole hanno costituito circa il 30% dei rendimenti totali, per la banca è possibile che in futuro la percentuale possa salire. Quest’anno si è verificata una situazione transitoria, nel senso che la distribuzione dei dividendi non ha seguito la grande crescita degli utili. Infatti le aziende hanno tergiversato nell’utilizzare liquidità in un ambiente comunque molto incerto.

In seguito però per BofA gli azionisti incalzeranno le società sul fatto che le performance azionarie saranno più basse. Quindi chiederanno maggiori rendimenti dai dividendi, che solo nel 2022 dovrebbero crescere del 13%. Mentre verranno ridotti i buyback azionari perché i prezzi delle azioni l’anno prossimo si manterranno in prossimità dei massimi storici e non risulta conveniente per le aziende riacquistare i titoli a prezzi elevati.

 

BofA: dove investire e cosa evitare

Tra i titoli su cui la banca con sede a Charlotte, nel Nord Carolina, punterebbe maggiormente vi sono quelli di società che hanno bilanci solidi e con flussi di cassa sani, quindi azioni di alta qualità e con buoni fondamentali. A livello settoriale rientrano tra le preferenze: i titoli finanziari, che beneficerebbero di un ambiente con tassi più alti; gli energetici, che sfruttano l’aumento dei prezzi del petrolio; e infine i sanitari, che traggono vantaggio dalla perdurante pandemia.

Da evitare per gli analisti di BofA i titoli legati alla crescita, i quali hanno approfittato per tanti anni di tassi bassi che hanno reso attraenti gli investimenti societari a lunga durata. Con rendimenti in crescita i flussi reddituali diventerebbero più vulnerabili alla volatilità dei tassi, con le quotazioni azionarie che ne risentirebbero di riflesso.

 

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