Nella classifica Best Workplace Italia relativa al 2022 redatta da Great Place To Work, le migliori realtà italiane per welfare aziendale sono Fluentify fra le piccole imprese fino a 50 dipendenti, Biogen Italia per la categoria da 50 a 149 collaboratori, Cisco System Italy e Micron Semiconductor Italia tra le Big con oltre 150.000 lavoratori. Ma quando si parla di welfare aziendale, che cosa si intende di preciso?
Welfare aziendale: cos’è e come funziona
Il welfare aziendale è quell’insieme di servizi e fringe benefits (il termine inglese con cui si indicano i benefici accessori) riconosciuti ai lavoratori dipendenti in busta paga in aggiunta alla retribuzione. Il sistema contribuisce al “benessere organizzativo” dell’azienda, promuovendo e tutelando la salute fisica, sociale e psicologica di tutti i lavoratori e le lavoratrici. Naturalmente il welfare aziendale non è obbligatorio per legge, a meno che non sia contenuto nel CCNL di riferimento.
Con il welfare aziendale le imprese, grandi o piccole che siano, inclusi i professionisti e le Partite IVA con uno staff, possono contare su uno strumento attraente per la forza lavoro, capace di aggiungere valore al marchio, attirare nuovi talenti e ridurre il turnover, il ricambio spesso forzato del personale. Il benessere in azienda migliora l’immagine e la reputazione dell’impresa, aumenta la produttività e la flessibilità dei dipendenti e li rende più motivati, autonomi, soddisfatti, concentrati e responsabili. Le aziende hanno a disposizione delle agevolazioni fiscali e possono decidere quale tipo di welfare concedere ai propri lavoratori: la tipologia sarà valida per tutti i dipendenti e non soltanto per una determinata categoria o per i singoli.
Con i benefici di questo tipo di welfare, l’azienda di qualsiasi dimensione e livello fa aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, in particolare nelle fasi di incertezza economica e di elevata inflazione, e ne incrementa il benessere e la soddisfazione, permettendo di bilanciare vita privata e impiego, ovvero il cosiddetto work-life balance. In aggiunta, a meno che non ci siano specifici vincoli fiscali, i dipendenti sono sempre liberi di utilizzare il welfare come meglio credono e i fringe benefits possono essere estesi anche ai familiari.
A definire il welfare aziendale sono gli articoli 12, 49, 50, 51, 52 e 100 del TUIR (il Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e diverse leggi di stabilità. I benefici vanno dai benefits classici del tradizionale pacchetto welfare ai bonus aziendali in denaro (magari per un particolare risultato di produttività raggiunto) fino ai flexible benefits per il tempo libero. Nel welfare aziendale 2023 rientrano otto categorie di beni e servizi che non vanno a cumularsi al reddito imponibile:
- abbonamenti per la mobilità: trasporto pubblico (metropolitane, autobus, treni);
- assistenza sanitaria: contributi per il ricovero presso enti e case specializzate;
- beni e servizi di natura: buoni pasto, supporto alle utenze domestiche, buoni spesa, shopping e carburante nei negozi fisici e sui principali e-commerce;
- educazione e istruzione: rette, acquisti di libri scolastici, soggiorni e campus estivi, master, corsi di lingua;
- fondi di previdenza: pensione complementare;
- prestazioni sanitarie: visite specialistiche, esami, riabilitazione, supporto psicologico;
- servizi di assistenza: baby-sitting, assistenza domiciliare;
- tempo libero e ricreazione: cinema e teatri, centri sportivi, impianti sciistici, viaggi, spettacoli, attività extrascolastiche.
Fringe benefits, cosa sono? Esempi e tipologie
Il welfare aziendale è una combinazione di più elementi e benefici accessori. Questa leva ha l’obiettivo di garantire al lavoratore una serie di beni e servizi accessibili gratuitamente e a condizioni vantaggiose senza l’obbligo e la necessità di rivolgersi al mercato per acquistarli. Ecco alcuni esempi di fringe benefits che compongono il welfare aziendale:
- mensa e buoni pasto;
- auto aziendale;
- telefono aziendale;
- corsi di perfezionamento;
- corsi di lingue e MBA;
- polizze assicurative sulla vita;
- strumenti di previdenza complementare come fondi pensione;
- prestito personale a tassi inferiori a quelli di mercato;
- alloggio;
- borse di studio, scuole e asili nido per i figli;
- ludoteca, centri sportivi estivi e invernali.
Welfare aziendale: limiti di spesa e tassazione
La soglia massima per gli strumenti di welfare aziendale è di 3.000 euro per i dipendenti con figli a carico (per il periodo di imposta 2023: la soglia precedente era stata portata dal Decreto Aiuti bis a 600 euro) e di 258,23 euro per i dipendenti senza figli. I fringe benefits sono esenti da tasse e contributi (se si rispettano i limiti stabiliti dalla legge) e non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente fino a un tetto prestabilito.
Per le somme superiori ai 258,23 euro, si applica la tassazione prevista sull’intero benefit. I datori di lavoro, in quanto sostituti di imposta, sono obbligati a comunicare all’INPS i benefit aziendali erogati e a fine anno devono concedere eventuali conguagli ai lavoratori.
Per quanto riguarda i redditi delle società, sono deducibili fino al 5 per mille (lo 0,5%) dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente “le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”. Tuttavia, se i fringe benefits non sono “volontariamente sostenuti” ma vengono inseriti in un accordo vincolante per l’azienda come un regolamento unilaterale o un’intesa sindacale, allora la deducibilità è integrale.
All’interno del welfare aziendale rientrano pure i premi di risultato, ossia quelle gratificazioni assegnate dai vertici dell’azienda in base al raggiungimento di determinati obiettivi. I PDR sono soggetti a un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%. Il premio, tuttavia, può essere convertito in beni e servizi di welfare e diventare così esentasse al 100% se:
- l’importo è detassabile fino a 2.000 euro;
- il reddito del dipendente è inferiore a 50.000 euro nell’anno precedente a quello dell’erogazione;
- il premio è istituito nella contrattazione aziendale di secondo livello;
- i parametri dell’erogazione specificano miglioramenti di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione rispetto a un periodo precedente.