Il presidente della Fed Jerome Powell ha lanciato un ordigno sulle Borse mondiali. In occasione dell’audizione tenuta davanti alla Commissione bancario del Senato USA. il numero uno della Banca centrale statunitense ha detto che molto probabilmente i tassi d’interesse saranno alzati più del previsto per rispondere ai dati recenti molto forti su inflazione e mercato del lavoro. Questo implica un ritorno a strette di 0,50 punti percentuali, dopo che l’ultima mossa era stata di soli 25 punti base. “Se i dati dovessero indicare che una stretta più rapida è giustificata, saremmo pronti ad aumentare l’entità dei rialzi dei tassi”, ha detto Powell.
Wall Street ha reagito con vendite diffuse che hanno portato l’S&P 500 a chiudere con un ribasso dell’1,53%. Anche le Borse asiatiche ne hanno risentito nella notte, con l’Hang Seng in perdita del 2,35%. Nella mattinata di oggi i mercati azionari europei stanno viaggiando sulla parità, dopo un inizio in rosso. Il rendimento dei titoli di Stato USA è tornato a salire, con i T-Note decennali che ora lambiscono nuovamente un rendimento del 4%. Sui mercati valutari il dollaro USA si è rafforzato, con l’EUR/USD nei pressi di 1,0536 da 1,0685 del giorno prima della testimonianza di Powell.
Ecco cosa è successo ieri al Congresso
I commenti del 70enne di Washington a Capitol Hill sono stati i primi da quando l’inflazione è salita in maniera imprevista nel mese di gennaio, segnando un intoppo importante nel processo disinflazionistico innescato verso la fine del 2022. Un argomento caldo del dibattito ha riguardato il rapporto tra tassi, crescita e occupazione. Alcuni senatori democratici hanno lanciato accuse alla Federal Reserve in merito al fatto che l’unica strada per frenare l’inflazione sia quella di lasciare a casa milioni di lavoratori. Mentre secondo altri, l’aumento dei tassi di interesse certamente non impedirà alle imprese di sfruttare “tutte queste crisi per aumentare i prezzi”.
Alcuni repubblicani invece hanno sostenuto che la sola possibilità per abbattere il costo della vita sia quella di “attaccarlo sotto il profilo monetario e fiscale”, evitando di creare perdite di posti di lavoro. Altri hanno posto l’accento sul fatto che gran parte dell’inflazione sia determinata dal caro energia, per cui occorrerebbe aumentare l’offerta energetica per abbassare i prezzi.
L’atteggiamento di Powell però si è mantenuto rigido. “I lavoratori staranno meglio se l’inflazione va fuori controllo?” ha affermato rispondendo alle osservazioni dei democratici. In merito a quanto asserito dai repubblicani riguardo la questione energetica, il governatore ha puntualizzato che è un compito che “non spetta alla Fed”.
Fed: dopo le parole di Powell tutti vedono i tassi al 6%
Il sentiment di investitori e analisti si è incupito dopo le dichiarazioni di Powell al Senato, con le attese sul tasso terminale della Fed che ora sono del 6%, dal 4,75% attuale. “Dato il robusto mercato del lavoro e l’inflazione vischiosa, pensiamo che ci sia una ragionevole possibilità che la Fed dovrà portare il tasso dei Fed Funds al 6%, e poi mantenerlo lì per un periodo prolungato per rallentare l’economia e far scendere l’inflazione vicino al 2%”, ha detto Rick Rieder, responsabile degli investimenti per il reddito fisso globale di BlackRock, in una nota.
Dello stesso avviso risulta Kellie Wood, vice responsabile del reddito fisso di Schroders Plc in Australia, secondo cui “un tasso terminale del 6% non è fuori questione ora”. Mark Reade, responsabile della ricerca desk a reddito fisso di Mizuho Securities Asia, ha dichiarato che, anche se non è lo scenario base, un tasso dei Fed Funds del 6% “si tradurrebbe probabilmente in un dollaro più forte, una crescita globale più debole e, in ultima analisi, un ribasso per le valutazioni degli asset rischiosi”. Mentre, John Bromhead, stratega valutario di Australia & New Zealand Banking Group Ltd, rinuncia al piano di vendere USD/JPY intorno al livello 137-138, dal momento che “probabilmente i tassi terminali saranno diretti al 6%”.