Alla Borsa di Amsterdam è tornata la paura in questi giorni riguardo il gas naturale europeo, dopo l’impennata dei prezzi che lo ha portato alle soglie dei 40 euro a megawattora. Oggi i future con scadenza settembre hanno ritracciato di circa 5 punti percentuali a 37,70 euro, ma nell’ultima seduta che si è chiusa mercoledì le quotazioni sono salite del 40% per poi terminare la sessione con un più modesto rialzo del 27,79%.
Balzi simili era da molto tempo che non si vedevano, ovvero dai momenti più critici seguiti alla guerra Russia-Ucraina, quando la riduzione delle forniture da Mosca avevano innescato una crisi energetica che aveva tramortito l’Europa. Il prezzo del gas nel 2022 ha toccato picchi di 340 euro a megawattora, per poi iniziare una parabola discendente generata dalla decisione di imporre un price cap al prezzo e dall’aumento di forniture di gas naturale liquefatto (GNL) da altri paesi, in testa gli Stati Uniti.
Gas naturale: cosa spiega il balzo delle quotazioni
Le turbolenze che si sono viste al TTF (Title Transfer Facility), il principale mercato del gas europeo, si possono spiegare con i disordini che stanno avvenendo in Australia negli impianti di GNL. I lavoratori delle strutture di Chevron Corp. e Woodside Energy Group Ltd hanno votato per approvare l’azione sindacale nelle operazioni di North West Shelf, Wheatstone e Gorgon e stanno pianificando una serie di scioperi, che potrebbero iniziare già la prossima settimana, per protestare contro salari bassi e insufficiente sicurezza del lavoro.
Tutto ciò alimenta il rischio che si verifichino interruzioni nelle forniture di GNL dall’Australia. In realtà il paese oceanico non incide più di tanto sull’approvvigionamento europeo, ma il fatto che il Vecchio continente dipenda sempre più dall’offerta di GNL per coprire il fabbisogno della regione è sufficiente affinché qualsiasi turbolenza tale da configurare una riduzione dell’output a livello globale scateni il panico nel mercato. L’Europa non si è ancora ripresa dallo shock della crisi energetica, che ha mandato alle stelle le tariffe delle bollette mettendo in ginocchio imprese e famiglie. E nonostante i livelli di stoccaggio siano prossimi alla capacità massima dei paesi la vulnerabilità delle forniture non lascia tranquilli.
Cosa pensano gli analisti
Gli analisti mantengono una posizione prudente di fronte a quanto sta accadendo, temendo potenziali interruzioni delle forniture. Secondo Callum Macpherson, responsabile delle materie prime di Investec, “anche se gli stoccaggi di gas sono pieni, ciò non significa necessariamente che tutto vada bene”. Il problema starebbe nel prossimo inverno, a suo avviso, che al momento non si sa come sarà. “Ci sono ancora significativi rischi di coda per la situazione del gas in Europa“, ha aggiunto.
La società di consulenza ICIS ritiene invece che il calo delle forniture dall’Australia danneggerà più che altro l’Asia, essendo un fornitore vitale per il continente. La questione è che poi l’Asia si metterebbe in competizione con l’Europa per i carichi disponibili. “Un taglio dell’offerta australiana potrebbe significare che gli acquirenti asiatici aumenteranno l’acquisto da altri venditori come gli Stati Uniti e il Qatar” che al momento sono preziosi partner dell’Europa.
A destare molte preoccupazioni è la durata degli scioperi australiani. “Se andassero avanti per tutto l’inverno (australe ndr) allora il gas naturale europeo potrebbe non raggiungere i livelli massimi della capacità di stoccaggio”. La banca americana stima che i prezzi arriveranno a 62 euro entro gennaio, se gli scioperi continueranno fino all’inizio dell’inverno europeo e se si protrarranno oltre.
Del medesimo avviso è Warren Patterson, responsabile della strategia delle materie prime presso ING Groep NV a Singapore. “Dove andranno i prezzi da qui dipenderà dal fatto che questa azione di sciopero vada avanti, e se sì, per quanto tempo. Uno sciopero prolungato vedrebbe gli acquirenti asiatici guardare più lontano per la fornitura di GNL, mettendosi in competizione in modo più aggressivo con l’Europa”.
Più ottimista è Saul Kavonic, analista energetico di Credit Suisse Group AG con sede a Sydney, che ha sottolineato “l’importanza del GNL australiano per la sicurezza energetica globale, con anche la possibilità che un’interruzione dell’approvvigionamento di gas australiano causi grandi picchi di prezzo in Europa”. Tuttavia, secondo l’esperto, “con ogni probabilità verrà raggiunto un accordo prima che si verifichi un impatto materiale sulla fornitura globale di GNL”.