Il pericolo che l’Europa si trovi costretta a pagare il gas naturale russo in rubli per ora sembra scongiurato. In una telefonata tra il Premier russo Vladimir Putin e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il capo del Cremlino ha comunicato che il regolamento del combustibile può continuare a essere fatto in euro. Il denaro dovrebbe arrivare alla Gazprom Bank e poi essere trasferito in rubli in Russia.
Questo spiazza un po’ gli osservatori che aspettavano con apprensione l’ultimo giorno del mese, in cui avrebbe dovuto scattare la nuova formula annunciata una settimana fa proprio da Putin. Nell’occasione il leader russo aveva deciso che, a partire dal 31 marzo, per tutte le forniture di gas sarebbero stati accettati soltanto rubli. Quanto era bastato affinché la Germania facesse scattare la prima fase di emergenza energetica, che contempla uno stretto monitoraggio da parte del Ministero dell’Economia, dell’Autorità di regolamentazione e della rappresentanza del settore privato riguardo approvvigionamento e stoccaggio. I membri del G7 ad ogni modo hanno rigettato all’unanimità la richiesta di Putin, rimarcando che mai avrebbero accettato una così palese violazione dei contratti.
Nella giornata di ieri, comunque, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov aveva affermato che il pagamento in rubli avrebbe richiesto un processo graduale e si sarebbe esteso anche alle altre forniture di materie prime, non solo di gas naturale. In questi 7 giorni Putin aveva incaricato Gazprom, la Banca di Russia e il Governo a mettere su delle proposte per vedere come il piano avrebbe potuto essere attuato entro oggi. Evidentemente la cosa richiede una tempistica più lunga.
E ora cosa succede?
Quindi bisogna considerarla questa una tregua momentanea? È molto probabile, rapportando tutto a come si evolverà la guerra Russia-Ucraina e all’inasprimento delle sanzioni occidentali. Il problema è che non si vede come i contratti possano essere modificati in maniera unilaterale senza innescare ritorsioni a livello commerciale e ovviamente legale. Gli analisti di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi politici, ritengono che sia molto improbabile che Gazprom si rifiuti di effettuare le forniture ai Paesi che non pagheranno in rubli. Semmai cercherà di rinegoziare i contratti esistenti, ma anche qui la strada sembra molto tortuosa e nel migliore dei casi richiederebbe una soluzione favorevole con tempistiche lunghe.
Occorre ricordare che, nel decennio che va dal 2011 al 2020, i combustibili fossili hanno contribuito al 43% delle entrate complessive per il Paese e l’Unione Europea riceve circa il 40% dell’approvvigionamento per il suo fabbisogno energetico dalla Russia. Mosca quindi penserebbe bene prima di chiudere i rubinetti agli Stati considerati ostili.
Anne-Sophie Corbeau, ricercatrice presso il Center on Global Energy Policy della Columbia University, parla invece di arbitrato se non si risolve questa situazione di stallo. L’esperta precisa che Gazprom ha in essere contratti di lungo termine con le aziende energetiche occidentali e solo una clausola all’interno di questi contratti potrebbe consentirgli di cambiare la valuta di regolamento delle forniture di gas naturale russo. Se non esiste alcuna clausola, il colosso statale russo dovrebbe chiedere una rinegoziazione contrattuale che, non venendo probabilmente accettata, aprirebbe la strada a un lungo arbitrato.
A giudizio di Vinicius Romano, analista senior di Rystad Energy, il passaggio al pagamento in rubli del gas naturale russo non ha una scadenza vera e propria, perché eventuali negoziati potrebbero richiedere tempo. Putin in tal caso dovrebbe dare altro valore ai Paesi importatori affinché acconsentano di pagare in rubli. Alcuni però probabilmente non accetterebbero una modifica delle regole contrattuali e questo porterebbe solamente a un’estensione dei tempi per elaborare una rinegoziazione che sia valida per tutti.