SCORTE IN AUMENTO, CROLLA IL PETROLIO - Borsa&Finanza

SCORTE IN AUMENTO, CROLLA IL PETROLIO

Un giovedì… nero. La peggior giornata dell’anno per il prezzo del petrolio è stata giovedì 23 maggio: un ribasso del 5,7%, il più forte dal 24 dicembre per una quotazione di 57,91 dollari al barile, il minimo toccato dal 12 marzo scorso.

Nessuno si aspettava un aumento così consistente delle scorte del greggio americano: +4,7 milioni di barili, per un totale di 477 milioni. Il dato è stato diffuso la scorsa settimana, ed è il più alto mai raggiunto da luglio 2017. E quindi, un record negativo degli ultimi due anni. Anche le scorte di benzina sono aumentate, +3,7 milioni di barili. Così come quelle del distillato: +800mila barili.

SU ANCHE LE SCORTE GLOBALI
Come spesso accade in questi casi, la crescita dell’offerta globale di una materia prima come il petrolio, si accompagna a una crescita altrettanto importante dei timori sulla domanda. Traducendosi in un pesante calo del prezzo. Ma non ci sono soltanto i dati degli Stati Uniti. Perché anche le scorte globali del greggio sono aumentate nell’ultimo mese. Secondo gli analisti di Energy Aspects, le giacenze sono aumentate dai 50 milioni di inizio aprile ai 60 milioni di barili di metà maggio. Un’incertezza, quella che riguarda la domanda di carburante, a cui sta contribuendo in maniera significativa anche le preoccupazioni sulle trattative commerciali tra Stati Uniti e Cina. Trattative a colpi di dazi, e di minacce, che potrebbero influire, se non lo stanno già facendo, negativamente sull’economia globale.

LA CRISI DEL CARBURANTE
Il tutto è andato a riflettersi, come un effetto domino, anche sui consumi. I prodotti totali forniti nelle ultime quattro settimane sono scesi del 2,7% rispetto all’anno scorso. Tradotto: si è venduto meno carburante, nonostante il weekend festivo (oggi Wall Street chiusa) per il Memorial Day. Durante le contrattazioni, tra giovedì e venerdì, le vendite sul petrolio hanno guadagnato slancio, in gran parte a causa degli speculatori che si sono affrettati a cancellare le scommesse sull’aumento dei prezzi, cresciuti nelle ultime settimane sui rischi dell’approvvigionamento, a causa dell’interruzione della fornitura in Russia, e delle aspettative di calo delle vendite di greggio dall’Iran per le sanzioni.

LE TENSIONI USA-IRAN
Secondo Scott Shelton, broker presso ICAP PLC, in un’intervista al Wall Street Journal, in questo momento è un mercato, quello del petrolio, che dipende molto dai flussi. E l’indebolimento della domanda arriva nel contesto di un prolungato patto di riduzione della produzione  tra l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati, una politica che è riuscita in qualche modo a sostenere i prezzi negli ultimi mesi, assieme alle tensioni tra Stati Uniti e Iran, che fino a un mese sembrava potessero sfociare anche in un conflitto a fuoco, con la minaccia Usa di posizionare navi da guerra nel golfo Persico da una parte, e la risposta di Teheran: “Pronti a bombardarle, se necessario”.  Tensioni che si sono poi attenuate nel corso della settimana, anche in virtù della forte recessione economica che sta investendo il paese asiatico, come conferma Geordie Wilkes della Sucden Financial Research al WSJ, riportando il prezzo del greggio sotto i 60 dollari al barile. Tuttavia, potrebbe non volerci molto, prima che le ostilità non si riaprano.

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Redazione

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