È un’Italia sempre più a trazione estera quella che emerge dal “103° Rapporto Analisi Settori Industriali” di Intesa Sanpaolo e Prometeia. L’industria italiana è riuscita a difendere in uno scenario complesso le sue posizioni in nicchie settoriali di qualità e a incrementare il totale delle sue esportazioni che oggi ne costituiscono più della metà del fatturato.
L’industria italiana, tuttavia, ha di fronte a sé alcune sfide determinanti per riuscire a mantenere intatta la capacità di competere. La più difficile è sicuramente un andamento demografico sfavorevole.
Oltre il 50% del fatturato arriva dall’estero
Lo studio condotto da Intesa Sanpaolo e Prometeia prevede che nel 2023 il fatturato dell’industria italiana proverrà per più del 50% dalle esportazioni, spingendo la bilancia commerciale in attivo per 100 miliardi di euro circa. I prossimi anni dovrebbero confermare il trend fino ad arrivare a un surplus intorno ai 110 miliardi nel 2027.
Anche se il 2023 sarà un anno di transizione per il settore manifatturiero italiano, con una crescita dello 0,4% a prezzi costanti, l’essere riusciti a difendere i buoni risultati del biennio 2021-2022, dove l’incremento medio annuo è stato del 9%, è un risultato importante per Gregorio De Felice, capoeconomista di Intesa Sanpaolo che ha commentato: “Abbiamo raggiunto i 1.170 miliardi di euro di fatturato, superando di 260 miliardi i livelli pre-Covid e il 50% di fatturato realizzato all’estero. Le imprese italiane confermano la loro capacità di leadership in nicchie di qualità”. Per il triennio 2024-2027 l’attesa è per una crescita dell’1,3% medio annuo a prezzi costanti e del 2% a prezzi correnti.

Il dato relativo alle esportazioni è ancora più rilevante se si considera il deficit dell’Italia in alcuni settori fondamentali. In particolare la ricerca evidenzia i tradizionali talloni d’achille nei comparti degli intermedi chimici, della metallurgia, della transizione energetica. Tra i settori più dinamici la ricerca individua l’elettrotecnica, la meccanica, l’elettronica, l’automotive, la moda, la farmaceutica e il largo consumo mentre rallentano i prodotti e i materiali da costruzione, gli intermedi chimici produzioni legate all’ambiente domestico, mobili ed elettrodomestici, tutti penalizzati dalla fine del Superbonus.
Le sfide per l’industria italiana
La preoccupazione principale per il futuro dell’industria italiana proviene da un contesto demografico sfavorevole che renderà più difficile affrontare le sfide della trasformazione tecnologica e digitale e quelle ambientali. Per Gregorio De Felice i temi del passaggio generazionale e del rinnovo della forza lavoro devono essere affrontati al più presto.
Le cifre della ricerca di Prometeia-Intesa Sanpaolo “I vincoli demografici nei settori industriali italiani”, citate dal capoeconomista di Intesa Sanpaolo, lasciano pochi dubbi sull’urgenza: la quota di occupati con età inferiore a 30 anni è scesa al 34,8% nel 2022 dal 51,1% del 2008, il livello più basso in Europa, mentre i manager con più di 65 anni sono cresciuti oltre il 50%.

A essere messo in pericolo non è solo il sistema pensionistico ma la tenuta stessa della produttività italiana. “L’Italia sta risentendo di queste dinamiche in maniera più marcata di altri competitor europei, a causa sia di una curva demografica particolarmente penalizzante sia di un tessuto produttivo frammentato, dove è forte l’incidenza di aziende a conduzione familiare, che potrebbero incontrare più ostacoli in questo percorso” recita il testo della ricerca.
La conferma della difficoltà maggiore che incontrano le imprese italiane è stata confermata dagli ospiti della tavola rotonda condotta dal presidente di Prometeia Angelo Tantazzi: Norberto Panzeri, consigliere delegato di Panzeri srl, Adriana Pontecorvo, consigliere delegato di Ferrarelle spa, Filippo Berto, amministratore delegato di Berto Salotti srl.
Norberto Panzeri, rappresentante della generazione dei Baby Boomers e capo azienda ha sottolineato la difficoltà di trovare giovani preparati ad affrontare il mondo del lavoro e si è detto poco attratto dalla tecnologia, pur ritenendola invitabile.
Adriana Pontecorvo ha messo in evidenza la difficoltà delle imprese a conduzione familiare (Ferrarelle appartiene alla famiglia Pontecorvo dal 2005) nell’affrontare il ricambio generazionale del management e dei vertici aziendali guardando anche al di fuori dell’ambito familiare. Ha inoltre messo sul tavolo il tema del gender gap presente anche nell’impresa che fa capo alla sua famiglia: “A noi donne è stato affidato anche il compito di allevare la progenie per portare avanti l’azienda” ha dichiarato.
Filippo Berto, rappresentante della quarta generazione di imprenditori della società che opera nel settore delle imbottiture per arredi, ha invece espresso un giudizio opposto rispetto a quello di Panzeri sulle capacità e sulle potenzialità dei giovani, sottolineando sempre di più la necessità di avvicinare scuola e lavoro, come Berto Salotti sta facendo da alcuni anni nelle scuole dell’area dove ha sede (Meda ndr).
“In un orizzonte di medio termine – spiega la ricerca – questo fenomeno potrebbe incidere in maniera significativa sulla capacità delle imprese di realizzare un corretto passaggio di competenze, a fronte di un processo di transizione digitale e ambientale che, tra l’altro, impone di accelerare sulla formazione ICT e nelle materie STEM, dove l’Italia ha ancora notevoli lacune da colmare con i concorrenti europei”
