L’euforia del mercato dopo i dati sull’inflazione USA della scorsa settimana appare un po’ fuori dalle righe. Il mercato sembra aver già dato per morto il carovita e puntare sulla fine della politica aggressiva sui tassi d’interesse della Fed. Ma è proprio così? Il funzionario della Banca centrale americana Christopher Waller ha provato a riportare tutti alla realtà, affermando che un mese di raffreddamento dei prezzi non significa che la guerra all’inflazione sia vinta e che la Fed continuerà a mantenere i tassi alti ancora per lungo tempo. Guardando le cose con obiettività, il target di inflazione dell’istituto monetario a stelle e strisce è solo una piccola frazione di quella attuale.
Tuttavia, un segnale importante questo mese c’è stato: si è verificata la prima vera inversione di tendenza dopo un periodo in cui la crescita dei prezzi al consumo sembrava inarrestabile. Nel mese di ottobre l’indice dei prezzi al consumo è salito del 7,7% su base annua e dello 0,4% su base mensile contro attese rispettivamente a +8% e a +0,6%. Quanto basta perché le previsioni sul rialzo dei tassi sui Fed funds a dicembre si siano divise a metà con il 50% del consensus che si attende una stretta di 50 punti base e un altro 50% di 75 punti base.
Inflazione: 10 anni per arrivare all’obiettivo della Fed?
La storia non induce all’ottimismo. Una ricerca di Rob Arnott, fondatore e presidente di Research Affiliates, e di Omid Shakernia, partner dell’azienda che dirige le sue strategie multiasset, mostra che quando l’inflazione sale al di sopra dell’8%, come è accaduto nel 2022, nel 70% dei casi non si ritira ma accelera. Questo prendendo a riferimento i dati di 14 economie avanzate dal 1970 a oggi. I due studiosi osservano che il superamento della soglia critica dell’8% implica l’adozione di una politica monetaria molto restrittiva per un periodo di tempo più lungo di quello attuato finora dalla Fed quest’anno.
Effettuando una proiezione sulla base dei dati statistici Arnott e Shakernia ritengono che affinché l’inflazione scenda al di sotto del 3% occorreranno 10 anni, molto al di là delle proiezioni della Fed e della gran parte degli analisti di Wall Street. Tuttavia Arnott ribadisce la sua posizione: “Mentre è del tutto possibile che l’inflazione si dissolva nel 2023, l’altra estremità dello spettro ossia che l’inflazione persista per un decennio, non è meno probabile. Questo è il problema di fondo”.
Chi avrà ragione? Dirlo adesso suona un po’ come una profezia che lascia il tempo che trova ma, se la storia ha un valore, forse l’eccesso di entusiasmo che si è visto nei mercati potrebbe essere stato esagerato e sarebbe il caso che gli investitori tornassero a guardare in faccia la realtà. La battaglia potrebbe essere più lunga di quanto si creda.