Rublo: 3 ragioni che spiegano la straordinaria forza del momento - Borsa&Finanza

Rublo: 3 ragioni che spiegano la straordinaria forza del momento

Rublo: 3 ragioni che spiegano la straordinaria forza del momento

Il rublo russo continua a rafforzarsi nei mercati valutari, con il cambio USD/RUB precipitato a 52,3. Il cross vale poco più di un terzo del massimo valore raggiunto all’inizio del mese di marzo quando, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra Russia-Ucraina, l’Occidente ha imposto sanzioni senza precedenti su Mosca. In pochi avrebbero scommesso su una risalita così prodigiosa della valuta russa, proprio nel momento in cui tutti stavano ormai celebrandone il requiem. 

La scorsa settimana al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, il Presidente Vladimir Putin ha dichiarato raggiante: “volevano schiacciare l’economia russa, ma non ci sono riusciti”. A conti fatti, non si può dire che l’effetto sperato sia stato equivalente a quello ottenuto. Anzi, la Banca di Russia, che inizialmente aveva effettuato un aumento monstre dei tassi d’interesse dal 9,5% al 20% per arrestare l’emorragia del rublo, si è dovuta poi preoccupare di mitigarne la forza con 3 tagli, portando il costo del denaro a fine maggio all’11%. Paradossalmente ora la moneta di Putin sta diventando un problema, perché potrebbe intralciare la forza delle esportazioni russe rendendole meno competitive. 

 

Rublo: perché si è rinforzato così tanto

Molti si staranno chiedendo in realtà cosa ci sia dietro la straordinaria ascesa del rublo in questi ultimi 3 mesi e mezzo. Si potrebbero individuare 3 ragioni al riguardo. La prima consiste nei prezzi energetici eccezionalmente alti. L’Europa ha cercato di frenare le importazioni di combustibili fossili da Mosca, imponendo prima l’embargo sul carbone e successivamente sul petrolio, almeno riguardante il trasporto via mare. Non può farlo per il momento per il gas, vista una dipendenza ad ora irrinunciabile con tale combustibile. Il risultato? I prezzi delle materie prime si sono impennate, così la Russia può produrre di meno e incassare di più. 

Da quando Putin ha invaso l’Ucraina, il Paese ha incassato 98 miliardi di dollari dalle esportazioni dei combustibili, in base alla ricerca condotta dal Centro per la ricerca e l’energia pulita con sede in Finlandia. Di questo denaro, circa il 60% proviene dall’Europa. Secondo i dati rilasciati dalla Banca di Russia, da gennaio a maggio 2022, il surplus delle partite correnti è stato di oltre 110 miliardi di dollari, più di 3,5 volte quello dello scorso anno. È naturale che tutto ciò abbia innescato una domanda maggiore di rubli rafforzandone il valore. L’esito di questo processo purtroppo è un po’ inquietante: le sanzioni, per quanto inevitabili soprattutto sotto il profilo etico e umano, hanno finito per produrre l’effetto contrario. 

La seconda ragione riguarda i maggiori controlli sui capitali da parte del Governo sui cittadini russi. Ciò è stato agevolato dal fatto che le imprese russe non possono importare viste le sanzioni in atto, il che comporta una minore fuoriuscita di denaro che va all’estero. In altri termini, le aziende hanno meno bisogno di vendere rubli per ottenere valuta straniera che serve per pagare i prodotti importati. 

La terza ragione si basa su una forma di protezionismo forzato delle attività e dei capitali, a causa delle sanzioni. In pratica, la Russia è tagliata fuori da SWIFT per quel che riguarda il sistema bancario internazionale e bloccata dal commercio internazionale in dollari ed euro. “Questo implica un accumulo di riserve estere che non possono essere utilizzate e che rafforzano la valuta domestica”, sostiene Max Hess, del Foreign Policy Research Institute.

 

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